Estratto dell'articolo di Giuliano Foschini per “La Repubblica”
ignazio la russa rosanna natoli
Quando il caso della consigliera del Csm Rosanna Natoli, indagata per abuso di ufficio dalla procura di Roma e ancora salda alla sua poltrona a Palazzo dei Marescialli, è arrivato sul tavolo dello staff giuridico del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nessuno al Quirinale ha gridato alla sorpresa.
E non perché ci fosse qualche preoccupazione sulla componente del Consiglio o fosse arrivato qualche spiffero, ma perché nei discorsi che si erano fatti nei mesi precedenti più volte si era evocato un caso di questo genere: che fare quando ci saranno indagini delicate per abuso di ufficio e per il traffico di influenze? Come ci comporteremo di fronte a situazioni gravi che riguardano chi ricopre ruoli delicati, che rischiano di rimanere impunite? [...]
E così: la procura di Roma dovrà sbianchettare la parte sull’abuso di ufficio a carico della Natoli, indagata per rivelazione del segreto del Csm, membro della commissione disciplinare, che ha incontrato riservatamente una magistrata sotto procedimento. Rivelandole, tra l’altro, alcuni segreti della camera di consiglio. La Natoli è stata registrata, il file è depositato al Csm e in Procura ma lei – amica del presidente del Senato Ignazio La Russa e nominata in quota Fratelli d’Italia – ritiene di non doversi dimettere.
Forte anche del fatto che il reato per cui la procura di Roma la indaga da oggi, grazie ai suoi amici al governo, non c’è più. E restando in tema di magistrati “di area” sarà molto felice anche Luca Palamara, l’ormai ex magistrato travolto dalle indagini della procura di Perugia: l’ex pm ha patteggiato due condanne per traffico di influenze a un anno e quattro mesi. Ora, con la nuova formulazione del reato, che potrebbe escludere le sue condotte (tra le altre cose ora l’utilità data al “facilitatore” dovrà essere economica), potrebbe chiedere la cancellazione della macchia dalla fedina penale con effetto retroattivo.
Non sarà il solo: lo stesso potrebbe fare anche Gianni Alemanno, che quando era sindaco di Roma è stato condannato a 22 mesi per avere in qualche modo favorito le cooperative di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati. Reato? Traffico di influenze, ovviamente. Sbagliava quindi, Italo Bocchino, ex parlamentare finiano al melonismo.
Rosanna Natoli e Ignazio La Russa
Con questa legge, aveva detto, «non saranno felici i sindaci del Pd». Ma anche i suoi amici della destra. E un poco anche lui: può considerare definitivamente chiusa una storia nella quale era già venuto fuori assolutamente pulito. Processato per traffico di influenze nella vicenda Consip era stato assolto “perché il fatto non sussiste”. Si è in attesa delle motivazioni, in astratto la Procura avrebbe potuto presentare appello.
Ma certamente non lo farà: il reato non esiste più.
GIANNI ALEMANNO SINDACO DI ROMA luca palamara e matteo salvini foto di bacco gianni alemanno presenta il partito indipendenza federico palmaroli luca palamara