Paolo Baroni per "la Stampa"
GIUSEPPE CONTE PAOLO GENTILONI ROBERTO GUALTIERI
Il Recovery plan sarebbe il flop più clamoroso e per l' Italia anche il più devastante. Ma non sarebbe il solo.
Una eventuale crisi, con l' attività di governo limitata al solo disbrigo dei cosiddetti affari correnti ed all' orizzonte un rimpasto o magari, addirittura, il voto anticipato, metterebbe certamente a rischio l' accesso ai fondi europei, facendo svanire quella che tutti hanno definito «un' occasione storica per il Paese», ma avrebbe effetti anche su altre misure economiche altrettanto importanti.
giuseppe conte roberto gualtieri
Addio ai fondi europei L' ipotesi non è nemmeno immaginabile, perché equivarrebbe ad un suicidio. Il contraccolpo più pesante di una crisi lo si avrebbe sui 196 miliardi tra prestiti e sussidi che l' Italia conta di ricevere dall' Unione europea, a partire dal primo anticipo di 17 miliardi decisivo, tra l' altro, per far quadrare la legge di Bilancio.
Se Conte fosse costretto a gettare la spugna si interromperebbe infatti l' iter di definizione del max-iprogramma di investimenti e molto difficilmente l' Italia potrebbe rispettare la scadenza di aprile per presentare i suoi progetti alla Ue.
ROBERTO GUALTIERI GIUSEPPE CONTE
Allo stato dei fatti il «Next generation Italia», per quando già in parte affinato, dovrebbe ottenere un prima via libera da parte del Consiglio dei ministri per essere poi trasmesso al Parlamento ed alle parti sociali per le necessarie consultazioni, andrebbe alla fine redatta la versione finale che quindi, dopo l' approvazione da parte del Cdm, potrebbe essere trasmessa a Bruxelles. Il cronoprogramma che ha fornito a fine anno Conte prevedeva che entro metà febbraio l' intero iter potesse essere completato. L' apertura di una crisi cadrebbe esattamente nel pieno di questo percorso.
Ristori «finali» al palo Non meno importante e impegnativo è il progetto di un nuovo decreto ristori, il «decreto finale» nei piani del ministro Gualtieri, che il governo aveva in programma di varare ad inizio anno dando corso alla richiesta di un nuovo scostamento di bilancio per un importo stimato in circa 20 miliardi di euro da far approvare dal Parlamento a maggioranza assoluta.
A partire da queste risorse l' idea era quella di introdurre un nuovo indennizzo non più calcolato sulle perdite del primo mese di lockdown o su quelle del mese di novembre legate all' introduzione della zone rosse ma tenendo presente le perdite subite nel corso dell' intero 2020 rispetto ai fatturati dell' anno precedente ristorando così anche attività che fino ad ora hanno ricevuto molto poco se non addirittura nulla a fronte di perdite significative (33%) di fatturato.
Incubo cartelle esattoriali Se il governo non ha il poter di chiedere un nuovo scostamento ed il nuovo decreto ristori resta congelato non sarà possibile prevedere un argine alla valanga di avvisi e cartelle esattoriali, in tutto 50 milioni di atti, che sta per abbattersi sui contribuenti italiani, perché proprio questo nuovo poteva essere lo strumento adatto per intervenire. Sia per introdurre semplicemente una nuova proroga o allungare i tempi delle rateizzazioni, sia per varare una «rottamazione quater» o un nuovo «saldo e stralcio».
Rischio licenziamenti C' è un' altra scadenza segnata con un cerchio rosso sull' agenda del governo: è quella del 31 marzo, giorno in cui scadrà il blocco dei licenziamenti che la legge di Bilancio ha da poco prorogato per altri tre mesi rispetto alle precedenti scadenze dopo che i sindacati erano arrivati a minacciare lo sciopero generale.
Stando a Cgil, Cisl e Uil la fine del blocco, peraltro fortemente contestato da Confindustria, metterebbe a rischio 1 milione di posti di lavoro. Un governo in crisi non solo non potrebbe prorogare il termine del 31 marzo ma non potrebbe nemmeno ammorbidire la norma o mettere in campo strumenti alternativi sul fronte delle politiche attive del lavoro come propone il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo e come chiede il Pd.
Polveri bagnate Da ultimo, se fosse concreto l' allarme lanciato nelle passate settimane dal Comitato parlamentare per il controllo dei servizi segreti, che ha più volte segnalato il rischio di scalate ostili ai danni di banche, assicurazioni ed altre imprese strategiche, è evidente che un Paese con un governo privo della pienezza dei suoi poteri potrebbe diventare un bersaglio particolarmente facile. Ed allo stesso modo il governo dovrebbe allentare la presa su dossier particolarmente importanti come il rilancio di Alitalia e dell' ex Ilva e la privatizzazione di Mps.
Per non parlare della cessione di Autostrade a Cdp contro cui Conte non potrebbe più far valere la minaccia di revoca della concessione.
Messi tutti assieme questi elementi formerebbero un mix esplosivo ed il tutto avrebbe immediati riflessi sulla credibilità dell' Italia, sulla borsa e soprattutto sullo spread, facendo aumentare in maniera esponenziale i costi della crisi.