Marco Ansaldo per la Repubblica
I blindati con la mezzaluna e la stella rombano oltre il confine, puntano l' obiettivo, e il deserto davanti si spalanca. Le bocche degli obici si aprono di continuo per fare fuoco. I caccia solcano il cielo di una giornata insolitamente chiara, e dall' alto spargono grappoli di bombe. Ovunque fumo, sirene, caos. L' offensiva della Turchia in Siria è partita prima di sera. Nel pomeriggio, anzi.
Annunciata in modalità Twitter, da un Sultano rapidamente adeguatosi alle tecnologie moderne, ma che stamane farà leggere nelle moschee di tutto il Paese la preghiera del 1453 del Conquistatore di Istanbul. Recep Tayyip Erdogan ha battezzato l' operazione "Fonte di pace". Quanti nomi scellerati sono stati dati nel tempo, dai comandanti in capo, a interventi militari fintamente mascherati da azioni di solidarietà.
Al villaggio siriano di Ras al-Ayn, dirimpetto alla città turca di Ceylanpinar, i civili sono in fuga. Un portavoce dei combattenti curdi lancia anch' egli l' allarme sui social: «Hanno compiuto raid aerei su aree civili. C' è grande panico fra la popolazione. E ci sono morti».
La gente ammassa rifiuti, cartoni e pneumatici, e alza le fiamme nella speranza che le nuvole di fumo impediscano ai droni di colpire.
Il Rojava Information Center, che prende il nome dalla zona denominata Siria curda del Nord, pubblica foto di furgoni carichi, in maggioranza donne e bambini. Dopo Ras al-Ayn gli attacchi dell' artiglieria si sono concentrati su Tal Abyad. Fonti parlano di offensive pure a Kobane, la città simbolo della resistenza curda. Il bilancio iniziale è di due civili uccisi, sette fra i combattenti, e di sedici feriti: e questi sono solo numeri provvisori. Le vittime sono certamente destinate a salire.
Ma i guerriglieri curdi, nonostante la proposta di arrendersi lanciata dal Sultano, com' era da aspettarsi rispondono. Almeno due colpi di mortaio attraversano il confine e atterrano a Ceylanpinar. Erano destinati a una postazione dove si mescolano soldati turchi e milizie siriane filo- Ankara. Tutti pronti, fin da domani, a dare manforte ai reparti appena entrati. Tre colpi di mortaio cadono nelle province di Sanliurfa e Mardin, nel Sud est turco. E sei razzi esplodono a Nusaybin. I curdi non stanno con le mani in mano, e chiamano alla resistenza. Per sicurezza le scuole dei distretti di Ceylanpinar, Akcakale, Birecik e Suruc, le quattro cittadine a ridosso del confine, rimarranno chiuse.
attacco della turchia in siria 33
Le critiche del mondo arrivano dalle tv sintonizzate negli alberghi di Gaziantep, la città più grande della regione, a poche decine di chilometri dalla linea del fronte. Ed è un coro di accuse, o almeno preoccupazioni, persino da Mosca e Teheran, le più vicine alla Turchia. Il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, lascia allibiti quando si augura che "l' azione sia proporzionata e misurata". Francia, Germania, Gran Bretagna, Polonia e Belgio chiedono consultazioni urgenti al Consiglio di Sicurezza Onu, convocato per oggi.
Ma nei canali locali il Sultano imperversa, e lo sguardo degli avventori resta intrappolato nelle sue celebri occhiaie, quando i sottotitoli scandiscono le parole di un tweet che non rassicura: «La nostra missione è impedire la creazione di un corridoio del terrore al confine meridionale e portare pace nell' area.
Preserveremo l' integrità territoriale della Siria e libereremo le comunità locali dai terroristi».
L' ipocrisia regna sovrana in un Medio Oriente che spesso sfugge a razionalità e classificazioni di norma. E pure la mossa di Donald Trump di ritirare i marines, poche decine o centinaia che siano, ha dato la stura a un rimescolamento di carte di cui Erdogan si è appropriato.
Un esempio? Nelle località abbandonate dagli americani lunedì, i turchi mercoledì hanno subito bombardato. Pure adesso il capo della Casa Bianca va avanti a colpi di nuove dichiarazioni via social: «Le lotte tra vari gruppi proseguono da centinaia di anni. Gli Stati Uniti non avrebbero mai dovuto essere in Medio Oriente. Le stupide guerre infinite, per noi, stanno finendo!».
E poi, ancora: «Gli Stati Uniti non sostengono questo attacco e hanno chiarito alla Turchia che questa operazione è una cattiva idea». Erdogan, imperterrito, pare tutto fuorché spaventato.
l'offensiva turca contro i curdi in siria 4
A Ceylanpinar, in baracche sovraffollate, sono 18 mila i miliziani pronti a varcare per lui la frontiera. Superarmati, i volti poco rassicuranti di chi nella vita non aspetta altro che una guerra, per ragioni ideali o di tasca, hanno provenienze tra le più disparate. Milizie locali dell' Esercito siriano libero, filo turche, e sottogruppi come quello di Anwar al-Haq, 10 mila uomini preparati da mesi per lanciarsi su Ras al-Ayn e a Tal Abyad, le due postazioni frontaliere fatte evacuare da Trump.
Alcuni sono raggruppati ad Akcakale, addirittura in un ex campo profughi. Ma dove siano finiti quei rifugiati, qui nessuno lo sa.
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l'offensiva turca contro i curdi in siria 6 carri armati turchi erdogan felice mentre bombarda i curdi combattenti curde
la turchia bombarda i curdi in siria 4