Paolo Foschini per il “Corriere della Sera”
«Sarà la nostra Tour Eiffel», era stato il coro italiano dell’altroieri. E chi lo sa, magari andrà così. Una cosa però è certa: quella nessuno ha mai potuto definirla una copia. L’Albero della vita, invece, da ieri sì.
Per la futura opera-simbolo di Expo 2015 in generale e del Padiglione Italia in particolare, quella su cui si era litigato per mesi e che appena tre giorni fa aveva avuto il via libera definitivo con il timbro anticorruzione di Raffaele Cantone, non c’è stato neanche il tempo di dire «finalmente si comincia a costruirla» ed ecco che l’architetto inglese Chris Wilkinson, incappato quasi per caso in una foto del progetto, è saltato sulla sedia: «Ma è uguale ai nostri supertrees di Singapore!». Per un po’ ha riso. Poi ha chiamato i suoi avvocati.
Sono alberi, anzi super-alberi, che egli conosce molto bene per il semplice motivo che a progettarli è stato il suo amico e collega Andrew Grant, inserendoli nei 54 spettacolari ettari dei Gardens by the Bay disegnati già nel 2006 dallo stesso Wilkinson, appunto a Singapore.
Opere pluripremiate, note agli architetti di tutto il mondo. Raggiunto ieri al telefono nello studio dal quale coordina i suoi 150 collaboratori, l’architetto Wilkinson continuava a dichiararsi «simply surprised: non posso neppure immaginare che chi ha concepito questo Albero italiano non conoscesse i Gardens, e l’idea è troppo simile a quella dei supertrees per essere casuale».
Oddio, le foto dicono già abbastanza ma in effetti qualche differenza c’è. Gli alberi di Singapore sono diciotto, collegati da una passerella aerea, i più alti arrivano a 50 metri e hanno in cima un bar panoramico, sono ricoperti da oltre 160 mila piante di 200 specie diverse, i rami sono disegnati secondo un algoritmo e gli impianti che sprigionano effetti da Disneyland vanno a energia solare.
Dell’Albero della vita, che per il momento è solo un progetto, finora si sa che sarà alto circa 37 metri, che sarà fatto di legno e cemento, e che per realizzare la parte «tecnologica» destinata a renderlo luminoso sarà bandita «una gara questa settimana», come ha ricordato proprio ieri il commissario di Expo Giuseppe Sala. Solo quella si porterà via due mesi, poi il lavoro bisognerà farlo e collaudarlo, sperando di finirlo entro maggio.
«E va bene», ha detto con un sorriso il segretario del Bureau international des expositions, Vincente Loscertales, di passaggio ieri a Milano: «Vuol dire che sarà... un bonsai della vita».
Il suo «ideatore» Marco Balich, regista di grandi eventi fortemente voluto dal commissario del Padiglione Italia Diana Bracco, ha ricevuto un compenso di due milioni di euro sotto forma di consulenza indiretta ma ha rinunciato allo sfruttamento delle royalty legate al futuro sfruttamento d’immagine dell’opera. A contare su quelle royalty però sarebbero non solo lo sponsor Pirelli ma anche la Coldiretti e il consorzio «Orgoglio Brescia», pool di imprese che l’Albero dovrà costruirlo almeno nella sua parte in legno-cemento e che insieme con gli altri due partner dovrà dividersi gli otto milioni di costo preventivato.
Il problema è che i conti, a questo punto, potrebbero essere stati fatti senza l’oste. E l’architetto Wilkinson, pur senza pronunciare la parola royalty, sulla faccenda è stato molto chiaro: «Non abbiamo ancora preso alcuna decisione. Ma come studio abbiamo iniziato a consultarci con i nostri legali, naturalmente, per individuare il mondo più corretto di tutelare la proprietà di una idea che riteniamo nostra, apprezzata da dieci milioni di visitatori solo negli ultimi due anni».
E comunque a condividere il suo punto di vista (e il sospetto era già stato avanzato da Vittorio Sgarbi) sono anche architetti italiani come il milanese Alessandro Zoppini, che di grandi impianti se ne intende avendo progettato — tra le altre cose — quelli per le Olimpiadi di Torino e Sochi: «Tecnicamente il progetto dell’Albero della vita è una palese riproposizione di quello di Singapore. Ormai siamo noi a copiare dai Paesi asiatici».
E dire che proprio questo era stato il punto d’orgoglio di Ettore Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia, nel dire l’altro giorno la sua soddisfazione per il via libera al progetto: «L’Expo sarà l’occasione per difendere il made in Italy dai tanti falsi in giro per il mondo». Pensa la beffa.
2. MARCO BALICH RESPINGE LE ACCUSE: "MI FA RIDERE CHI DICE CHE HO COPIATO L'ALBERO DELLA VITA"
AdnKronos
"Chi mi accusa di aver copiato l'Albero della Vita mi fa ridere". Così Marco Balich, l'architetto che ha ideato quella che sarà l'icona di Expo e del Padiglione Italia in particolare replica alle accusa di aver copiato l'idea da Singapore. "Sfido chiunque -spiega Balich all'Adnkronos- a disegnare un albero che non abbia la forma di un albero ma sia sferico o addirittura quadrato".
Dopo il via definito alla sua realizzazione venuto nei giorni scorsi da Raffaele Cantone ecco che oggi l'architetto inglese Chris Wilkinson sostiene che l'Albero della Vita sia uguale a quelli progettati e realizzati nei Gardens by the Bay a Singapore.
"La mia ispirazione -sottolinea Balich- viene da tutt'altra parte. L'idea dell'Albero della Vita mi è venuta dalla pavimentazione della cattedrale di Otranto che raffigura, appunto, la vita attraverso un albero dove è ripercorsa l'esperienza umana dal peccato originale alla salvezza". Per la sua progettazione, invece "mi sono ispirato al Campidoglio e al pavimento disegnato da Michelangelo, considerato l'ombelico del mondo, tridimensionalizzando quel disegno".
"Il nostro albero, inoltre -prosegue Balich- è uno spettacolo in movimento, fatto di legno e cemento, che consentirà di realizzare 1260 animazioni e spettacoli durante i sei mesi di Expo. Mi fanno quindi ridere queste accuse e le trovo strumentali. Il plagio non è certo nel mio dna e lo dimostrano tutte le opere che ho realizzato in questi anni. Se poi sponsor importanti come la Coldiretti, gli industriali di Brescia e la stessa Pirelli hanno deciso di investire 7 milioni di euro in quest'opera vuol dire che, forse, piace e piace non poco".