Gabriele Rosana per "Il Messaggero"
L'infrastruttura tecnica è pronta: dopo le fasi di sperimentazione delle scorse settimane, da oggi gli Stati Ue che lo vorranno potranno collegarsi con la piattaforma digitale predisposta dalla Commissione europea, adesso online e operativa, per la creazione dei certificati Covid-19, il codice QR su smartphone o supporto cartaceo che attesterà se si è stati vaccinati (quando, e con quale prodotto), se si è guariti dall'infezione, oppure se è stato effettuato un tampone con esito negativo.
Ma anche in occasione del lancio di quello che doveva essere lo strumento comune per riattivare gli spostamenti in tutta Europa, ogni Paese continua a muoversi in ordine sparso.
C'è pure l'Italia tra i primi a connettersi con il Gateway europeo (il sistema che abilita alla verifica del pass), ma Roma - come anticipato dal premier Mario Draghi a margine dello scorso Consiglio europeo - aspetterà almeno metà giugno per l'emissione dei suoi primi certificati Ue.
La data di effettiva entrata in vigore del regolamento che disciplina il certificato digitale è comunque il 1° luglio, ma Bruxelles invita gli Stati che hanno già attivo un green pass nazionale a sfruttarlo per anticipare l'operatività del sistema europeo.
Secondo fonti Ue, più della metà degli Stati membri ritiene che riuscirà a emettere i certificati già a giugno, e saranno validi non solo per i cittadini europei ma anche per i viaggiatori extra-Ue, che potranno richiedere il pass una volta a destinazione.
TERRA DI NESSUNO
Ma intanto ci si ritrova in una terra di nessuno: la fuga in avanti per gli utenti diventa infatti un rompicapo (tanto che la Commissione ha messo a punto un portale dove si può simulare il viaggio che si intende compiere: https://reopen.europa.eu/it).
La Grecia, che a gennaio era stata la prima a proporre un passaporto vaccinale per salvare la stagione turistica, parte già oggi: gli italiani che nell'attesa vorranno andare a vedere il Partenone o prendere il sole a Santorini potranno farlo con un certificato di vaccinazione, con un test molecolare negativo effettuato 72 ore prima, oppure con un attestato di guarigione.
Al rientro in Italia, però, la sorpresa: non essendo ancora attivo il pass Ue, tutti, vaccinati compresi, dovranno presentare un tampone negativo molecolare o antigenico -. Insomma, anche nel giorno dell' avvio del sistema Ue ognuno fa per sé.
Da Bruxelles provano a mettere una toppa, annunciando una serie di raccomandazioni per allineare i vari sistemi nazionali.
Proposte presentate ieri dalla Commissione e discusse nel pomeriggio fra i rappresentanti dei governi: il ciclo vaccinale è da considerarsi completato dopo 14 giorni dalla seconda somministrazione (o dall'unica, nel caso del preparato di J&J); gli Stati, come fa l'Italia, potranno considerare valida anche una singola dose, ma dovranno riservare questo trattamento a tutti, cittadini e non; per i guariti farà fede il tampone con cui si è appreso di essere positivi per un termine massimo di sei mesi; mentre per la validità dei test molecolare e rapido si invitano gli Stati a uniformarsi a 72 ore nel primo caso e 48 nel secondo, e a non richiederli per i minori di sei anni.
Superata questa corsa a ostacoli, la regola generale è che non si possano imporre restrizioni ulteriori (come l'obbligo di tampone o la quarantena) a chi è in possesso del certificato Ue, ma in base alla situazione epidemiologica che seguirà l'andamento a colori, dal verde al rosso scuro - gli Stati potranno prevedere (e comunicare) ulteriori deroghe.
Intanto a Roma gli hotel denunciano la cancellazione della metà delle prenotazioni dall'estero per le difficoltà a fare i tamponi al rientro. «Se il green pass fosse già funzionante - spiega Roberto Necci di Federalberghi - avremo avuto un aumento delle camere occupate non del +10, ma del +20%».