Francesco Prisco per www.ilsole24ore.com
Papabili candidati per la poltrona di segretario del nascituro nuovo Pd ne abbiamo? Certo che sì: «Io ci sarò. Anche alle primarie, non escludo nulla», dice Nicola Zingaretti, appena confermato governatore della regione Lazio da una tornata elettorale che lo ha visto imporsi di misura su Centrodestra e grillini con il 32,9% dei voti. E poi, parlando a Repubblica, ammette:
«Sono il fratello di un attore amatissimo che mi ha sempre aiutato in ogni campagna elettorale. Noi Zingaretti offriamo un’idea di famiglia molto unita e molto italiana. Non credo che dipenda dal momento in cui Luca va in onda, ma certo è vero che siamo percepiti come “gli Zingaretti”, uniti come una canzone: uno è la musica e l’altro le parole».
Il riferimento è ovvviamente al fratello che interpreta il ruolo del commissario Montalbano nella fiction Rai da 11,3 milioni di telespettatori e 45,1% di share, roba degna delle partite della Nazionale italiana di calcio quando era la Nazionale italiana di calcio. E se un fratello, così bravo a dare un volto ai gialli mediterranei di Andrea Camilleri, combatte così bene i cattivi sotto il sole della Sicilia, volete che l’altro sotto il sole di Roma non riesca ad appallottolare e buttare via il malaffare dal tavolo politica come fosse una carta sporca?
Nulla di troppo nuovo sotto il sole: nella Società dello spettacolo teorizzata da Guy Debord il passo dallo schermo, grande o piccolo che sia, alla politica può essere breve, molto breve. Nessuno si senta offeso: così vanno le cose, così devono andare. Da almeno 50 anni a questa parte.
C’era una volta Mister Reagan
L’America, per esempio, è un gran bel laboratorio. Correva l’anno 1967 e la California, Stato di importante tradizione democratica, alla faccia della scena hippie di San Francisco elegge governatore un repubblicano che, nei 30 anni precedenti, aveva recitato in pellicole come Delitti senza castigo (1942), Bonzo, la scimmia sapiente (1951) e Il giustiziere (1953). Si chiama Ronald Reagan. Nel 1981 entrerà alla Casa Bianca dalla porta principale, rimanendoci per due mandati. Una stagione di liberismo spinto, grandi tensioni, poi distensioni internazionali, culminate nel crollo del blocco sovietico. Roba da film.
Lo chiamavano Terminator
Siccome la storia ama ripetersi, per tragedia o farsa che sia, nel 2003 viene eletto governatore della California, ancora una volta tra le fila dei repubblicani, un ex immigrato austriaco che aveva indossato la fascia di Mister Universo, prima di mostrare i muscoli al mondo in pellicole come Conan il barbaro (1982), Terminator (1984) e Predator (1987). Tale Arnold Schwarzenegger. Ammesso che l’espressione abbia un senso, sarà il più democratico tra gli esponenti del partito repubblicano di tutti i tempi. Trovatelo voi, se siete capaci, un «elefantino» che si batta contro razzismo e riscaldamento globale e sia a favore della liberalizzazione delle droghe leggere. Un uomo di spettacolo può essere tutto questo e molto altro ancora. Non è detto però - recita la morale della favola di Schwarzy - che il grande salto alla Casa Bianca riesca. Soprattutto se sei nato tra i verdi pascoli della Stiria.
Forza Italia, che spettacolo!
Ma torniamo in Italia. Il primo schieramento politico ad aprire le porte di Palazzo Madama e Montecitorio alla cosiddette «stars of the screen» fu il Partito Radicale di Marco Pannella, spesso oggetto delle simpatie degli artisti (si segnala la breve esperienza di Enzo Tortora in Europarlamento), sempre spregiudicato nell’individuazione dei filoni artistici da portare in Parlamento (si veda lo strano caso dell’onorevole Ilona Staller). Alla fine della prima Repubblica si vide pure un Gerry Scotti deputato del Psi craxiano. Per una più ampia apertura delle aule della politica al mondo dello schermo bisognerà comunque attendere la seconda Repubblica e, in particolare, l’esplosione di Forza Italia: un’era che mette in fila Gabriella Carlucci, Elisabetta Gardini, Iva Zanicchi e Mara Carfagna, senza soluzione di continuità. Che spettacolo!
Quando il nonno di Calenda dirigeva Grillo
Quanto alla neonata terza Repubblica, il suo mito fondativo coincide con la parabola di un attore che per il cinema, diretto da Luigi Comencini, interpretò Cercasi Gesù (1982). In televisione, tutte le volte che c’è andato, ha lasciato il segno. Vuoi sul piano dello share, vuoi su quello delle polemiche che ne sono seguite. Stiamo parlando dell’ideologo e fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo che, proprio alla vigilia dell’affermazione della sua creatura politica come primo partito d’Italia, sembra essersi ritirato come Achille in una tenda sulla collina. A Sant’Ilario, per la precisione. Scenderà? Saprà farsi valere con Agamennone Casaleggio e Menelao Di Maio? Ce lo diranno le Moire del web.
Il grande «Cuore» di Calenda
Pure i due Matteo (Salvini e Renzi), di umori opposti dopo il voto, hanno provato a giocare la carta televisiva. Il primo come concorrente del «Doppio Slalom» di Corrado Tedeschi, il secondo alla «Ruota della Fortuna» di Mike Bongiorno.Tutti e due a Canale 5, a casa di Berlusconi. Se li interroghi oggi sul tema, molto probabilmente ti risponderanno: «Errori di gioventù». Intanto torniamo al nascituro nuovo Pd e alle primarie che potrebbero farlo (ri)nascere. Occhi puntati sull’uscente ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, tesseratosi giusto due giorni fa. Lui il grande e piccolo schermo ce li ha nel sangue: suo nonno era Luigi Comencini, uno che, come abbiamo visto, dirigeva sia Pinocchio che Grillo (almeno sul set). La madre è Cristina Comencini, regista, sceneggiatrice, scrittrice bestseller. La zia, Francesca Comencini, ha messo la firma sul successo di Gomorra - La serie. A soli dieci anni, diretto da nonno Luigi, Calenda era l’Enrico dello sceneggiato Cuore, «il figlio dell’ingegnere». Memorabile la scena del terrificante esame di quinta elementare: il futuro ministro, sotto gli occhi preoccupati di maestro Johnny Dorelli, riesce a coniugare il passato remoto del verbo nuocere. Applausi. Che sia davvero lui l’uomo giusto da contrapporre a Gigino Di Maio?