Estratto dell’articolo di Alessandro Barbera per “la Stampa”
giorgia meloni e ursula von der leyen in emilia romagna
Quando Giorgia Meloni disse per la prima volta che il Recovery Plan andava cambiato non aveva nemmeno vinto le elezioni. Sapeva perfettamente cosa si sarebbe trovata fra le mani, e quanto quegli impegni avrebbero condizionato la sua esperienza da premier.
Lunedì a Roma arrivano gli ispettori della task force della Commissione europea, e da quel momento la faccenda per Palazzo Chigi si farà seria. Entro l'estate la premier dovrà lasciarsi alle spalle le zavorre accumulate nei primi mesi di governo e costruire le condizioni per arrivare al 2026 senza danni.
giorgia meloni raffaele fitto 2 giugno 2023
La Relazione semestrale sull'attuazione del Piano presentata questa settimana serve anzitutto a mandare all'opinione pubblica un messaggio che si può sintetizzare così: comunque andrà, non sarà stata solo colpa nostra. Pagina 11, paragrafo 1.2: «A differenza di altri, il Pnrr italiano si configura come un piano di performance e non come programma di spesa, impegnando l'Italia a raggiungere obiettivi associati a riforme e investimenti, da realizzare entro i termini concordati». […]
giorgia meloni con paolo gentiloni
Il lungo documento, modificato più volte nel corso della settimana, è un concentrato di frecciatine, tanto a chi negoziò il Piano (Giuseppe Conte) quanto a chi subito dopo lo modificò senza cambiarlo in profondità, ovvero Mario Draghi. Pagina 15, punto 1.4: «I 68,9 miliardi di euro di sovvenzioni a fondo perduto assegnati all'Italia non sono attribuibili a nessuna particolare attività negoziale, ma semplicemente il risultato dell'applicazione di un criterio di calcolo che tiene conto di numerosità della popolazione, riduzione del Pil e incremento della disoccupazione registrate in Italia rispetto alla media europea. […]».
URSULA VON DER LEYEN GIORGIA MELONI
[…] L'Italia ancora non sa se riuscirà a spendere i 191 miliardi ottenuti sin dal 2020. Sempre dalla Relazione semestrale: «Diversamente da quanto indicato dal precedente governo (Draghi, ndr) in cui si affermava l'assenza di criticità e di rischi di rallentamento per tutti gli interventi, sono stati riscontrati numerosi ostacoli che hanno richiesto un'azione mirata e persistente per il loro superamento». […]
Ancora: Meloni imputa al governo dell'ex banchiere centrale di averle lasciato in eredità lo scorso autunno «una trentina di obiettivi da conseguire». Di qui – questa l'accusa implicita – il ritardo nell'erogazione della terza rata. […]
Siamo tornati al punto di partenza, ovvero le riforme che ci chiede l'Europa, oltre a un paio di questioni su cui Meloni non sa come cavarsi d'impaccio: la mancata ratifica della riforma del Fondo salva-Stati e la pervicace resistenza alla messa a gara delle concessioni pubbliche. Non sono impegni direttamente legati al Pnrr, ma nei rapporti con l'Europa tout se tient. «Col passare del tempo la strada si fa in salita perché i tempi sono stretti», avverte sibillino Gentiloni. Il non detto dell'ex premier Pd è nel calendario: ieri è iniziato il conto alla rovescia delle elezioni europee di giugno 2024, e il rischio di trasformare il flop del Pnrr in un argomento per la campagna elettorale degli uni e degli altri è altissimo.