Guido Santevecchi per il "Corriere della Sera"
La Cina è ossessionata dalla Storia, fin dai tempi delle dinastie imperiali. Ora il Partito-Stato ha deciso di riscrivere la sua Storia: è questo il mandato affidato al Plenum del Comitato centrale comunista, circa 370 dirigenti che ieri sono entrati in conclave a Pechino per varare una «Risoluzione sui grandi risultati e l'esperienza del comunismo cinese nei suoi primi cento anni». Il documento è già pronto, sarà votato giovedì 11 e conterrà una quantità di frasi e allusioni che daranno mesi di lavoro ai «pechinologi».
Ma l'obiettivo è già chiarissimo: ispirato da questa revisione storica, nel novembre 2022 il XX Congresso del Partito rieleggerà il segretario generale Xi Jinping, per un altro lustro. È la terza volta che il Pcc mette mano al suo passato per determinare il futuro. Nel 1945, Mao Zedong fece regolare «certe questioni nella Storia del nostro Partito», chiudendo a proprio favore le rivalità anche ideologiche con i compagni della Lunga Marcia verso il potere.
Nel 1981, Deng Xiaoping ispirò una seconda «Risoluzione sulla Storia del Partito», che segnalò «alcuni problemi» come «il caos della Rivoluzione Culturale», affermando che Mao «aveva avuto ragione nel 70% dei casi e torto nel 30%»: così il nuovo leader mise a tacere i maoisti puri e duri e aprì la Cina all'economia di mercato . Ora è il turno di Xi Jinping, che è segretario generale dal novembre del 2012 e vuole restare al timone per altri cinque anni almeno. Il documento sulla Storia serve a dimostrare che il lavoro da compiere è ancora così gravoso da imporre una continuità di comando supremo.
Non ci sono più «questioni» e conti da saldare con il passato, come ai tempi di Mao e Deng. Non c'è da aspettarsi che per esempio Xi riapra il capitolo sull'«incidente di Piazza Tienanmen». E poi, ha già fatto passare leggi penali che mandano in carcere per «nichilismo storico» chi mette in dubbio la linea ufficiale del Partito o l'eroismo dei suoi martiri. Questa terza Risoluzione sui cent' anni di imprese comuniste sarà un atto di autoaffermazione di Xi, l'apertura della nuova era che lui è destinato a guidare.
Per preparare il terreno, l'ufficio propaganda ha appena pubblicato una «Storia sintetica del Partito»: non è brevissima, 531 pagine, un quarto delle quali dedicate ai primi nove anni di Xi. E alla vigilia del Plenum, l'agenzia Xinhua ha lanciato in Rete un profilo del segretario generale, nonché presidente della Repubblica, presidente della Commissione centrale militare e leader di un'altra dozzina di Gruppi guida. Sono 600 righe sotto il titolo «Xi Jinping, l'uomo che guida il Partito comunista cinese verso un nuovo viaggio».
I biografi dell'agenzia sottolineano che Xi «ha ereditato un passato di successi gloriosi ma ha il coraggio di innovare, per rafforzare il Partito» e siccome è «un uomo d'azione oltre che di pensieri profondi», ce la farà . Per «rivitalizzare la nazione» è stata lanciata una campagna anticorruzione che solo «quest' anno ha punito o messo sotto inchiesta 20 alti funzionari, compresi due viceministri della sicurezza statale», scrive la Xinhua , ricordando che dal 2013 la Commissione di disciplina, la polizia e la magistratura hanno falciato «oltre 400 tra ministri, viceministri e dirigenti di livello superiore».
La biografia prosegue esaltando «Xi uomo che marcia al fianco del popolo per coronare il sogno cinese», statista che nel 2019 ha preso parte a oltre 500 eventi di rilievo «e però trova il tempo per nuotare e tenersi in forma: e così ha la resistenza fisica per proseguire il lavoro». Nella sua missione, il segretario generale «visita spesso fattorie, villaggi di pescatori, case di contadini, osterie, supermarket, fabbriche, laboratori, ospedali, scuole, ispeziona anche porcili e gabinetti per vedere con i propri occhi come vive la gente».
Il riassunto-fiume di pensieri e opere del leader indica già il prossimo obiettivo: un «socialismo moderno» entro il 2035 e finalmente la costruzione di «un Paese socialista grande, prospero, rinnovato, armonioso e bello» entro il 2049, primo centenario della Repubblica popolare.
È un impegno arduo: «Non sarà una passeggiata nel parco», ha detto Xi, che oggi ha 68 anni e nel 2049 ne avrebbe 96 (ma chissà, i leader cinesi sono molto longevi). C'è la pandemia che minaccia ancora la Cina, nonostante la rigida politica «Zero Covid» che impone lockdown appena si individua un focolaio e ha chiuso il Paese da quasi due anni; c'è il nuovo modello economico che promette «prosperità comune» per tutti i cinesi e nuovo ordine in un «capitalismo cresciuto caoticamente», ma intanto ha causato un rallentamento nella corsa del Pil e bruciato centinaia di miliardi in Borsa; c'è lo scontro da nuova guerra fredda con gli Stati Uniti; il giuramento di riprendere Taiwan.
I continui arresti di dirigenti, dietro la motivazione della lotta alla corruzione, fanno immaginare anche trame interne: due ex capi della sicurezza nazionale arrestati il mese scorso sono accusati di aver cercato di «costituire centri di potere e cricche». «Mi batterò per il comunismo per il resto della mia vita»: con questa frase tratta dal giuramento di fedeltà al Partito che Xi ama ricordare ai dirigenti, ai quadri e ai 95 milioni di tesserati, si chiude il lungo elogio della Xinhua. Nel caso di Xi è anche un programma di leadership a vita.
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