Marco Cremonesi per il “Corriere della Sera”
Presidente, dica la verità. A lei la caduta del governo Draghi è dispiaciuta «Ma certo... Dopo l'operazione dei 5 Stelle, però, era diventata inevitabile». Massimiliano Fedriga è il presidente del Friuli-Venezia Giulia e anche il presidente della Conferenza delle Regioni. Colui, dunque, che con il governo ha collaborato per includere la voce dei territori nelle decisioni.
Non è preoccupato per le questioni cruciali che ci sono sul tavolo? Non teme che su molti dossier si debba ripartire quasi da capo?
«Non c'è dubbio che la caduta del governo crei instabilità nel sistema. Ma le dico anche che, rispetto a una mia previsione iniziale che era molto buia, credo che Draghi e il presidente Sergio Mattarella siano riusciti a dare continuità ai lavori, una continuità che non è soltanto di ordinaria amministrazione. Penso che il lavoro dei due presidenti ci abbia messo al riparo dai pericoli».
Ma la "messa a terra" del Pnrr non la preoccupa?
«Dirlo è fin banale, è evidente poi che il costo del gas e delle materie prime espongono le nostre imprese e tutto il sistema a uno stress oggettivo. Ora, si tratta di saper mettere le reti di protezione».
Non era meglio far terminare il mandato al presidente Draghi?
«Lei me lo chiede come se fossero state la Lega o Forza Italia a far cadere il governo. E invece la ricostruzione deve essere sincera. Il governo è caduto perché i 5 Stelle hanno deciso di non votare la fiducia a un provvedimento del governo che sostenevano».
Voi però avete chiesto che il M5S fosse messo fuori
«Se il centrodestra non avesse chiesto di andare avanti senza gli Stellati il governo sarebbe stato messo in una condizione di ingestibilità in cui, a pochi mesi dal voto, sarebbe stato esposto a tutte le pretese e a tutte le bufere. Del resto, c'è stata anche una scelta del Pd».
Quale?
«I Democratici non volevano fare una maggioranza senza i 5 Stelle, volevano tenerli in maggioranza per le loro questioni elettorali, ipotizzavano un futuro con loro. Ma, al di là delle strumentalizzazioni di una parte o dell'altra, sapevamo tutti che era una maggioranza difficile. Se poi una parte fa mancare il suo appoggio, una situazione delicata diventa esplosiva».
luca zaia e massimiliano fedriga 3
Se lei fosse stato Draghi avrebbe accettato di fare il premier senza il M5S?
«Io penso che le valutazioni di Mario Draghi siano non soltanto molto più autorevoli delle mie, ma anche con una consapevolezza ben superiore. Detto questo, se io fossi stato Draghi avrei dato le dimissioni quando il M5S ha strappato. Però, ripeto, lui e il presidente Mattarella erano in grado di fare valutazioni molto più approfondite».
E adesso? Il centrodestra è dato vincente alle elezioni del 25 settembre. Ne è convinto anche lei?
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«Ma si figuri un po' se mi lancio in previsioni del genere... Alle elezioni tutti partono sulla stessa linea. La mia speranza è che l'intero centrodestra sappia costruire un programma che non dica che cosa farà il giorno dopo le elezioni, ma come vuole lasciare il paese dopo cinque anni».
Giorgia Meloni premier. Come la vede?
«Io credo che tutte le forze politiche nell'alveo democratico abbiano assolutamente il diritto di esprimere un candidato. Se c'è una cosa che odio, è la demonizzazione dell'avversario».
COMIZIO DI MATTEO SALVINI A GORIZIA CON MASSIMILIANO FEDRIGA
Non teme, per dire, che la sensibilità dei Fratelli d'Italia sia assai diversa da quella leghista su un tema come le autonomie regionali?
«No. Mi faccia però dire una cosa: io credo che la politica da propaganda debba diventare programmazione. Come forse mai prima, la politica deve essere lungimirante.
Comprendo bene che sia difficile dirlo in un contesto elettorale, ma ci sono scelte che sono per i cittadini, non per l'ideologia».
Perché lo dice?
«Le faccio un esempio. Noi stiamo facendo un "Piano siccità zero" con studi sui piccoli e grandi invasi, piani per la desalinizzazione, per l'uso dell'acqua come in Israele, per la cosiddetta "agricoltura di precisione". Io mi auguro e spero che anche la mia opposizione in Regione possa votarlo. Altrimenti rischiamo di ridurre la politica non più a confronto ma a Isola dei famosi in cui fanno premio le risse e le tirate di capelli. Non possiamo pensare che ci sia uno scontro perenne a prescindere».
Ma torniamo all'autonomia. FdI sarà d'accordo?
«Io penso di sì. Credo che l'autonomia sia uno di quei temi su cui si trovi la convergenza non solo nelle coalizioni, non solo tra le coalizioni, ma anche da nord a sud. Ci sono peraltro Regioni del mezzogiorno che hanno chiesto ulteriori forme di autonomia. E io credo che questo sia un tema su cui si possa trovare l'unità per una grande riforma istituzionale».
Però, le resistenze ci sono state fino a questa mattina, o giù di lì.
«Tutte le forze politiche hanno cambiato il loro punto di vista su questo tema. Tranne forse, una volta di più, i 5 Stelle. D'altronde, loro non hanno né governatori né sindaci, non hanno nessuno che si debba misurare ogni mattina con il fatto di non avere le competenze per intervenire su questo o quel problema».
Il governo di centrodestra non rischia di suscitare diffidenza all'estero?
«Al di là delle ideologie, noi dobbiamo sapere che a situazione geopolitica è profondamente cambiata. La globalizzazione dei mercati non esisterà più e se fino a poco tempo fa le aziende decidevano dove fosse più conveniente investire, oggi non è più così: ci sono due blocchi e noi dobbiamo dire con chiarezza a quale apparteniamo. Ci sono stati degli errori dell'Occidente, ma le nostre libertà e i nostri diritti sono assolutamente da difendere. Noi, dobbiamo essere alleati credibili e pretendere fiducia nei nostri confronti. E Matteo Salvini questo lo ha detto».