Estratto dell’articolo di Antonella Baccaro per “L'Economia - Corriere della Sera”
A che punto è la spesa del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr)? Il governo Meloni vanta alcuni primati rispetto alla dimensione del programma, ma tra tutti gli indicatori di efficienza, quello della messa a terra delle misure resta problematico. Nell’ultima relazione al Parlamento, al 31 dicembre 2023, chi governa la macchina del Pnrr un po’ si autoassolve, citando il penultimo rapporto della Commissione europea.
Che, facendo una valutazione intermedia dei piani, il 21 febbraio scorso, ha ammesso che «in tutti gli Stati membri, il livello di spesa effettivamente sostenuto finora è inferiore alle risorse trasferite, in quanto nei primi anni di attuazione dei Piani nazionali gli obiettivi da raggiungere sono stati in prevalenza di natura qualitativa».
A piccoli passi
E così, il nostro Paese, alla fine dell’anno scorso, a fronte dei 101,93 miliardi di euro ottenuti, corrispondenti a circa il 52% del totale del Pnrr, compreso il prefinanziamento iniziale, ha speso 45,6 miliardi di euro. Un dato che però si riferisce al piano prima della sua revisione, comprensivo anche delle spese, pari a circa 2,6 miliardi, relative alle misure fatte slittare dal Piano. Dunque, alla fine, siamo a quota 43 miliardi effettivi. Nel solo 2023 l’esborso è stato di 21,1 miliardi di euro, valore di poco inferiore a quanto registrato cumulativamente nel biennio 2021-2022. Un dato inferiore alle previsioni: 40,9 miliardi di euro (Nota di aggiornamento al Def 2022).
[...] Il dato di spesa relativo al primo semestre di quest’anno dovrebbe crescere a seguito dell’entrata in vigore di nuove disposizioni che rafforzano l’obbligo per le amministrazioni di aggiornare tempestivamente le informazioni rilevanti.
Intanto però, dati alla mano, a revisione fatta, restano da spendere 151,4 miliardi in tre anni, più del triplo di quanto sia stato speso finora. Nella riprogrammazione del Pnrr si prevede di spendere 43 miliardi nel 2024 e 56 nel 2025. Cifre che, date le premesse, sembrano inarrivabili. Gli economisti Gustavo Piga e Gaetano Scognamiglio, dall’Osservatorio Recovery Plan, propongono una semplice proiezione: «Al momento — scrivono —, la spesa Pnrr certificata dal governo corrisponde a un trend mensile di 1,5 miliardi di euro».
Se così stanno le cose, proseguono, «ipotizzando un andamento costante di tali spese, si potrà arrivare a una spesa complessiva di 100 miliardi di euro al 31 dicembre 2026, con un Pnrr che vale nel suo complesso 194 miliardi di euro. Abbiamo dunque 94 miliardi di spesa a rischio».
Il percorso
Esiste una qualche possibilità che la spesa acceleri da quest’anno in poi? E se esiste, dipenderà da come è stato riprogrammato il Pnrr? Finora in cima alla classifica dei ministeri che hanno speso di più, al 31 dicembre 2023, c’è l’Ambiente e la sicurezza energetica, con 14 miliardi. A seguire, il ministero delle Imprese e del made in Italy con 13,76 miliardi. Al terzo posto, con sei miliardi, si piazzano le Infrastrutture. Quindi Istruzione, Università e Transizione digitale. Da qui in poi la spesa crolla sotto il miliardo.
PNRR - I RITARDI ITALIANI NELLA SPESA DEI FONDI
Ma chi deve spendere ancora le maggiori risorse? Ancora una volta troviamo le Infrastrutture con la bellezza di 33,78 miliardi da sborsare entro il 2026. Seguono l’Ambiente, con scarsi venti miliardi, le Imprese e la Salute, ciascuno con circa 15 miliardi e così via.
Per capire se è possibile accelerare bisogna però guardare in che ambito la spesa finora è corsa più veloce: a svettare è la categoria «Concessione di contributi a soggetti diversi da unità produttive» (è stato speso il 94,5% di quanto attribuito), seguita dalla voce «Concessione di incentivi ad unità produttive» (32,8%): sono soprattutto misure relative a Ecobonus e Transizione 4.0. La terza categoria di spesa è quella relativa alla «Realizzazione di lavori pubblici» per la quale, a fronte di una dotazione finanziaria di circa 80 miliardi di euro, si rileva un livello di spesa di 10,07 miliardi, pari al 12,5% del budget.
PNRR - I RITARDI ITALIANI NELLA SPESA DEI FONDI
In questa categoria la quasi totalità delle risorse è stata assorbita da Rfi (Rete ferroviaria italiana), il principale soggetto attuatore in termini di avanzamento di spesa (5,4 miliardi), seguita dagli Enti pubblici territoriali (3,2 miliardi). [...]
Qualche trucchetto
A seguito della revisione del Piano, gli incrementi più significativi, in termini di risorse disponibili, riguardano i ministeri delle Imprese e dell’Agricoltura, nonché la Struttura commissariale per la ricostruzione, assente nel precedente Pnrr, dove a essere coinvolto era il ministero dell’Interno.
Interessante notare anche quali siano le misure più finanziate dal nuovo Pnrr: 14 miliardi vanno solo all’Ecobonus, 8,9 miliardi a Transizione 4.0, e 6,3 miliardi a Transizione 5.0. Fin qui si direbbe che si è scelto il metodo più semplice per spendere i soldi. Seguono con 5,5 miliardi le Politiche attive del lavoro e la Formazione. Solo successivamente si ritrovano voci relative a Lavori pubblici, il capitolo che più segna il passo per la lentezza della messa a terra dei progetti e per la molteplicità dei soggetti coinvolti nell’attuazione.
Scrivono Piga e Scognamiglio che, di fronte a questa situazione, diventa fondamentale considerare «l’attivazione di poteri sostitutivi per accelerare le autorizzazioni da parte degli enti pubblici competenti». Allo stesso tempo suggeriscono un programma straordinario di riorganizzazione delle stazioni appaltanti qualificate «per garantire la presenza di personale tecnico competente e motivato». Basterà a portare a casa il Piano entro il 2026?