Cecilia Gentile per “la Repubblica”
Una montagna di rifiuti indifferenziati pari a 15mila tonnellate. Tanti attualmente se ne sono accumulati nelle fosse dei quattro impianti della capitale, i cosiddetti Tmb, gli impianti di trattamento meccanico biologico, due pubblici di Ama, due privati dell' ex dominus della spazzatura Manlio Cerroni, a Malagrotta.
Una quantità monstre che i Tmb non riescono a lavorare e che giorno dopo giorno ha finito per saturare gli impianti fino a farli scoppiare. Gli stabilimenti si sono trasformati in piattaforme di stoccaggio, dove la spazzatura attende di essere trattata. Ancora una volta Roma paga il suo fragilissimo sistema di gestione dei rifiuti, che per 500 tonnellate al giorno dipende da strutture esterne.
La capitale produce infatti ogni giorno oltre 2.700 tonnellate di indifferenziata: materiale che deve entrare negli impianti per trasformarsi in "cdr", combustibile da rifiuti che a sua volta produrrà energia negli inceneritori. Ebbene, quando tutto fila liscio, i quattro impianti della capitale riescono a trattarne 2.200. Il resto prende la strada di altri comuni e regioni (Frosinone, Aprilia, Aielli in Abruzzo) o addirittura va all' estero (70mila tonnellate all' anno in Austria).
Poi arrivano gli imprevisti, gli incidenti di percorso. Per esempio, l' interdittiva antimafia al consorzio Colari di Cerroni, il rallentamento nella ricezione dei rifiuti, il commissariamento. E di nuovo l' inceneritore di Colleferro, una cittadina in provincia di Roma dove la capitale spedisce il suo cdr, che chiude per manutenzione e che rimarrà inattivo fino a ottobre. Dunque la difficoltà a liberarsi del materiale lavorato, che rimane nello stabilimento, e di nuovo lo svuotamento dei cassonetti in città che si ferma, perché gli operatori non sanno dove portare la spazzatura.
È un copione che sistematicamente si ripete e mette Roma in ginocchio. Prima bastava buttare tutto in discarica, il grande buco di Malagrotta, il più esteso d' Europa. Ma da quando questo è stato chiuso, nell' ottobre 2013, la città si è fatta trovare impreparata ad una gestione alternativa. È un gioco di equilibri precarissimi, un meccanismo di vasi comunicanti che può andare in tilt da un momento all' altro.
Dalla fine di aprile, la spazzatura in uno degli impianti Ama, quello del Salario, ha raggiunto il tetto. Un operaio, nel tentativo di creare spazio tra i rifiuti, ha toccato con la ruspa il soffitto, facendo crollare un pannello di cemento. Tragedia sfiorata. Tutto questo perché i tmb di Cerroni avevano ridotto sensibilmente i quantitativi presi da Ama.
La situazione è analoga a quella del luglio dello scorso anno, quando l' allora assessora grillina all' Ambiente Paola Muraro fece irruzione negli uffici dell' Ama con l' operatore al seguito per la diretta streaming, puntando il dito sull' incapacità dell' azienda. Ora i vertici sono di nomina pentastellata, ma nulla è cambiato. Le previsioni anzi sono di un peggioramento dalla fine di giugno, quando gli impianti del nord Italia dove Ama manda l' organico si fermeranno per la manutenzione stagionale.
L' amministrazione precedente targata Pd, con Ignazio Marino sindaco, aveva ipotizzato il superamento dell' emergenza con la realizzazione di quattro ecodistretti, il primo quello di Rocca Cencia, da realizzare al posto del Tmb attualmente in uso. Secondo il progetto, quel primo ecodistretto avrebbe lavorato 250mila tonnellate l' anno di rifiuti di vario genere: organici, plastica e carta, lattine, cartone, legno, vetro, contribuendo a togliere dalla strada 300 tonnellate al giorno di rifiuti indifferenziati.
La giunta Raggi ha rispedito al mittente quel piano, contrapponendogli l' obiettivo di "rifiuti zero". Il nuovo piano non prevede nessun ulteriore impianto, ma quattro centri di compostaggio, ancora da localizzare, e punta sulla percentuale di raccolta differenziata al 70% nel 2021 attraverso il porta a porta esteso a tutta la città. «Un piano molto vago», ha bollato il documento il ministro dell' Ambiente Galletti.
2 - L' ULTIMATUM DELLA REGIONE "A ROMA MANCA UN PIANO" E DI MAIO: "COMPLOTTO"
Gio.Vi. per “la Repubblica - Edizione Roma”
Uno chiede «azioni concrete per scongiurare l' emergenza, ma non nel 2021-2022, nei prossimi 21-22 giorni». L' altra risponde piccata su Twitter: «Su rifiuti il Lazio è sottodimensionato, lo dice il governo. Nicola Zingaretti ne prenda atto e lavori: impiantistica è sua competenza». Ignorando tuttavia che spetta al Comune indicare dove e quando costruirli, alla Regione semmai solo autorizzarli.
E così mentre Roma è sommersa dalla spazzatura, con i cassonetti stracolmi e i sacchetti a marcire in strada, anche a causa degli impianti di trattamento ormai saturi, tra Regione e Campidoglio è ormai guerra aperta.
Era stato l' assessore regionale Mauro Buschini, al mattino, a dar fuoco alle polveri: «Roma Capitale adotti misure urgenti, credibili ed efficaci per evitare crisi sempre più insopportabili: i piani rivoluzionari possono essere entusiasmanti, ma la normale e ordinaria gestione quotidiana ha bisogno di scelte concrete, rapide e risolutive», aveva avvertito il titolare dell' Ambiente. Che già venerdì aveva scritto una lettera durissima alla collega Pinuccia Montanari e alla sindaca Raggi, accusandole di ritardare la chiusura del piano regionale sui rifiuti.
«Il Lazio ha 378 comuni, molti dei quali peraltro impegnati ad accettare, trattare e smaltire i rifiuti di Roma Capitale», aggiunge Buschini, annunciando per i prossimi giorni una riunione con tutti i comuni interessati. «Soltanto a Roma vi è una situazione che manifesta gravissime criticità che non si registrano in nessun altro territorio della nostra regione. È evidente che esiste un problema specifico ». Dovuto, appunto, alla strategia del M5S che ha cancellato la costruzione di nuovi impianti prevista dalla precedente giunta e si oppone all' individuazione di una discarica di servizio.
E ciò a dispetto della manifesta inadeguatezza degli stabilimenti esistenti, come dimostra il sopralluogo effettuato ieri mattina dal segretario della Fp-Cgil nel Tmb Salario, assediato dalla fila di camion impossibilitati a scaricare per mancanza di spazio e «i rifiuti ormai giunti fuori dalla struttura», che «sembra sempre più una discarica temporanea e sempre meno un impianto industriale».
Detto in altri termini: «Un inferno ». Che ammorba l' aria e rallenta la raccolta. A dispetto del negazionismo dei cinquestelle. «L' emergenza rifiuti non esiste assolutamente», ha ribadito di nuovo ieri su Fb l' assessora capitolina Pinuccia Monatanari: «Renzi, il governo e la Regione buttino giù la maschera, dicano dove vogliono fare la discarica e l' inceneritore, perché è quello che vogliono », attacca. Per poi rivendicare: «Roma non ha mai avuto un Piano per la gestione sostenibile dei materiali post- consumo. Noi in pochi mesi abbiamo approvato e stiamo attuando un piano che prevede di raggiungere il 70% di raccolta differenziata».
LUIGI DI MAIO E VIRGINIA RAGGI
Tesi rilanciata dal capogruppo Ferrara: «Zingaretti dorme e cerca di scaricare su di noi la responsabilità di 20 anni di malagestione». Ma il governatore è perentorio: «Sono mesi che facciamo i salti mortali per aiutare Roma. Certo, abbiamo denunciato e allertato l' amministrazione comunale affinché si presenti un piano che non nel 2021-22 ma nei prossimi 21-22 giorni garantisca che la città non vada in emergenza. Perché l' aiuto è fatto di indicazioni ma anche di risposte».
Con Luigi Di Maio pronto a gridare al complotto: «C' è il rischio di sabotaggio dell' azienda dei rifiuti». E il capogruppo pd Valeriani a censurare «l' immobilismo della giunta Raggi: governare significa decidere e fare».