Marco Imarisio per il "Corriere della Sera"
E poi siamo arrivati al casino organizzato. «Manca solo Alì Babà», «La vostra trasparenza è come l’acqua dell’Oselin», che sarebbe un fiume molto inquinato di Mestre. Erano una quindicina, armati di manifesti e cartelli dai quali risultava una certa fantasia negli slogan e altrettanta aggressività. I soliti noti veneziani, motoscafisti abusivi, reduci dalle breve stagione dei Forconi, scissionisti della Lega Nord, presenze abituali delle proteste contro i campi rom.
Le loro telegeniche urla hanno coperto il vuoto pneumatico e l’indifferenza che gravava sul primo consiglio comunale veneziano dopo l’arresto del sindaco Giorgio Orsoni. «Mai vista così poca gente» diceva sconsolato Beppe Caccia dei Verdi, prima di scambiarsi qualche manata con i contestatori. «Voi dove eravate quando abbiamo fatto le battaglie contro il Mose? Dove eravate quando c’era il vostro Galan?». I solerti vigili urbani hanno evitato scontri ancora più ravvicinati.
L’episodio vale soltanto come indicatore dell’attuale precarietà del governo cittadino, con sindaco ai domiciliari e conseguente paralisi istituzionale, poca responsabilità nei fatti di questi giorni a causa dei suoi scarsi poteri, ma pur sempre un simbolo sul quale lanciare strali e rancori assortiti, tanto più oggi che risulta debole come non mai.A Ca’ Farsetti, storica sede della giunta cittadina, va in scena la rappresentazione posticcia di una indignazione che non c’è nei fatti. Le partite che contano, quelle vere, si giocano altrove.
Giorgio Orsoni è entrato in procura alle undici del mattino, per uscirne solo tre ore dopo, proprio quando stava per cominciare la finta rissa nel suo ormai ex consiglio comunale. La versione più accreditata di questo suo nuovo interrogatorio parla di un incontro di natura quasi «istituzionale», con l’inoltro della richiesta di «poter gestire la misura con gli impegni d’ufficio», ovvero il permesso di poter incontrare vicesindaco e assessori per mandare avanti almeno l’ordinaria amministrazione della città. Ma c’è dell’altro.
L’ormai ex sindaco considera chiusa la sua esperienza politica. Quel che gli interessa è soltanto un rapido ritorno alla rispettabilità, camminare a testa alta per poter ricominciare il suo lavoro di amministrativista. Orsoni è furioso con il Pd veneziano, non solo perché a suo parere non gli avrebbe concesso neppure il beneficio del dubbio.
Germano Celant_Patrizio Bertelli_Miuccia Prada_Giorgio Orsoni
All’origine delle sue disgrazie, un finanziamento illecito da 450 mila euro, ci potrebbe essere qualcuno che sa ma non dice. L’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati racconta di otto diversi incontri mirati a determinate l’importo e le modalità di versamento di un contributo alla sua campagna elettorale.
L’imprenditore sostiene di aver consegnato i soldi «in nero» a Ferdinando Sutto, ex socialista, nei fatti il suo ufficiale pagatore, che gli avrebbe dati a un’altra imprecisata persona incaricata di girarli al futuro sindaco, il quale sostiene di non averli mai ricevuti.
Ammesso e non concesso che Orsoni e Sutto dicano entrambi la verità, l’unica alternativa possibile è quella di un emissario infedele. Il problema, secondo la sua difesa, non è quel che ha ricevuto lui, ma qualcun altro a suo nome. Ieri in consiglio comunale si scommetteva su un pesante intervento pubblico di Orsoni nei confronti del Pd, se e quando tornerà a piede libero.
Gli umori sono questi, tendenti alla cupezza, in un clima di sospetti e paure. Difficile che il sereno venga dalle prime, parziali ammissioni di indagati o arrestati, in una inchiesta che sembra più si configura a cerchi concentrici.
Ieri Patrizio Cuccioletta, ex presidente del Magistrato alle Acque, accusato di aver incassato dal Consorzio uno stipendio annuale da quattrocentomila euro e vacanze pagate in cambio di limitati controlli sull’attività del concessionario unico del Mose, ha riconosciuto di aver ricevuto «qualcosa».
Ma ha aggiunto di averle sempre considerato quegli omaggi come «piccole regalie» che mai avrebbero interferito con il suo lavoro. Giancarlo Galan ha invece fatto sapere di essere pronto a rilasciare dichiarazioni spontanee davanti ai giudici. L’appuntamento potrebbe essere per giovedì.
Ieri il consiglio comunale ha votato un ordine del giorno nel quale si chiede al governo una Commissione d’inchiesta sulle attività del Consorzio Venezia Nuova, il suo scioglimento, il superamento del regime di concessione unica e l’abolizione della figura del Magistrato alle Acque. Ripartire da zero. Forse è l’unico modo per ritrovare l’onore perduto di una città.
CANTIERE DEL MOSE CONSORZIO VENEZIA NUOVA