Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
La «variante di Bolton» potrebbe dare una scossa al processo contro Donald Trump che è ripreso ieri al Senato. Nel suo libro di memorie ( The Room where it happened: a White House Memoir ), in uscita il 17 marzo prossimo, l' ex consigliere per la sicurezza nazionale conferma l' accusa principale alla base dell' impeachment.
Il New York Times ha pubblicato domenica sera il contenuto dell' estratto che riguarda il caso Ucraina. Bolton racconta che nell' agosto del 2019 ne parlò con Trump. Il presidente gli disse che avrebbe bloccato gli aiuti militari per 391 milioni di dollari già promessi a Kiev, fino a quando il neoleader ucraino, Volodymyr Zelensky non avesse riaperto un' indagine per corruzione a carico del figlio di Joe Biden, uno dei più quotati pretendenti democratici alla Casa Bianca.
La versione di Bolton chiama in causa anche il ruolo del segretario di Stato Mike Pompeo, che si sarebbe prima lamentato per l' anomalo attivismo di Rudy Giuliani, ma poi avrebbe di fatto avallato le manovre messe in campo dall' ex sindaco di New York per rimuovere l' ex ambasciatrice americana Maria Yovanovitch.
È una traccia che era già emersa nel corso delle audizioni di diversi testimoni davanti alla Commissione Intelligence della Camera. In particolare la consigliera Fiona Hill aveva rivelato come Bolton, all' epoca suo diretto superiore, le avesse ordinato di andare subito a consultare l' ufficio legale perché non voleva avere nulla a che fare con l' operazione «Ucraina-Biden»: «un traffico di droga».
L' articolo del New York Times ha riacceso le speranze dei democratici, ormai rassegnati a subire l' agenda del numero uno dei senatori repubblicani, Mitch McConnell.
Niente testimoni, niente documenti, chiusura del processo, con l' assoluzione di Trump, al più tardi lunedì 3 febbraio. Adesso, però, le cose potrebbero cambiare, stando a quello che ha dichiarato il senatore Mitt Romney, finora l' unico conservatore disponibile a convocare Bolton: «Ho l' impressione che non sarò più solo».
Trump aveva cercato di bloccare lo slittamento con un tweet domenica a mezzanotte: «Non ho mai detto a John Bolton che gli aiuti all' Ucraina fossero collegati alle indagini sui democratici, compresi i Biden. E infatti Bolton non se n' è mai lamentato nel momento del suo licenziamento (10 settembre 2019 ndr )...Vuole solo vendere un libro...».
Lo stesso McConnell avrebbe chiesto chiarimenti ai consiglieri dello Studio Ovale. Il leader dei repubblicani si trova nella scomoda posizione di non scostarsi dalla linea difensiva fissata dai legali della Casa Bianca e nello stesso tempo tenere d' occhio il pallottoliere. Bastano quattro conservatori per ribaltare gli equilibri e aprire la strada a nuove audizioni. L' attenzione è puntata su cinque senatori repubblicani, più o meno moderati: Susan Collins, del Maine; Martha McSally, Arizona; Cory Gardner, Colorado; Joni Ernst, Iowa e Thom Tillis, North Carolina. Ma persino il senatore Lindsay Graham, compagno di golf del presidente, non esclude nulla: «Voglio vedere il manoscritto di Bolton e poi prenderò una decisione».
Nel frattempo la procedura in Senato va avanti. Nel pomeriggio ha preso la parola Kenneth Starr, l' ex super procuratore che condusse l' impeachment di Bill Clinton e ora fa parte del dream team ingaggiato da Trump. Starr ha sviluppato una lunga analisi storico-giuridica per dimostrare che in questo caso non ci sono le basi costituzionali per mettere sotto accusa il presidente. Una tesi sostenuta anche dall' altro big della squadra, Alan Dershowitz, un tempo l' avvocato di O.J. Simpson.