1.TROPPA PASSIONE PER IL CREDITO
Andrea Greco per la Repubblica
C'è un feeling speciale tra Maria Elena Boschi e le banche. La 36enne toscana, malgrado gli inizi da avvocato, l' ascesa a ministra (Riforme, non Tesoro) e l' arrocco a sottosegretaria, coltiva sempre la passione per il credito. Forse è di famiglia, dato che il padre Pier Luigi e il fratello Emanuele ebbero ruoli apicali nell' ex Popolare Etruria, saltata nel 2015 con salasso da 5 miliardi a banche e risparmiatori. Per evitare il crac Boschi chiese aiuto all' ad di Unicredit Ghizzoni: invano.
«Bugie!», ha detto lei promettendo querele. Da allora si prodiga per evitare schizzi e regolare conti. Nel 2016 il suo Pd ha "punito" Unicredit in cerca di aiuti sui crediti fiscali. Nel 2017, orfana di Renzi, ha sottratto alla Commissione d' inchiesta le Popolari. Ora toglie la manleva agli amministratori delle Venete (e il governo ha pure cassato l' emendamento per interdire da incarichi i banchieri liquidati, come papà Boschi). Occuparsi d' altro, no?
2.E LA MANINA DELLA BOSCHI AFFONDA TUTTI I BANCHIERI
Andrea Greco per la Repubblica
La mano di Maria Elena Boschi torna in azione per plasmare il decreto legge del 25 giugno che ha salvato al volo Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Un decreto oggi al voto di fiducia definitivo della Camera di fatto invariato malgrado le proteste della sinistra e dei Cinquestelle.
Non c' è solo la scarsa attenzione ai titolari di bond subordinati delle banche venete, che non potranno ampliare la platea dei rimborsi, perché la data limite rimarrà il 12 giugno 2014 (non l' 1 febbraio 2016 come proposto dal relatore Pd Giovanni Sanga).
Nella penna resta anche la richiesta di manleva - uno scarico delle responsabilità legali per future azioni di responsabilità - per amministratori e sindaci dei due istituti: uno stuolo di avvocati, finanzieri e imprenditori come Gianni Mion, Fabrizio Viola, Rosalba Casiraghi, Alberto Pera, Salvatore Bragantini, Luigi Bianchi, Massimo Ferrari, ingaggiati nel 2016 dal socio Atlante, e a giugno scaricati dopo un anno vissuto pericolosamente nel tentativo - non riuscito - di fondere le banche venete e tenerle autonome sotto un' insegna nuova.
Secondo ricostruzioni confermare da tre fonti nelle ultime ore della trattativa con cui le due banche venete hanno siglato la resa, era stato predisposto un patto di manleva, che salvaguardasse gli amministratori di Vicenza e Montebelluna, «salvo dolo o colpa grave» per le delibere tra il 17 febbraio 2017, quando gli istituti chiesero accesso alla "ricapitalizzazione precauzionale" di Stato, e il 23 giugno, data della liquidazione coatta. Una cautela che sia il ministro del Tesoro sia il presidente del Consiglio erano disposti a concedere in luce di due considerazioni.
La prima, che non erano certo i neo amministratori convinti dal capo di Atlante Alessandro Penati i colpevoli dei buchi miliardari formati nei bilanci durante le gestioni di Gianni Zonin e Vincenzo Consoli. Secondo, che proprio la soluzione dell' aumento statale, inseguita per quattro mesi d' intesa con Roma, Bruxelles e Francoforte, ha fatto lavorare i due cda nel presupposto della continuità aziendale, mancata improvvisamente un mese fa. Più che il rischio di strascichi legali, resta in molti uscenti l' amarezza per un gesto di poco riguardo dettato dalla convenienza politica.
Sembra infatti che il veto alla manleva lo abbia posto la sottosegretaria alla Presidenza Maria Elena Boschi, timorosa che fosse strumentalizzato come un favore ai banchieri nella campagna elettorale delle prossime elezioni. Nemmeno il tentativo, tramite i capigruppo, di inserire la manleva in Aula è riuscito: l' assist era venuto da un emendamento di Pier Luigi Bersani (Mdp), ma l' ostruzionismo dei Cinquestelle, che in una settimana ha permesso di votare solo due articoli, ha indotto il governo a lasciare il testo intatto.
Si teme di mettere in discussione, con il decreto, anche la stabilità bancaria nel Paese, da giorni in recupero. Così il testo dovrebbe passare al voto del Senato settimana prossima, senza le migliori tutele per obbligazionisti e amministratori uscenti; soprattutto senza una discussione politica, come posto dal compratore Intesa Sanpaolo tra le condizioni risolutive.
3.L'ESECUTIVO "RISPARMIA" PAPÀ BOSCHI - VIA L'EMENDAMENTO CONTRO GLI EX AMMINISTRATORI
Diana Alfieri per il Giornale
Manina delicata o manona ruvida che fosse, impugnava una falce. Quella che ha tagliato dal decreto legge sulle banche un emendamento-bomba.
Un codicillo avanzato dall'ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, e i compagni Davide Zoggia e Michele Ragosta in commissione Finanze e, alla fine, fatto proprio dal relatore piddino Giovanni Sanga. Ma non sopravvissuto nel passaggio tra commissione e aula.
L'emendamento avrebbe potuto far pagare caro agli ex amministratori di banche in liquidazione la mancata azione risarcitoria nei confronti dei clienti.
Guarda caso, quel che è avvenuto alla Popolare dell'Etruria, finita in liquidazione coatta amministrativa nel novembre 2015, dopo che Bankitalia era intervenuta una prima volta multando i vertici. Il 17 marzo 2016 è stato invece il commissario liquidatore di Etruria a intimare ai 37 ex amministratori - tra i quali naturalmente Pier Luigi Boschi, papà della sottosegretaria alla Presidenza - di risarcire entro un mese i danni per un ammontare di 300 milioni, pena l'avvio di un'azione di responsabilità ai sensi dell'articolo 2394-bis del codice civile. Cosa poi accaduta, con la regolare richiesta presentata a Bankitalia.
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Ma quel che è successo invece a Montecitorio ha più a che fare con la tenuta del governo e le pressioni che sono state esercitate per impedire che il testo rivisto in commissione Finanze, con molte delle proposte accolte dal relatore in un articolo unico, potessero essere alla fine approvate. Come alcune norme a favore degli ex azionisti e l'ampliamento dei criteri per il rimborso agli obbligazionisti subordinati delle banche venete (invece «azzerati» dal decreto di salvataggio del governo).
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Tra le modifiche accolte da Sanga, anche l'emendamento presentato il 4 luglio scorso dall'ex leader Bersani all'articolo 6, secondo comma. Il quale recitava, come si legge negli atti depositati alla Camera: «Ove i commissari liquidatori esercitino l'azione di responsabilità ai sensi dell'articolo 2394-bis del codice civile, il giudice, se accoglie la domanda nei confronti degli amministratori delle Banche, condanna sempre questi ultimi all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, all'interdizione perpetua dall'esercizio delle professioni, dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese e l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione».
In pratica, guai grossi che si sarebbero addensati sulla testa di papà Boschi, fino all'interdizione perpetua. Fortuna ha voluto che la preziosa figliola sia sempre vigile, e capace di far valere il suo punto di vista in ogni occasione che conta.
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