Ezio Mauro per “la Repubblica”
Se è vero che la Rai è il termometro del tempo politico che farà, allora si prepara un clima grigio e spento per la parte che resta della legislatura. Semplicemente, la governance della più grande azienda culturale del Paese è al di sotto di ogni aspettativa. Non c’è azienda, nei profili che sono stati scelti, e non c’è cultura. Piuttosto, solo una lottizzazione asfittica, che imprigiona quel che può della televisione pubblica, rinunciando a governarla.
Quel che stupisce è infatti la rinuncia ad ogni ambizione di cambiamento. Partito per liberare la Rai dalla politica, Renzi ha riprodotto a viale Mazzini la controfigura rimpicciolita e deformata di un sistema politico allo sbando, con i partiti — ad eccezione dei grillini — capaci soltanto di riprodurre se stessi replicandosi al peggio. Domina l’intesa con Berlusconi, che tratta da capo politico della destra con una mano, mentre con l’altra negozia da capo di Mediaset, continuando così a tenere la Rai sotto l’abituale doppio guinzaglio, dei partiti e del duopolio.
Nessuno si aspettava rivoluzioni: ma almeno il tentativo di restituire la televisione al mercato, alla concorrenza, a se stessa, attraverso l’indipendenza e l’autonomia. In tutta evidenza è ciò che la politica non vuole. Impaurita e impotente, preferisce occupare con i suoi segnaposto una delle aziende cruciali per quel futuro di cui parla continuamente a vuoto. Il futuro era questo, ed è un’occasione peggio che perduta: confiscata, da un quadro politico che giorno dopo giorno si sta sfarinando.
silvio berlusconi fotografato da bruno vespa