giuseppe conte e mattarella all'inaugurazione della nuova sede dell'intelligence 1
Ugo Magri per “la Stampa”
L' unica vera incrollabile certezza è che il premier stasera salirà al Quirinale. Il presidente della Repubblica sarà lì ad attenderlo, e dalle notizie che rimbalzano lassù non pare ci siano dubbi sulle intenzioni di Giuseppe Conte: verrà a dimettersi, determinato com' è a concludere il suo mandato nel segno della trasparenza e della dignità. Per cui sul Colle sono già mentalmente proiettati alle consultazioni che, con tutta probabilità, cominceranno già domani.
sergio mattarella luigi di maio
Dopodiché in politica tutto è possibile, e dunque nessuno si sente di escludere che la giornata odierna possa riservare qualche colpo di scena stupefacente. Ad esempio, una clamorosa riappacificazione tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini nonostante tutte le bordate che quei due si sono scambiati in questi giorni; potrebbe sembrare assurdo eppure, nel gioco delle reciproche convenienze, l'embrassons-nous non può essere mai scartato a priori. Sotto sotto, c' è chi lavora per riannodare i fili tra M5S e Lega.
SE PASSA IL TAGLIO
Altra bizzarra ipotesi che circola in queste ore: il premier sale al Colle e chiede al capo dello Stato di ritardare le proprie dimissioni quanto basta per votare, dopodomani alla Camera, il taglio dei parlamentari. Non risulta affatto che questa sia l' intenzione di Conte; tuttavia nei suoi confronti è in atto un pressing pentastellato di cui al Quirinale è giunta eco. Come si regolerebbe Sergio Mattarella in quel caso?
Concederebbe una dilazione se il premier gliela chiedesse? La risposta è sì, il presidente non avrebbe obiezioni perché nulla obbliga Conte a dimettersi, tantomeno a gettare la spugna domani stesso. Però Mattarella ha già chiarito in tutte le salse che cosa accadrebbe se venisse approvata la riforma Fraccaro: si metterebbe in moto una procedura costituzionale di molti mesi (3 per consentire un eventuale richiesta di referendum, 2 per poterlo tenere, altri 2 per adattare il sistema elettorale) durante i quali sarebbe impossibile tornare alle urne.
O meglio: nessuna norma lo vieterebbe; tuttavia un voto anticipato avrebbe l'effetto di mantenere i quasi 1000 parlamentari attuali, rinviando il taglio di 5 anni. Mattarella, per come è fatto, non lo permetterebbe mai. Dunque, in caso di voto alla Camera sulla riforma, chi si esprimesse a favore sarebbe consapevole delle conseguenze e non potrebbe chiedere di tornare alle urne prima che si fosse concluso l'iter. Pare che lo stesso Salvini se ne sia reso conto, e non insista a volere l'una e l'altra cosa insieme.
IL VOTO INCOMBE
Ultima falsa pista messa in giro chissà da chi: quella di un governo istituzionale che Mattarella sarebbe pronto a formare qualora i partiti non fossero in grado. Sul Colle l' ipotesi viene bocciata senza pietà perché, segnalano, non siamo ancora una repubblica presidenziale dove il capo dello Stato fa ciò che più gli aggrada.
CONTE SALVINI DI MAIO MOAVERO MATTARELLA
Ogni indicazione dovrà pervenire dalle forze politiche, alla luce del sole, durante le consultazioni. Ciò vale pure per un eventuale patto tra M5S e Pd. L' unico governo istituzionale considerato possibile è solo quello tecnico e di garanzia che porterebbe l' Italia alle urne, qualora ogni tentativo di formare un governo si concludesse in un fiasco. Già, perché la probabilità di nuove elezioni permane elevata. E chi pensa che Mattarella farebbe qualunque cosa pur di evitarle, è fuori strada.