Giordano Stabile per “la Stampa”
Gli «omini verdi» di Putin sono arrivati anche in Libia. Uomini delle forze speciali, ben equipaggiati, in uno stile che ricorda il preludio dell' intervento in Siria, che si muovono fra Egitto e la frontiera libica e trasformano l' appoggio di Mosca a Khalifa Haftar, l' uomo forte della Cirenaica, in un intervento diretto, anche se in sordina. Un' operazione militare che fa il paio con i commando occidentali inviati negli scorsi mesi a combattere l' Isis e ad aiutare il governo di Fayez al-Sarraj. Ma proprio per questo allarma le cancellerie europee e Washington.
I movimenti dei militari russi fra Egitto e Libia sono stati rivelati da fonti diplomatiche americane, confermati da fonti militari egiziane anonime, e hanno preceduto di un paio di giorni l' attacco scatenato ieri da Haftar per riconquistare i terminal nella cosiddetta Mezzaluna del Petrolio. Il Pentagono sospetta che i rinforzi abbiamo giocato un ruolo nella controffensiva che nel giro di poche ore ha sbaragliato i miliziani delle Brigate di autodifesa di Bengasi e la Guardia petrolifera alleata di Al-Sarraj.
La presenza dei russi è stata osservata alla base aeronavale egiziana di Sidi Barrani, a cento chilometri dalla frontiera libica. È una base che i russi conoscono bene perché fra il 1956 e il 1972 ha ospitato migliaia di militari sovietici ed era il fulcro del dispositivo militare dell'Urss nel Mediterraneo. Le fonti egiziane parlano di «22 uomini» sbarcati da aerei da trasporto, equipaggiati anche «con droni». Altri uomini sarebbero arrivati in una base ancora più vicina al confine libico, Marsa Matrouh, già a febbraio.
Aerei militari russi avrebbero fatto scalo all' aeroporto prima di proseguire per la Libia.
Mosca e Il Cairo hanno smentito la presenza di truppe russe. «Non c' è alcun soldato straniero sul suolo egiziano», ha sottolineato il portavoce dell' Esercito Tamer al-Rifai. Anche Mohammed Manfour, comandante libico della base aerea di Benina, vicino a Bengasi, ha negato la presenza di militari russi. Ma è prassi, sia in Russia che in Occidente, che i governi possano inviare truppe speciali all' estero in caso di emergenza senza renderlo pubblico.
Per Vladimir Putin sarebbe il secondo colpo a sorpresa nel Mediterraneo orientale, dopo l' intervento in Siria del settembre 2015. Come in Siria fa leva su vecchi asset sovietici: dopo la base di Tartus, quella di Sidi Barrani. Come nel 2015 interviene in un momento di difficoltà dell' alleato locale. All' inizio di marzo Haftar è stato spiazzato dal colpo delle Brigate di autodifesa di Bengasi, una coalizione di anti-gheddafiani e combattenti islamici che punta a riconquistare lo stesso capoluogo della Cirenaica.
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I miliziani si sono alleati con tribù locali e la cosiddetta Guardia petrolifera di Ibrahim Jathran, alleato di Al-Sarraj, e il 3 marzo hanno conquistato i più importanti porti del petrolio. Haftar era rimasto così privo della sua «cassaforte», perché le sue forze controllano oltre metà dei pozzi petroliferi libici, ma i terminal sono indispensabili per esportare greggio e incassare valuta forte.
Ieri i suoi uomini hanno ripreso «il controllo di Ras Lanuf, Sidra e Ben Jawad» e ristabilito la situazione. Forse gli «omini verdi» di Putin hanno giocato un ruolo nel blitz rapido e micidiale. Ambienti di Bengasi vicini al generale lasciano intendere che questa volta Haftar non si fermerà alla Mezzaluna del Petrolio ma punta a marciare verso Tripoli. Fin dove Mosca è disposta a coprirlo lo si vedrà nei prossimi giorni.