Fabrizio Dragosei per corriere.it
L’oppositore russo Aleksej Navalny deve la sua salvezza dopo l’avvelenamento con Novichok subito a Tomsk il 20 agosto alla prontezza del pilota che ha fatto atterrare l’aereo sul quale il blogger si trovava non appena questo si è sentito male, e all’efficienza dei soccorsi.
A confermarlo allo stesso Navalny è stato uno degli agenti dell’Fsb (il servizio segreto russo) che avrebbe partecipato all’intera operazione. L’uomo ha parlato al telefono pensando di riferire ad un alto ufficiale del Consiglio di sicurezza statale mentre invece all’apparecchio si trovava proprio il blogger che il team specializzato in operazioni chimiche aveva tentato di assassinare. «Se avesse volato un po’ più a lungo e non fosse atterrato così improvvisamente, magari tutto sarebbe andato diversamente», ha ammesso l’agente al suo “superiore”.
L’uomo, Konstantin Kudryavtsev, laureato all’accademia militare chimico-batteriologica, aveva lavorato in passato in uno degli istituti biologici del ministero della Difesa, prima di passare all’Fsb, il principale successore del Kgb sovietico. E’ stato buttato giù dal letto (si trovava a casa in quarantena perché colpito dal Covid) da una telefonata di un certo Maksim Ustinov su una linea speciale degli apparati di sicurezza (Navalny aveva falsificato l’identità del chiamante, come fanno normalmente anche i call service che riescono a far apparire numeri di fantasia sullo schermo di chi riceve). Il falso Ustinov si spacciava per un assistente del capo del Consiglio di sicurezza Nikolaj Patrushev, personaggio vicinissimo a Putin.
Così il malcapitato Kudryavtsev è rimasto al telefono per 49 minuti (l’intera conversazione è stata pubblicata sul sito Bellingcat), raccontando tutto quello che sapeva sull’operazione. Il veleno era stato messo sugli abiti e in particolare nelle mutande di Navalny da altri operativi che avevano agito a Tomsk. A lui poi era toccato andare due volte a Omsk, dove il blogger è stato salvato dalla solerzia del pilota, degli infermieri e dei medici, per ripulire ogni cosa. Togliere qualsiasi traccia del Novichok dagli abiti di Navalny che, peraltro, sono ancora trattenuti in Russia.
Il principale esponente dell’opposizione si trova ancora in Germania, in una località segreta dove si sta riprendendo dai postumi della terribile sostanza. La stessa che era stata usata in Gran Bretagna nel 2018 da agenti del Gru, lo spionaggio dell’esercito. L’obiettivo era stato un ex uomo dei servizi russi scappato all’estero, Sergej Skripal, colpito assieme alla figlia. Anche in quel caso l’operazione era andata male e entrambe le vittime sono sopravvissute.
Nella conferenza stampa di fine anno il presidente russo ha ammesso che Navalny era costantemente seguito da un gruppo dell’Fsb, ma ha spiegato che questo era naturale. L’oppositore, secondo Putin che non ha però fornito prove, «è in contato con i servizi segreti americani». Nel rispondere a una domanda, Putin aveva però aggiunto che i suoi non lo avevano certo avvelenato perché se così fosse stato, «l’operazione sarebbe andata a buon fine». Adesso sappiamo invece che anche in questo caso gli specialisti in sostanze chimiche hanno fallito. E che la loro intenzione non era quella di pedinare o intimidire ma di uccidere.
UN FALSO
Da ansa.it
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