Federico Rampini per “la Repubblica”
MICHAEL BLOOMBERG DONALD TRUMP
L’ingresso dell' ex sindaco di New York Michael Bloomberg nella gara per la nomination democratica apre uno scenario senza precedenti. La sfida per la Casa Bianca nel novembre 2020 in teoria potrebbe opporre due newyorchesi (mai accaduto nella storia), ambedue settantenni e miliardari. La forza del denaro in realtà è soprattutto dalla parte di Bloomberg. Il suo patrimonio di 50 miliardi lo colloca nella serie A del capitalismo americano, più vicino a Bill Gates che al palazzinaro-bancarottiere Donald Trump.
Ma se in termini di talento imprenditoriale Bloomberg giganteggia rispetto al controverso tycoon finito sotto impeachment, nella percezione pubblica è Trump a partire con un netto vantaggio. Lui è il magnate che sa parlare alle masse: sia perché per tutta la vita fu un outsider snobbato dall' establishment, sia perché il suo vero talento lo ha scoperto diventando uno showman nei reality-tv.
Trump è riuscito a farsi "uno di noi" agli occhi della classe operaia del Midwest, abbracciandone il rancore verso la Cina o le paure sulla concorrenza degli immigrati nel mercato del lavoro.
Bloomberg deve far dimenticare di essere ebreo (in tempi di antisemitismo di ritorno, anche in America), arricchitosi a Wall Street, nonché ultra-liberal sui diritti gay, sul cambiamento climatico, contro il possesso di armi.
micheal bloomberg hillary clinton
Insomma è il radical chic per eccellenza. Salvo che su di lui si accanisce anche l' ala ultra-sinistra, e non solo per rimproverargli i primi 35 milioni spesi per saturare di auto-pubblicità lo spazio televisivo. L' ortodossia politically correct ha riesumato qualche sua frase sessista in passato, o la politica "legge e ordine" della polizia newyorchese durante la sua gestione (con arresti più frequenti tra neri e ispanici). Agli handicap va aggiunto che un sindaco di New York - con l' eccezione di Rudolph Giuliani - è una celebrity nel mondo dei media ma uno sconosciuto appena varchi il fiume Hudson, entri nel New Jersey e sbarchi sul "continente". La sua candidatura dunque parte in salita. Per il momento vale come un sintomo.
micheal bloomberg donald trump
Segnala la confusione in campo democratico: non bastavano 17 candidati? E tradisce l' allarme per la radicalizzazione del partito. È il tema che sta sollevando Barack Obama: attenti a spaventare un' America dove ancora le elezioni si giocano al centro. Elizabeth Warren e Bernie Sanders fanno paura non solo ai ricchi a cui promettono una super-patrimoniale, ma anche al ceto medio diffidente verso il modello da socialdemocrazia europea: "più tasse, più Stato". Obama e Bloomberg temono che questa sia la ricetta per un secondo mandato Trump.
Il quale sta confermando i peggiori timori dei democratici sull' effetto-impeachment: in questi giorni la base repubblicana si è ricompattata a sostegno del suo presidente. I soldi di Bloomberg - che in passato fu repubblicano e indipendente - almeno su una cosa dovrebbero favorire i democratici in generale: alimentando una massiccia campagna negativa sulle malefatte di Trump.
L' importante sarà occupare spazio tv a pagamento sulla Fox News, l' unica rete di cui l' elettore di destra si fida.