Estratto dell’articolo di Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
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[…] Joe Biden, dominatore delle primarie democratiche, ha ribadito con fermezza che non farà passi indietro, sul ring rimangono solo loro: i due grandi vecchi della politica americana impegnati in un remake della sfida del 2020, ma a parti invertite. Il leader democratico è al governo, quello repubblicano all’opposizione. Non è irrilevante, in un Paese che da vent’anni si sente in declino e tende a darne la colpa ai suoi amministratori.
E se quattro anni fa Trump pagò anche una gestione dell’epidemia da coronavirus controversa, ideologica, stavolta Biden, dato perdente da molti sondaggi d’opinione, ha dovuto prendere atto che i buoni risultati dell’economia (forte crescita del Pil, disoccupazione ai minimi, prezzi di nuovo sotto controllo) non fanno crescere la sua popolarità.
donald trump vs joe biden primo dibattito tv
E allora il vecchio combattente democratico cambia strategia: considerato da molti, anche a sinistra, troppo debole e confuso, decide che è venuta l’ora di picchiare duro, provando addirittura a far saltare i nervi a Donald Trump. Joe cercherà lo scontro brutale, quasi fisico, col suo avversario. È quello che trapela dal suo team elettorale, ma è anche quello che già si vede nei suoi atteggiamenti pubblici.
Del resto era già successo in passato, quando Biden disse che, se si fossero incontrati ai tempi del liceo, lui e Donald sarebbero finiti a fare a botte nel cortile dietro la palestra.
Per una volta Trump si era detto d’accordo. Aggiungendo subito di avere un fisico molto più prestante di quello di Biden.
[…] Biden ha il vantaggio di una campagna ben finanziata mentre Trump fatica a trovare donatori, e può continuare a contare sull’appoggio del grosso degli afroamericani. E ha riconquistato, sia pure con affanno, il sostegno dei sindacati. Ma deve fronteggiare anche pesanti handicap: in primo luogo quelli personali legati alla mancanza di carisma e una fragilità fisica che, secondo i suoi assistenti, è più apparente che reale. Ma in politica l’immagine è decisiva.
E poi ci sono le difficoltà politiche: quelle legate alla sua vice, Kamala Harris, che non piace nemmeno ai fedelissimi di Biden, e quelle di un partito che deve tenere sotto la sua tenda istanze assai diverse. La guerra di Gaza è il caso più grave: benché sempre più limitato e recalcitrante, il sostegno dato a Israele sta costando a Biden l’appoggio di molti giovani e degli elettori di origine araba, forse decisivi in Michigan, uno Stato-chiave.
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