PANTANO CDP - RENZI HA LICENZIATO IL CDA DELLA CASSA A ‘’PORTA A PORTA’’, MA IL BLIZ HA CONSEGUENZE PERICOLOSE - LE FONDAZIONI FARANNO MURO SULLA NOMINA DEL PRESIDENTE: PER CEDERE LA POLTRONA AL TESORO, PRETENDONO UNA CONTROPARTITA FINANZIARIA (SOLDI FRESCHI O SCONTI FISCALI) CHE VUOL DIRE DENARO DEL CONTRIBUENTE

L'Ad in carica Gorno Tempini farà causa e se avrà ragione il premier rischia la condanna della Corte dei Conti per danno erariale (perché nel frattempo pagherà lo stipendio di un altro top manager) - In pole position gallia di bnl ma è rinviato a giudizio a trani sui derivati…

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andrea guerra matteo renzi leopolda andrea guerra matteo renzi leopolda

Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"

 

Matteo Renzi va allo scontro sulla Cassa depositi e prestiti. Un doppio scontro. Determinato dal licenziamento in tv del cda dell’intero consiglio di amministrazione di Cdp. Con l’annuncio di ieri «Porta a porta», il premier è uscito allo scoperto, ammettendo, nei fatti, di voler occupare la spa di via Goito. Renzi ha spiegato che la Cassa deve cambiar pelle e, quindi, per «motivi tecnici» deve «per forza nominare cinque persone nuove e questo porta a far cadere l’intero cda».

GALLIA E GUERRA GALLIA E GUERRA

 

In realtà di tecnico (e fin troppo smaccato) c’è solo l’escamotage architettato per far fuori in un colpo solo il presidente, Franco Bassanini, e soprattutto l’amministratore delegato, Giovanni Gorno Tempini. Ieri erano attese le dimissioni di entrambi, ma le previsioni si sono rivelate sbagliate e il presidente del consiglio, in serata, ha deciso di mandare tutti a casa.

 

Il blitz di Renzi, tuttavia, apre scenari imprevedibili. La questione è complessa. Sia per la poltrona occupata da Bassanini sia per la carica oggi ricoperta da Gorno Tempini. Nel primo caso, la nomina spetta per statuto alle 64 Fondazioni bancarie che si dividono il 18% della Cdp (il Tesoro controlla l’80,4%). E le ex casse di risparmio non si faranno mettere in disparte gratis: pretendono una contropartita.

BASSANINI BASSANINI

 

I dettagli saranno affinati domani e dopodomani a Lucca, in occasione dell’assemblea Acri, la lobby delle Fondazioni bancarie presieduta da Giuseppe Guzzetti. Il quale gestirà il negoziato con Palazzo Chigi. Due le alternative. Una prevede la liquidazione della quota in mano alle Fondazioni (tutta o una parte), l’altra uno sconto fiscale sugli stessi enti creditizi che negli ultimi anni hanno visto salire progressivamente il prelievo tributario da 100 milioni l’anno a oltre 450 milioni.

 

Il braccio di ferro con Guzzetti è un inatteso fuori programma per Renzi, l’ennesima spia di una fase travagliata per il suo esecutivo. Sta di fatto che l’ex sindaco di Firenze vuole a tutti i costi allungare le mani sui 250 miliardi di euro gestiti dalla Cdp. Una potenza di fuoco tale da permettere al governo di non dover dipendere da nessun Fondo Americano o estero per realizzare i suoi obiettivi di politica industriale. Soldi pubblici che fanno gola a chi vuole potere, ma che corre il rischio di creare un carrozzone in stile Iri. Oggi la Cassa può investire solo in società che siano in utile da almeno due anni. Le cose cambiano se, come per il fondo di turnaround al quale Cdp ha deciso di partecipare ieri con una fiche di un miliardo, l’investimento è garantito dallo Stato. 

PADOAN VISCO GUZZETTI PATUELLI PADOAN VISCO GUZZETTI PATUELLI

 

Denaro dei contribuenti servirà di sicuro per gestire il negoziato con le Fondazioni: sia nel caso di uno sgravio fiscale sui bilanci sia nell’ipotesi di pagamento delle azioni, il saldo sui conti dello Stato non sarà pari a «zero». E non è tutto: sorprese amare, per Renzi, potrebbero arrivare dal licenziamento di Gorno Tempini. L’amministratore delegato in carica ha fatto resistenza alle pressioni del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che negli ultimi giorni lo aveva invitato a dimettersi. Il manager, però, ritiene di aver fatto un buon lavoro e adesso non ci sta a uscire di scena perdendo un anno di stipendio. Il mandato dell’intero cda, in effetti, scade fra un anno e la fretta di Renzi potrebbe avere conseguenze pesanti.

GIOVANNI BAZOLI E GIUSEPPE GUZZETTI GIOVANNI BAZOLI E GIUSEPPE GUZZETTI

 

Fonti ben informate assicurano che Gorno Tempini farà causa al Tesoro, convinto che vincerà a mani basse la vertenza. In caso di sconfitta, il governo (Padoan e Renzi) potrebbero finire in un fascicolo della Corte dei conti per danno erariale. E la ragione è semplice: se il licenziamento di Gorno Tempini si rivelerà non adeguatamente motivato, scatterà il risarcimento. In buona sostanza, gli verrà pagato il compenso, mentre un nuovo amministratore delegato (quello scelto dall’esecutivo) sarà contemporaneamente a libro paga: un doppio pagamento che creerebbe, appunto, un danno per le finanze pubbliche.

 

Giovanni Gorno Tempini Vittorio Grilli Alessia Ferruccio Giovanni Gorno Tempini Vittorio Grilli Alessia Ferruccio

Dietro le quinte si muove Andrea Guerra, l’ex ad di Luxottica da alcuni mesi consigliere economico del premier. Guerra ha disegnato un nuovo ruolo per la Cassa fatto di più investimenti diretti nell’economia reale. Un piano rivoluzionario che prevede, appunto, il cambio al vertice: in pole position come presidente c’è Claudio Costamagna, banchiere e consulente, considerato vicino a Romano Prodi. Per la poltrona di ad, il candidato numero uno è Fabio Gallia, oggi alla Bnl Bnp Paribas. Su Gallia, però, pende il rinvio a giudizio per l’inchiesta di Trani su presunte truffe attraverso i derivati.

FRANCESCO MICHELI FRANCESCA COLOMBO CLAUDIO COSTAMAGNA INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO FRANCESCO MICHELI FRANCESCA COLOMBO CLAUDIO COSTAMAGNA INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO

 

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