1. UNA GONNELLA LA PRIMA SCELTA DEL QUIRINALE
Marco Conti per il Messaggero
Le contorsioni dei partiti per evitare che nelle prossime ore Sergio Mattarella presenti un suo governo, simbolo dell' incapacità delle forze politiche a trovare un' intesa, sono notevoli. Tra chi trama e chi spera, ieri nei corridoi di Montecitorio era tutto un fitto parlare. Dopo i primi strepiti si comprende che in realtà al voto a luglio o ad ottobre, non vorrebbe andare nessuno.
Ma il gioco in atto tra i partiti, dove vince chi frena per ultimo, non esclude il burrone e quindi la fine di una legislatura di fatto mai nata. Una sorta di teatrino che al Quirinale si osserva con un certo interesse mentre si lavora per mettere su una squadra di esperti-neutrali che dovrebbe traghettare il Paese o verso un nuovo governo o verso le urne.
IL PASSO
Oggetto privilegiato delle attenzioni di tutti è ancora una volta Silvio Berlusconi, vero convitato di pietra di una legislatura che, come la precedente, non lo contempla perchè ancora ineleggibile. Il Pd teme di aver sbagliato i conti sperando che alla fine un esecutivo si sarebbe messo in piedi grazie ad un' intesa M5S-Lega che oltre a includere FdI, potesse in qualche modo tenere dentro anche FI.
Dopo mesi trascorsi tra telefonate e messaggini con Matteo Salvini, il leader pentastellato ha chiuso le comunicazioni con il leader di via Bellerio e ha acceso i motori della campagna elettorale. «Di Maio - si ragiona tra i grillini - può cambiare idea solo se Salvini decide di sedersi lui al tavolo». Ovviamente con il suo 17% e non con il 37% di tutto il centrodestra. Al passo di lato, o all' appoggio esterno per sostenere un governo M5S-Lega, Berlusconi non ci pensa proprio.
Ad irritare ieri mattina il Cavaliere le parole del numero due della Lega Giancarlo Giorgetti che invitava il leader azzurro al «senso di responsabilità» e a fare un passo di lato per permettere la nascita di un governo a forte trazione populista e sovranista. Un balletto che al Quirinale ha ricordato molto quello andato in onda qualche settimana fa e che alla fine aveva lasciato Di Maio con il cerino in mano per un accordo dato per fatto e che invece si è schiantato sulla scarsa volontà di Salvini di andare al governo da solo rischiando di lasciare a FI una prateria di voto moderato non anti-europeista e anti-atlantico.
Il pressing delle ultime ore, indotto dalla imminente presentazione da parte di Mattarella di un esecutivo tutto suo, non sembra smuovere il Cavaliere che non vuole sentirsi dire ciò che deve fare. Diverso, sarebbe stato se fosse stato lui a decidere passo di lato, appoggio esterno, astensione o via libera a Salvini ad andare al governo senza di fatto sancire la fine del centrodestra. Per ora il governo di servizio sembra poter contare sui voti di Pd, LeU e di sparuti gruppi.
Contrari restano i grillini e il centrodestra che però continua a dividersi sulla tempistica del voto. Particolare non da poco visto che, senza voto di fiducia, al Quirinale in versione Mattarella non resta che decretare la fine della legislatura e prendere il calendario per la data del voto che sarà dopo sessanta giorni. Per fermare la clessidra servirebbe votare la fiducia o un atto delle forze politiche che ritengano non utile le urne a fine luglio o ai primi di agosto.
In attesa che si completino le contorsioni dei partiti, Mattarella lavora con i suoi consiglieri alla lista dei ministri e, soprattutto, per individuare il presidente del Consiglio che andrà in Parlamento a ricordare ai partiti che sarebbe meglio, prima di tornare alle urne, assolvere a due o tre impegni non da poco: partecipazione dell' Italia ad importanti appuntamenti europei, legge di Bilancio con annessa sterilizzazione dell' aumento dell' Iva e modifica della legge elettorale.
Dal Quirinale partiranno oggi le telefonate ai possibili premier e ministri per un esecutivo snello di 12-13 dicasteri. Per ogni casella si sono messi più nomi e non solo professori, ma anche imprenditori, servitori dello Stato e molta società civile. Per la presidenza del Consiglio si punta su una donna. La prima donna-premier, per un compito difficile e che potrebbe durare poco. Tra i nomi più gettonati quello di Elisabetta Belloni (segretario generale della Farnesina), Marta Cartabia (vicepresidente della Corte Costituzionale), Lucrezia Reichlin (economista), ma anche Giampiero Massolo (ambasciatore di lungo corso), Carlo Cottarelli (già commissario alla spending review).
2. COTTARELLI O TABELLINI PER IL MINISTERO DELLE FINANZE
Francesco Grignetti per la Stampa
Visto che in extremis qualcosa si sta muovendo nel campo del centrodestra, la corsa verso il «governo neutrale» si è opportunamente rallentata. Ma non s' è fermata. E quindi cresce la curiosità per i nomi di chi potrebbe rispondere alla chiamata del Quirinale. Si moltiplicano i boatos.
Nel frattempo la rosa dei possibili ministri si va arricchendo o anche scremando, o per nuovi innesti, o per gentile diniego degli interessati, o per ulteriori riflessioni. Nell' elenco dei papabili, per dire, è scivolato verso il basso il nome di Marta Cartabia, vicepresidente della Corte costituzionale, molto stimata dal Presidente della Repubblica, in quanto il sacrificio da richiederle sarebbe davvero troppo: ha davanti ancora 3 anni di mandato da giudice costituzionale e forti chance di finire da presidente. Ugualmente è in calo il nome di Alessandro Pajno, il presidente del Consiglio di Stato.
In altri casi, giocano valutazioni di opportunità. Nulla da obiettare, per esempio, sul profilo della brillante Lucrezia Reichlin, docente alla London Business of Economics, ma certo che la sua storia familiare (vedi il babbo Alfredo Reichlin, ex deputato del Pci, e la mamma Giuliana Castellina, ex deputata del Pdup e fondatrice del Manifesto) è fin troppo marcatamente comunista. Un po' come è per un altro ottimo economista, Luigi Zingales, che per un breve tempo è stato vicino a Renzi, ha fondato poi un suo movimento «per fermare il declino» assieme al giornalista Oscar Giannino, e che negli ultimi tempi si è molto avvicinato alle tematiche del M5S.
Resta in auge la figura di Elisabetta Belloni, segretario generale della Farnesina. Magari non come premier del governo che potrebbe essere, ma più probabilmente come ministro degli Esteri. Così come restano all' attenzione i nomi di due possibili ministri dell' Economia, quali l' ex rettore della Bocconi, Guido Tabellini, oppure Carlo Cottarelli, ex Fondo Monetario Internazionale, che nel novembre 2013 era stato nominato Commissario straordinario per la spending review da Enrico Letta, e da Renzi è stato poi spedito nuovamente a New York. Da ultimo guida un Osservatorio dell' Università Cattolica di Milano sui conti pubblici «Se il Quirinale chiama, io ci sono», ha avvertito.