Estratto dell’articolo di Francesco Olivo per “La Stampa”
Ripete con una certa soddisfazione che di «queste regionali nessuno parla», ed «è meglio così». Eppure per Giorgia Meloni vincere le elezioni in Liguria sarebbe importante, per spegnere, almeno per un po' gli incendi romani. I tre leader del centrodestra si ritrovano al Porto antico per sostenere la candidatura di Marco Bucci, il sindaco di Genova, che prova a fare il salto.
[...] Meloni torna sulla mail del sostituto procuratore generale della Cassazione Marco Patarnello: «Non agisco per interesse personale, agisco per convinzione, so di essere un problema per questo. So di essere un problema per questo per alcuni, ma non per la maggioranza». Mai come in questa occasione, forse, la premier rivendica la riforma della giustizia: «Noi le porteremo avanti con la schiena dritta».
MAURIZIO LUPI MARCO BUCCI GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI E ANTONIO TAJANI A GENOVA 1
Piove a Genova, ma l'aria è comunque migliore di quella che si respira a Roma, con un partito che inizia a mostrare delle crepe, finora quasi impercettibili. Ai Magazzini del Cotone è tutto pieno, molti anziani (l'orario, 16.30, non aiuta chi lavora) clima non euforico, ma sensazioni buone: «Vinciamo di quattro punti», dice uno dei dirigenti della Lega seduto nelle prime file.
«Fino a qualche settimana fa, la sinistra già cantava vittoria. Ma ora fa i conti con la realtà», esordisce Meloni sul palco. Dentro l'auditorium, i leghisti offrono la "fugassa", ma non tutto è ottimismo e gioia. C'è un convitato di pietra e ci sono dei contestatori. Tra le poltrone dei Magazzini fa rumore l'assenza di Giovanni Toti, il governatore costretto alle dimissioni dopo l'arresto nell'inchiesta sulla corruzione della procura di Genova.
L'ex giornalista Mediaset non è stato invitato sul palco e ha scelto di non presentarsi. Con la sua coalizione, Lega a parte, la rottura è stata traumatica. Lui ha accusato i partiti di non averlo sostenuto e Forza Italia e FdI gli rinfacciano la scelta del patteggiamento con una campagna elettorale già aperta.
Non è un caso, ma fa impressione, che nessuno qui ne citi le gesta, nonostante molti del suo cerchio magico siano stati inseriti nelle liste. Ma nessuno pare voglia citare quel nome. L'unica eccezione, come detto, è Salvini: «Se siamo qua è grazie alla sua gestione. Non c'è niente da cancellare». Meloni, però, salita sul palco subito dopo, evita ogni riferimento. Cancellato.
Il fuoco amico lo deve affrontare anche la premier. Quando comincia il suo comizio un gruppo di persone che occupa le prime (anche se non primissime) file della sala si alza in piedi. Sono una sessantina circa, indossano delle magliette rosse con la scritta "Salvataggio" e restano in silenzio. Dalle poltrone dietro si levano grida: «Sedetevi».
Il mistero è presto svelato: si tratta delle protesta di Assobalneari, l'associazione che rappresenta i titolari di concessioni di lidi. Oggi si sentono traditi dalla destra che aveva promesso che non ci sarebbero mai state le gare. Meloni prima cerca di andare avanti nel discorso, perdendo un po' il filo, e poi quando la protesta diventa più plateale, «Ci hai tradito!», prova rassicurare: «Ci incontriamo più tardi».
Al termine della manifestazione la presidente del Consiglio riceve una delegazione di balneari, con la quale è costretta ad ammettere che il decreto che fa partire le gare non sarà cambiato. «Lei parlava di espropri e per questo l'abbiamo votata – spiega Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari, che ha preso parte all'incontro –. Ora, però, ha scritto un decreto dettato dalla Commissione europea». [...]
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