Filippo Di Giacomo per “il Venerdì di Repubblica”
Il Papa, il Vaticano, potrebbero guidare una mediazione per la soluzione della guerra russo-ucraina? Oltre a dirlo, bisogna avere i mezzi per farlo. Prima di esaltare la forza, vera o presunta, della diplomazia vaticana, i più realisti ricordano che durante il pontificato bergogliano, i diplomatici scesi in campo si sono distinti per i flop realizzati.
Anzi, le mediazioni tentate in Venezuela dall'ex nunzio, ed ex sottosegretario ai Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato vaticana Claudio Maria Celli, hanno aggravato lo stallo politico del Paese a vantaggio di un Maduro allora periclitante ed ora più saldo che mai. Secondo il pontefice, il Celli è «un diplomatico di prim' ordine»: non era stato informato dei suoi pasticci nelle trattative condotte con la Cina (che il cardinale Zen attribuisce al cardinale Parolin, ma non è questa la vera storia) e nel 1993 con la redazione di quell'«accordo fondamentale» con Israele concepito in modo così confuso da autorizzare lo Stato ebraico a considerarlo fino ad ora carta straccia.
Mentre tutti pensano e pesano la "potenze di fuoco" dei diplomatici con la tonaca per l'Ucraina (dimenticando il flop in Bielorussia sul caso dell'arcivescovo Kondrusiewicz), il nunzio in Nicaragua, il polacco Waldemar Sommertag, ha lasciato da insalutato ospite la sede di Managua.
Nel 2019, aveva partecipato a un tavolo negoziale tra l'esecutivo del presidente Ortega e l'opposizione di Alleanza civica per la giustizia e la democrazia. Il risultato è stato che lo scorso novembre il governo gli ha tolto il ruolo di "decano del corpo diplomatico", che il Congresso di Vienna del 1815 e la Convenzione sulle relazioni diplomatiche del 1961 gli attribuivano di diritto. Per il momento, sappiamo che i vescovi dell'Ucraina, di tutte le confessioni, stanno facendo miracoli. Meglio non disturbare.