Francesco Malfetano per "il Messaggero"
Passino l'addio allo streaming e la rincorsa al 2xmille. Passi pure l'essersi lasciati alle spalle i «mai col partito di Bibbiano» e i niet alle varie alleanze. Passino anche le giravolte sulla presenza in tv degli eletti o su Tap, Tav e vaccini. Passi tutto, ma non il secondo mandato. Anche a costo di svuotare il Parlamento dell'intera prima linea pentastellata.
Luigi Di Maio, Roberto Fico, Paola Taverna, Vito Crimi e un'altra sessantina di colleghi sbarcati a Roma nel 2013, a fine legislatura dovranno infatti fare le valigie. Per loro non ci sarà più spazio nelle liste elettorali 5S, già forzatamente ridotte dalla riforma. È l'Elevato in persona a far sapere che sulla non ricandidabilità non ci saranno sconti. O quasi.
LUIGI DI MAIO - BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE
Nel senso che la discesa in campo di Beppe Grillo, a presidio dell'ultimo bastione identitario del Movimento che fu, è una presa di posizione forte ma assomiglia in qualche modo ai penultimatum con cui sbeffeggiò Giuseppe Conte diversi mesi fa. Reinterpretando il già capziosissimo mandato zero inventato nel 2019, il comico lascia uno spiraglio aperto ai 66 parlamentari che non possono essere rieletti.
LE TELEFONATE
roberto fico virginia raggi luigi di maio
A chi lo ha sentito negli ultimi giorni, dopo la convulsa gita romana per provare ad appianare i guai giudiziari della sua creatura, Beppe ha infatti affidato un chiarimento sul punto. Per deputati e senatori della prima ora potrebbero spalancarsi le porte del Parlamento europeo o quelle dei Consigli regionali. E viceversa chiaramente.
Cioè chi è stato europarlamentare per due volte, ad esempio, può ripiegare su un posto in Regione o ambire a un seggio alla Camera o al Senato, non restare a Bruxelles. Il tutto condito con la solita verve: «In Europarlamento o in Regione guadagnate anche di più, quindi non rompete le p...e... - avrebbe scherzato Beppe con alcuni parlamentari che sente con una certa regolarità - Ma è un tema identitario, non si può derogare».
A sollecitarlo del resto, proprio alcuni dei deputati e dei senatori del vecchio corso allarmati dal post pubblicato dal garante il 5 febbraio scorso - 5 Stelle polari il titolo - in cui, tra le proposte, si parla di «rotazione o limiti alla durata delle cariche, anche per favorire una visione della politica come vocazione e non come professione».
Una ratio, ora ribadita da Grillo e da chi gli è molto vicino, necessaria per contrastare «nicchie di poteri e correnti». Un assist subito colto dall'ex premier bis e ora leader 5S che, in serata, ribadisce come «la politica non può diventare un mestiere».
E poi dichiara: «Non è una novità, quello dei due mandati è una regola fondativa del M5S. Ci confronteremo con la nostra comunità ma il parere di Beppe pesa». In altri termini Grillo ha gentilmente accompagnato all'uscita una buona fetta di coloro che sbarcarono a Montecitorio con l'apriscatole in mano nel 2013.
Un gesto che se da un lato destabilizza il Movimento (tra i non ammissibili ci sono figure di equilibrio come Fico, il tesoriere Cominardi o il capogruppo alla Camera Crippa), dall'altro, a sentire qualcuno degli eletti, sa tanto di coltellata alle spalle inferta a Di Maio.
L'uscita è infatti trapelata proprio nel momento di maggiore debolezza del ministro. Cioè mentre è impegnato sul fronte governativo e in trasferta a Kiev, e quando - nonostante il lungo faccia a faccia della scorsa settimana all'hotel Parco dei Principi con Beppe - appare rinsaldato il legame tra il nemico Conte e il comico.
«Alla casualità è meglio non credere - sibila un eletto alludendo ai contiani - il tempismo è strano, c'è lo zampino di qualcuno». Impossibile stabilirlo. Fatto sta che ora, dopo l'apparente riappacificazione, tra i 5S torna ad agitarsi lo spettro di quella scissione fortemente negata nei giorni scorsi. Una soluzione di comodo che qualora dovesse radicarsi permetterebbe ad alcuni degli eletti - Di Maio in primis, ma anche Battelli, Castelli, Dadone, D'Incà - di capitalizzare al meglio l'esperienza politica maturata nei due mandati, completando quel processo di trasformazione che dalla richiesta di impeachment per Mattarella li ha portati ad essere parte integrante dell'esecutivo guidato da Draghi.
luigi di maio giuseppe conte meme by carli
Una transizione che ha anche fatto crescere gli estimatori tra gli altri partiti (e quindi la possibilità per qualcuno di finire nelle liste altrui), allontanandoli però dalle posizioni del pasionario Di Battista, a cui Conte ora strizza l'occhio.
L'eventuale passo indietro della truppa del primo mandato del resto, lascerebbe campo libero all'avvocato. I cui pugnaci alfieri difendono a spada tratta: «Giuseppe è destinato a guidarci a lungo. Sa sempre quello che fa, e non a caso ha rifiutato tutte le ipotesi di una sua candidatura alle suppletive».
giuseppe conte beppe grillo 2 Fico Di Maio beppe grillo giuseppe conte 2 DI MAIO FICO giuseppe conte beppe grillo LUIGI DI MAIO giuseppe conte beppe grillo