Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per www.repubblica.it
Mike Pence ha deciso che alle presidenziali del 5 novembre non appoggerà Donald Trump. Non perché il suo ex capo avesse approvato le urla dei sostenitori che durante l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 minacciavano di impiccarlo, ma piuttosto perché non porta avanti un’agenda abbastanza conservatrice.
Sul piano politico non sposta molto, perché l’ex vice presidente è considerato ormai un traditore dalla base trumpista che si è impossessata del Partito repubblicano. Però potrebbe dare copertura ad altri leader meno coraggiosi, e soprattutto interpretare il malcontento di un gruppo di elettori che non andando alle urne, condannando Donald alla sconfitta.
Pence era stato il fedele vice di Trump fino al 6 gennaio del 2021, quando si era rifiutato di obbedire ai suoi ordini e boicottare la cerimonia al Congresso che doveva ratificare la vittoria di Biden nelle presidenziali del novembre 2020. Mike riteneva di non avere l’autorità costituzionale per rovesciare il verdetto, ma solo l’obbligo di prenderne atto. Donald perciò si era arrabbiato e lo aveva definito un vigliacco, mentre i suoi sostenitori che avevano assaltato il Parlamento avevano minacciato di impiccarlo.
Quattro anni dopo Pence si è candidato alla presidenza, ma il suo tentativo è fallito, perché ormai nel Partito repubblicano la base trumpista lo ha rifiutato. Quindi si è ritirato prima ancora dell’inizio delle primarie. Parlando con la televisione conservatrice Fox, però, ha detto che non appoggerà il suo ex capo a novembre: "Questa decisione non deve apparire come una sorpresa. Il motivo è che Trump sta portando avanti un’agenda in contrasto con quella conservatrice sulla cui base avevamo governato per quattro anni".
Dalla tiepida opposizione all’aborto, soprattutto quando si tratta di promuovere il divieto a livello federale, alla scarsa responsabilità fiscale in tema di debito nazionale, passando per la politica verso la Cina e l’ammorbidimento su TikTok, Donald sta tradendo gli ideali di Mike. Che perciò non lo appoggerà, anche se non voterà Biden.
Pence ormai conta quasi nulla, nel Gop "trumpizzato" dalla nuova nomination per il suo ex capo, ma la decisione di non sostenerlo potrebbe avere due effetti. Il primo è quello di dare copertura ad altri leader meno coraggiosi, affinché facciano altrettanto, per le stesse ragioni politiche, o magari morali, perché non vogliono stare dalla parte di un pluri-incriminato e non apprezzano il suo carattere. I leader di Camera e Senato, Johnson e McConnell, si sono già inginocchiati, ma magari Nikki Haley e altri troveranno la forza di continuare ad apporsi alla rielezione di Donald, portandogli via consensi importanti.
Il secondo è che Pence potrebbe rassicurare alcuni elettori repubblicani non contenti di Trump sulla propria inclinazione a non votarlo: se neppure l’ex vice lo farà, a maggior ragione loro saranno giustificati a comportarsi nella stessa maniera. […]