Tommaso Montesano per “Libero Quotidiano”
Ma quale ingerenza umanitaria. Ma quale sostegno ai ribelli contro il sanguinario dittatore. Non è stato il "cuore", né tantomeno la necessità di "esportare" la democrazia in Libia, a muovere la mano di Nicolas Sarkozy contro Gheddafi, nel 2011. Il grilletto del presidente francese è scattato per più volgari interessi economici.
Finora si è sempre invocato il petrolio libico come il principale fattore che ha scatenato l' offensiva di Parigi, cui fu giocoforza costretta ad adeguarsi anche l' Italia di Silvio Berlusconi.
Ma adesso alcuni documenti diplomatici americani gettano, se possibile, una luce ancor più sinistra sulle vere ragioni per le quali l' Eliseo si mise alla testa della coalizione anti-Colonnello. E le cause hanno a che fare con il Cfa, ovvero il franco utilizzato nelle colonie francesi d' Africa. Si tratta della moneta che un paio di giorni fa ha provocato l' ennesima crisi diplomatica tra l' Italia del governo giallo-blu e la Francia di Emmanuel Macron, dopo le accuse a Parigi da parte del vicepremier, Luigi Di Maio.
LA SFIDA ALL' ELISEO
Il documento in questione è un report confidenziale inviato all' allora segretario di Stato, nonché precedente e successivo candidato democratico alla Casa Bianca, Hillary Clinton. Nella nota, la fonte illustra al numero uno del Dipartimento di Stato lo scenario che ha fatto da sfondo alla decisione di Sarkozy di sferrare l' attacco contro Tripoli. Tutto ruota intorno alla potenza economica - sotto forma di riserve auree - del regime del Colonnello.
Capace di arrivare a possedere, ricorda la fonte diplomatica americana, 143 tonnellate d' oro, oltre che d' argento. Un tesoro che nel marzo 2011, ricostruisce l' intelligence, fu trasferito a Sabha, sud-ovest della Libia, verso il confine con Niger e Ciad. "Stock", naturalmente, accumulato ben prima della ribellione, e del conseguente intervento occidentale, che nell' ottobre del 2011 mise fine alla vita e al dominio di Gheddafi.
E qui entrano in ballo i francesi.
Nel senso che il disegno di Gheddafi prevedeva di utilizzare le riserve - quantificate in più di sette miliardi di dollari - per stabilire una moneta "pan-africana" basata sul dinaro libico. Un piano, è scritto espressamente nella mail indirizzata a Clinton, che avrebbe dovuto rappresentare un' alternativa per i Paesi africani francofoni che utilizzavano il Cfa. Da qui la reazione, interessata, di Sarkozy.
L' intelligence francese, infatti, avrebbe scoperto lee di Gheddafi subito dopo l' inizio della ribellione contro il Colonnello. E proprio il desiderio di Gheddafi di guidare l'emancipazione dei Paesi africani francofoni da Parigi, è scritto nero su bianco nel report del "ministero degli esteri" di Washington, sarebbe stato il motivo principale che avrebbe convinto l' allora numero uno dell' Eliseo ad agire. Il principale, non certo il solo, visto che nel documento trovano posto, tra le altre cause, il desiderio di guadagnare spazio nello sfruttamento del petrolio libico; l' aumento dell' influenza francese in Nord-Africa e il miglioramento della situazione politica interna francese.
ANDARE FINO IN FONDO
Il contenuto del documento provoca la reazione di Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d' Italia. «È sconcertante che nessuno parli di questo carteggio, e che a nessuno sia venuto in mente di chiedere conto alla Francia», attacca, conversando con Libero, l' ex ministro della Gioventù, che incalza il governo italiano ad «andare fino in fondo su questa vicenda», che, «se confermata», sarebbe la «prova che non c' è niente di filantropico nel mantenimento del Cfa e che la Francia è di fatto corresponsabile dell' immigrazione incontrollata che negli ultimi anni ha colpito l' Europa».
Meloni, che bolla come «vergognoso» il mancato approfondimento su quanto rivelato dalle fonti diplomatiche americane, chiede all' esecutivo giallo-blu di passare dalle parole ai fatti: «Convochi l' ambasciatore francese per chiedere chiarimenti sui documenti resi noti dal Dipartimento di Stato Usa. In gioco ci sono gli interessi nazionali, economici e sociali, dell' Italia».
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