in fila per il supermercato a milano coronavirus
1.FONTANA SI RIBELLA A CONTE LA SERRATA DURA FINO A MAGGIO
Chiara Baldi per ''la Stampa''
La Lombardia stenta a vedere la "fase 2": la regione più colpita dal coronavirus resta ancora in un lockdown severissimo. Mentre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte annuncia che dal 14 aprile riapriranno librerie e cartolibrerie, il presidente della Regione, Attilio Fontana, firma, il giorno prima di Pasqua, un' ordinanza che le lascia chiuse fino al 3 maggio. Si legge nel documento del governatore leghista: «Il commercio al dettaglio di articoli di carta, cartone, articoli di cartoleria, forniture per ufficio e libri è consentito esclusivamente negli ipermercati e nei supermercati». Lista a cui si aggiungono anche «fiori e piante».
GIUSEPPE CONTE ATTILIO FONTANA
Sarà invece possibile - come già era nelle scorse settimane - la vendita a domicilio «osservando le regole stringenti già in vigore per questa modalità», spiegano dalla Regione, precisando che libri e oggetti di cartoleria potranno essere acquistati anche nelle edicole e nei piccoli negozi di alimentari.
Una decisione, quella di Fontana, che mantiene sostanzialmente in vigore le misure restrittive già attive sul territorio. Restano chiusi anche gli alberghi, gli studi professionali - la cui attività prosegue in smart working -, i mercati all' aperto e «tutte le attività non essenziali».
Il governatore sceglie ancora una volta la linea dura, in contrasto con le decisioni prese a livello nazionale. E i dati dei contagi gli danno ragione. Il bilancio a livello regionale è di 1544 nuovi contagiati, in tutto 57592 lombardi hanno contratto il virus. Cresce ancora il numero dei morti: 273 i nuovi decessi, che portano così 10511 le vittime del Covid. È deceduto un lombardo ogni 957.
Gli spostamenti record Anche gli spostamenti, nel sabato di Pasqua, sono tornati a aumentare, toccando la cifra record del 41 per cento.
«Abbiamo fatto un campionamento su alcuni Comuni attraversati da arterie che portano a località turistiche e i dati sono superiori al 5, 6, 7 per cento rispetto al resto della Lombardia», ha spiegato il vicepresidente lombardo, Fabrizio Sala.
L' ordinanza di ieri è solo l' ultimo episodio di una sfida lunga 50 giorni a colpi di ordinanze, decreti e rimpalli di responsabilità tra la giunta leghista della Lombardia e l' esecutivo.
Dalle polemiche sulla zona rossa nella bergamasca allo scontro sull' obbligo delle mascherine - introdotto da Fontana per primo in Italia - fino alle querelle sui rimborsi delle spese sanitarie - i 400 milioni di euro che la Regione dice di aver speso, mentre al Governo ne risultano solo 208 - e sulla cassa integrazione. Ieri infatti Fontana ha annunciato che la Regione avrebbe anticipato a un milione di lombardi i soldi per imprese e lavoratori grazie a «un accordo con il sistema bancario e sindacati che garantisce le risorse per l' anticipo della cassa integrazione: entro una settimana - ha spiegato - fino a un milione di lombardi potranno chiedere in banca l' assegno, soldi veri. Se lo Stato non c' è garantiamo noi. In Lombardia parliamo con i fatti».
La polemica con Roma Non si è fatta attende la risposta del ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia: «Abbiamo chiarito già nei giorni scorsi che i rimborsi per le spese effettuate saranno eseguiti appena arriveranno i riscontri.
Ma sulla Cig non risultano ancora richieste all' Inps da parte della Lombardia, così come invece altre regioni hanno fatto. È complicato dare risposte se non ci sono richieste».
2.I GOVERNATORI CONTRO LE DEROGHE DEI PREFETTI: 6 AZIENDE SU 10 ATTIVE, COSÌ SI AGGIRA IL BLOCCO
Lorenzo Salvia per il ''Corriere della Sera''
Un primo passo è stato fatto. Il decreto che allenta la quarantena nazionale lascia al prefetto la decisione sulle riaperture in deroga delle attività produttive. E mantiene anche il silenzio-assenso, meccanismo scivoloso sempre ma adesso ancora di più, visto che le pratiche si accumulano e i controlli scarseggiano.
Quel decreto, però, corregge il tiro nel caso sia necessario fare marcia indietro, cioè chiudere un' azienda che aveva riaperto. La decisione spetta sempre al prefetto ma «sentito il presidente della Regione».
Una mediazione tra chi, il governo, pensa che tutte le scelte debbano essere fatte a Roma. E chi, le Regioni, vorrebbe che il livello decisionale fosse più vicino al territorio.
Ma il compromesso non basta per garantire la partenza di una fase due senza scossoni.
Tanto più dopo l' ennesimo scontro Milano-Roma, con il governatore lombardo Attilio Fontana che dice di dover anticipare i soldi della cassa integrazione, e il ministro Francesco Boccia che ribatte: «Non ha presentato richiesta per i fondi». Ma non è solo questione di soldi.
metro milano in epoca coronavirus 7
«Il 60% delle imprese è aperto grazie al silenzio assenso, ma noi chiediamo di essere più coinvolti», dice il governatore del Veneto Luca Zaia in conferenza stampa.
Non è il solo. Anche Enrico Rossi (Toscana), Stefano Bonaccini (Emilia-Romagna) e Vincenzo De Luca (Campania) sono in pressing sul governo per guadagnare spazio nella gestione di una fase 2 che rischia di trasformarsi in un fai da te. E la gestione è importante, perché i margini di discrezionalità sono notevoli.
Proprio in Veneto, per esempio, c' è una certa preoccupazione per la riapertura a Marghera di Fincantieri, 4.500 persone al lavoro, compreso l' indotto. «Il vero problema - dice ancora Zaia - non sono i codici Ateco ma le misure di protezione dei lavoratori».
Anche perché il codice Ateco, che identifica l' attività economica, non sempre basta a fare chiarezza.
Martedì riaprono i negozi di vestiti per bambini. Ma fino a che età? Ci rientrano anche le scarpe? Tutte domande che Renato Borghi, presidente di Federazione moda Italia, ha fatto al governo. Ma che per ora sono rimaste senza risposta. Sulle librerie non ci sono dubbi interpretativi ma qualche timore: «Ripartiamo per spirito di servizio. Ma non illudiamoci di trovare il mondo di prima» spiega Paolo Ambrosini, presidente dell' Associazione librai. Non tutti riapriranno.
Le stime dicono il 70% al Nord, il 90% al Centrosud. Le città resteranno semi deserte e non tutti se la sentono di tirare su la saracinesca, aspettare chi forse non verrà ed esporre il personale a un rischio maggiore.
I più contenti per la riapertura sono i cartolai. Anche se online, la scuola va avanti, per i più piccoli il disegno resta un' ancora di salvezza. Il mercato c' è, insomma. «Da Firenze in giù - prevede Medardo Montaguti, presidente di Federcartolai - apriranno tutti. Al Nord meno, e non solo dove si vieta».
Il punto è che c' è paura ma anche fretta di ripartire. E la fretta non è dettata solo dalla necessità di tornare a incassare qualcosa dopo settimane nere. Ma anche dal bisogno di farlo prima che si consolidino in modo definitivo le nuove abitudini che abbiamo preso in queste settimane di quarantena. Il coronavirus ha accelerato in modo incredibile un processo già in atto, la progressiva sostituzione del commercio tradizionale con quello online. Più passano i giorni, più difficile sarà tornare indietro.
3.ORA I CONTAGIATI SONO CENTOMILA E PREOCCUPA L'IMPENNATA DI MILANO
Mariolina Iossa per il ''Corriere della Sera''
Preoccupano le oscillazioni della curva del contagio.
Ieri i numeri della Protezione civile, influenzati come ogni giorno da quelli della Lombardia, segnavano un nuovo aumento dei contagiati.
Questi ultimi sono 4.694 in più rispetto a venerdì, quando erano cresciuti di 3.951 rispetto al giorno precedente. E la percentuale dell' aumento dei contagi è tornata a +3,2, rispetto al +2,7% di venerdì. I contagiati attuali, tolti i guariti e i morti, sono poco più di 100 mila. Crescono anche i decessi: 619 in un giorno (venerdì erano stati 570). La media nazionale sale per il fattore Lombardia, dove ieri si sono registrati 1.544 contagiati in più rispetto a venerdì (erano +1.246). C' è stato un rialzo anche dei morti: 273 (due giorni fa erano stati 216).
È allarmato l' assessore regionale Giulio Gallera: «Non possiamo abbassare la guardia. È vero che abbiamo fatto molti più tamponi ma ci sono troppi contagiati in un giorno». Milano preoccupa. «La città merita attenzione - continua Gallera -, non c' è ancora mai stato neppure un giorno di calo netto e deciso, quindi non rilassiamoci».
Gallera annuncia «la quarantena per i positivi fino al 3 maggio: allunghiamo il periodo, l' idea è fissarlo in via definitiva ai 28 giorni». A Milano, ieri, si sono contati +262 positivi rispetto a venerdì, quando l' incremento era stato di 137.
Per fortuna il numero di guariti cresce velocemente e costantemente: ieri sono stati 2.079 in più in un giorno. «Da lunedì ne abbiamo contati 10.719», ha detto il capo della Protezione civile Angelo Borrelli. Ma, «non è finita - continua Gallera -. Dobbiamo resistere anche in vista dei ponti che ci separano dal 3 maggio». E infatti preoccupa il dato lombardo della mobilità: venerdì è stato del 41%, un record, dice il vicepresidente della Regione, Fabrizio Sala, spiegando che «nelle zone e nei Comuni dove le strade portano alle località turistiche abbiamo notato dati superiori al 5-6-7 per cento rispetto alla media lombarda».
Anche nel Lazio c' è stata molta più mobilità. E il governatore Nicola Zingaretti ha lanciato l' allarme: «Rischiamo una nuova ondata di contagi. Dai dati che ci arrivano, ci sono troppe persone in circolazione. L' irresponsabilità di alcuni rischia di mettere a repentaglio tutta una comunità e i sacrifici fatti». Zingaretti ha anche annunciato nel Lazio 300 mila test sierologici che saranno fatti a cominciare dagli operatori sanitari.