LA PANDEMIA HA FATTO RESUSCITARE IL BANANA - SE SI VOTASSE OGGI, IL CENTRODESTRA NON POTREBBE FARE A MENO DI BERLUSCONI. MENTRE POCHI MESI FA SALVINI E LA MELONI (CHE NEL FRATTEMPO HA SUPERATO I 5 STELLE) AVREBBERO POTUTO CONQUISTARE DA SOLI LA MAGGIORANZA, CON UN PROPORZIONALE CON SBARRAMENTO AL 5%, ADESSO SERVE DI NUOVO L'EUROPEISTA SILVIO…

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Cesare Zapperi per il ''Corriere della Sera''

SALVINI BERLUSCONI MELONI SALVINI BERLUSCONI MELONI

 

Quattro mesi fa, quando la pandemia sembrava solo un incubo remoto, Lega e Fratelli d’Italia avrebbero potuto conquistare da sole, senza l’alleata Forza Italia, la maggioranza assoluta della Camera (nell’ipotesi di adozione del sistema elettorale Germanicum, proporzionale con sbarramento al 5 per cento): 205 seggi sui 400 rimasti dopo il taglio dei parlamentari. Oggi, il riequilibrio dei rapporti di forza tra i partiti provocato dalla strategia adottata durante l’emergenza Covid 19, Silvio Berlusconi è diventato determinante: senza i 33 seggi degli azzurri, i 186 di Lega-FdI non basterebbero. E ciò è tanto più rilevante, politicamente, alla luce della linea tenuta in queste settimane dal leader azzurro, più dialogante con il governo rispetto agli alleati di centrodestra.

 

Il confronto nasce da due simulazioni elaborate dall’Istituto Ipsos di Nando Pagnoncelli sulla base delle intenzioni di voto raccolte a fine gennaio (pubblicate il 4 febbraio) e a fine maggio. E sono applicate, va precisato, a un sistema elettorale che nei mesi scorsi veniva considerato una possibile soluzione ma che non è detto sarà davvero quello con cui si esprimeranno gli italiani quando torneranno al voto. Ciò detto, è interessante leggere i dati e studiare come è cambiato lo scenario politico dopo il passaggio del ciclone Covid 19.

 

BERLUSCONI SALVINI MELONI CON MATTARELLA BERLUSCONI SALVINI MELONI CON MATTARELLA

Il cambiamento più rilevante da febbraio a oggi riguarda il calo che accusa in termini complessivi il centrodestra che passa da una possibile maggioranza di 234 seggi a una di 219. La differenza ha una spiegazione se si vanno a confrontare le intenzioni di voto rilevate da Ipsos: la Lega di Matteo Salvini è passata dal 32 al 24,3 per cento. In termini di seggi potenziali da 149 a 112. Un crollo che non è compensato dalla crescita fatta registrare nel medesimo arco di tempo da Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni è salito al 16,2 per cento, oltre 4 punti in più rispetto a febbraio (a una incollatura ormai dal M5S, attestato al 16,7 per cento). Tradotto in seggi alla Camera, significa passare da 56 a 74 deputati.

 

Fra chi sale e chi scende, c’è Forza Italia che rimane stabile: passa dal 6,5 al 7,4 per cento, cioè da 29 a 33 seggi. Ma l’aver conservato le posizioni per gli azzurri di Berlusconi si rivela strategico alla luce delle performance degli alleati. Perché, tanti o pochi che siano in termini assoluti, quei 33 deputati sono giusto quelli che servono al centrodestra per raggiungere la maggioranza assoluta. Quindi, sono fondamentali.

 

Addirittura, ma è solo un’ipotesi che al momento non pare realistica perché Berlusconi ha detto più volte che non farebbe mai alcun accordo con i 5 Stelle (mentre con il Pd c’è stato il Patto del Nazareno), potrebbero rivelarsi determinanti per consentire all’altro fronte di superare la fatidica soglia del 50 per cento più uno. Sul piano numerico, la possibilità esiste. Nella simulazione di Ipsos, infatti, al Pd sono accreditati 100 seggi (erano 96 a febbraio), mentre al M5S 76 (erano 65). Italia viva di Matteo Renzi non va al di là del diritto di tribuna e conferma 3 seggi, mentre rimane esclusa la sinistra (Leu), oggi al governo con il ministro della Salute Roberto Speranza. Stessa sorte per Azione di Carlo Calenda. In tutto, centrosinistra e 5 Stelle possono contare su 179 seggi.

SALVINI MELONI BERLUSCONI SALVINI MELONI BERLUSCONI

 

Da soli non bastano, ma provate a pensare quanto fanno gola i 33 deputati di Forza Italia. Fantapolitica, ovviamente. Ma d’altra parte, all’indomani delle elezioni del 2018 chi avrebbe mai puntato un centesimo su un accordo Lega-M5S? E l’anno dopo sull’intesa Pd-5 Stelle? Mai dire mai, insomma. Senza dimenticare che dall’ultima rilevazione emerge una quota di indecisi superiore al 43 per cento. Quando gli equilibri tra i partiti sono così sottili, basta poco per modificare, anche radicalmente, il quadro potenziale di oggi.

 

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