Marco Bresolin per “La Stampa”
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La tensione sul volto di Ursula von der Leyen, le discussioni agitate nei capannelli dei commissari, Frans Timmermans che sbotta e alla fine decide di boicottare la foto ufficiale con Janez Jansa.
Tutto questo al termine di un pranzo durato quasi tre ore, durante il quale il premier sloveno e i commissari europei si sono scontrati apertamente sulla deriva autoritaria del Paese che da ieri guida il semestre di presidenza Ue.
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In una sala del centro congressi Brdo, poco fuori Lubiana, diversi commissari hanno puntato il dito contro gli attacchi di Jansa alla stampa e alla magistratura. Lui si è difeso a suo modo, attaccando.
Ha respinto le critiche, giudicandole immotivate, oltre che esagerate. E ha spiegato che il vero problema del Paese è che i giudici «sono comunisti». Quindi - tra lo stupore dei commissari - ha fatto proiettare una fotografia nella quale si vedono due giudici sloveni abbracciati ad alcune persone in maglietta rossa, tra cui due eurodeputati socialdemocratici: «Vedete, questi sono i miei nemici politici».
«Non posso stare sullo stesso palco con Jansa dopo il suo inaccettabile attacco e la sua diffamazione ai danni di due giudici e di due eurodeputati - si è sfogato Timmermans -. Ha messo in discussione la loro integrità solo perché erano nella stessa foto. L'indipendenza della magistratura e il rispetto per il ruolo degli eurodeputati sono pietre miliari dello Stato di diritto, senza il quale l'Ue non può funzionare».
Al termine dell'incontro, Ursula von der Leyen non ha nascosto gli elementi di frizione. Durante la conferenza stampa con il premier, presentando il via libera al Recovery Fund da 2,3 miliardi (di cui 1,8 in sovvenzioni), la presidente della Commissione ha promosso il piano sloveno, ma ha sottolineato più volte le questioni legate allo Stato di diritto: «Serve fiducia nel sistema giudiziario, nella libertà dei media e nella libertà d'espressione». Poi ha risposto indirettamente alla fotografia dei «giudici comunisti» dicendo che tutti hanno il diritto di avere idee politiche.
La discussione è quindi tornata sullo scontro al summit europeo della scorsa settimana, quando Jansa aveva preso le difese di Viktor Orban sulla disputa legata alla legge anti-gay.
Jansa ha usato gli stessi argomenti del governo ungherese: «I genitori hanno il diritto di scegliere come educare i propri figli». Von der Leyen gli ha risposto che «il punto non è questo, ma il rispetto delle minoranze e la lotta alle discriminazioni».
Per questo la Commissione non ha ritenuto sufficiente la risposta ricevuta ieri dal governo di Budapest e ora invierà una lettera di messa in mora, un altro passo formale verso il deferimento alla Corte di Giustizia dell'Ue.
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Per Jansa «lo Stato di diritto è la cornice della civilizzazione europea», ma l'Ue «è fatta di 27 Stati membri, con storie diverse e culture diverse». Un tema che, a suo dire, non va sottovalutato quando si parla di valori comuni: «Se qualcuno pensa che tra un paio d'anni l'Ue diventerà un posto in cui tutti la pensano allo stesso modo, è meglio che cambi idea perché la realtà è ben diversa».
Tra Lubiana e Bruxelles si è aperto un fronte legato alla nuova procura europea, visto che il premier sloveno ha bloccato la nomina dei due giudici che erano stati designati dalla magistratura.
Il commissario alla Giustizia, Didier Reynders, ha lanciato l'allarme perché così sarà più difficile indagare sull'uso di fondi Ue in Slovenia. E ha preteso una risposta ufficiale del governo. Jansa ha prima replicato dicendo che «la Slovenia è uno Stato sovrano con una sua legislazione».
Poi ha cercato di minimizzare, spiegando che verrà fatta una nuova selezione e che la nomina dei giudici arriverà entro la fine dell'autunno. Quindi è passato al contrattacco: «Noi abbiamo aderito volontariamente alla procura europea, mentre altri Paesi come la Svezia non ne fanno parte. Perché nessuno si preoccupa del rischio di frodi in Svezia?».
L'altra questione che ha fatto salire la tensione è legata ai continui attacchi ai media e al taglio dei fondi pubblici all'agenzia di stampa Sta. Rispondendo proprio a un giornalista della testata, Jansa ha sminuito la questione, dicendo che se i fondi non sono ancora arrivati è per un problema burocratico: «Mancano le fatture».
Ma von der Leyen, auspicando lo sblocco dei finanziamenti, lo ha ripreso ricordandogli che «la libertà di stampa è l'essenza di ogni democrazia e che i media hanno il diritto di criticare».