Estratto dell’articolo di Francesca Schianchi per “la Stampa”
Si racconta che, a qualche candidato pessimista del suo partito, Emmanuel Macron abbia provato a infondere fiducia ricordando la sua impresa del 2017: se avessi dovuto credere alle previsioni, mai mi sarei candidato presidente. E invece. […] Un'altra fase politica: […] il macronismo, gli studi elitari, l'eloquio brillante, tutto sembra ormai superato. Nonostante i suoi tentativi di rilanciare e provare lo scacco matto, appare ormai un presidente imprigionato nel suo labirinto: ancora al potere ma con la prospettiva di condividerlo col più acerrimo nemico, criticato anche dai suoi, detestato da buona parte della Francia al punto, lesa maestà massima, da essere stato oscurato in campagna elettorale.
La démacronisation l'hanno chiamata: Scusi presidente, meglio che si faccia da parte, non parli, non si faccia vedere, sono arrivati a chiedergli dalla sua maggioranza per salvare il salvabile. Se oggi oltre 49 milioni di francesi sono chiamati al voto, se oltre 4mila candidati si sono lanciati nella più breve campagna elettorale della storia francese, tra stupore e proteste dei partiti, è per sua decisione.
[…] Nel palazzo dove il presidente ha continuato a lavorare, il G7, il summit sulla pace in Ucraina, il Consiglio europeo, mentre il suo quasi ex governo batteva palmo a palmo le circoscrizioni, il giovane primo ministro Gabriel Attal stringeva mani e prendeva pacche sulle spalle: Lei mi piace ma dica al presidente di stare zitto, si è sentito dire tra piazze e mercati, sorriso di circostanza, «ma lei voti per il capo del governo», l'equilibrio difficile tra stare nel partito e rinnegarne il leader quanto basta.
GILET GIALLI - SCONTRI IN STRADA A PARIGI
[…] i centristi cercano di eclissare colui che li ha portati al potere: e non è un caso che, non appena qualcuno ha cominciato a parlare di ipotesi di dimissioni di Macron, dall'Eliseo sono partite smentite sdegnate. Più che sintomo di sconcerto davanti a un'eventualità estranea alla tradizione francese, la spia di un timore: passasse l'idea che davanti a una sconfitta sarebbe pronto a dimettersi, mezza Francia potrebbe votargli contro apposta. Visto dall'Italia, Renzi docet.
Sciogliere il Parlamento era un azzardo ma era calcolato: solo che il presidente così sicuro di sé non aveva previsto una variabile. All'indomani della cosiddetta dissolution, le forze di sinistra sono passate dal mettersi le dita negli occhi a un'alleanza che, tribolata e con probabile scadenza da yogurt, però è data seconda nei sondaggi, tra il 29 e il 30 per cento, qualcosa come dieci punti sopra la sua coalizione.
GILET GIALLI - SCONTRI IN STRADA A PARIGI
[…] è la certificazione di una sconfitta storica, per chi, alla sua prima elezione, nel 2017, annunciava raggiante «che farò di tutto perché non ci sia più nessuna ragione di votare gli estremi», e invece forse accompagnerà a Palazzo Matignon il giovane Jordan Bardella.
D'altra parte, in mezzo, in quei sette anni, ci sono stati i Gilet gialli, le manifestazioni tutti i sabati, l'incredulità davanti a tanta ostilità nel suo Paese: «Perché Emmanuel suscita tanto odio?», si chiedeva la moglie Brigitte, senza capacitarsi.
Il fuoco venne spento con l'idea del Grande dibattito, circa 10mila incontri in giro per il Paese, il presidente considerato algido e distaccato finalmente in ascolto, finì la fase più vivace e talvolta violenta, ma evidentemente le ceneri di quello scontento sono rimaste, a bruciare sotto la superficie. […]
GILET GIALLI - SCONTRI IN STRADA A PARIGI PARIGI - PROTESTE DEI GILET GIALLI marine le pen emmanuel macron