POLITICA IN LUTTO – SE NE VA A 69 ANNI SILVIO DI FRANCIA, EX ASSESSORE ALLA CULTURA DEL COMUNE DI ROMA DAL 2006 AL 2008 CON LA GIUNTA VELTRONI - ERA MALATO DA ANNI DI SCLEROSI LATERALE PRIMARIA, MALATTIA DEGENERATIVA INCURABILE - PRIMA DI ENTRARE IN POLITICA, CON LA MILITANZA IN LOTTA CONTINUA, ERA STATO UN CAMPIONE DI JUDO. POI SI AVVICINÒ AI VERDI. DOPO L'ESPERIENZA IN CAMPIDOGLIO, FU ASSESSORE ALLA CULTURA ANCHE A LATINA - IL RICORDO DI BETTINI

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Estratto da roma.corriere.it

 

silvio di francia silvio di francia

E' morto a 69 anni Silvio Di Francia, politico con i Verdi, assessore comunale alla Cultura con il sindaco  Veltroni dal 2006 al 2008 e poi a Latina, sportivo e giornalista. Aveva 67 anni, era malato da anni di Sclerosi laterale primaria, una malattia degenerativa incurabile.

 

Cresciuto a Torre Maura, prima di entrare in politica, con la militanza in Lotta continua…

 

(...)

Poi si avvicinò ai Verdi, di cui diventò dirigente della Federazione, e entrò in Campidoglio: fu  consigliere comunale per 13 anni, successore alla Cultura di Renato Nicolini a Gianni Borgna dal 2006 al 2008 

 

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Quattro anni la scoperta della malattia, manifestata da difficoltà nel linguaggio, che lo costringe a lasciare la politica e a dimettersi dalla giunta di Damiano Coletta a Latina, dove era assessore alla Cultura.

 

 

IL RICORDO DI GOFFREDO BETTINI

 

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È venuto a mancare un altro amico.

Precocemente, dopo una lunga e dolorosa malattia.

Silvio Di Francia, un gentiluomo, un'anima pura, restia a far valere i propri diritti.

Un uomo radicalmente di sinistra, fin da giovanissimo.

Di quella sinistra popolare, persino nel linguaggio e nell'uso del dialetto. Romana, e per questo sempre un po' "filosofa". Mai immersa del tutto nelle faccende quotidiane, perché capace di una visione, di un sogno e di un pensiero "universale".

Come si addice a Roma.

 

Di una sinistra garantista; in grado di leggere e diffidare del carattere spietato dei "puri", dei moralisti, dei "migliori". E di intravede, e di comprendere, e di mischiarsi, alle debolezze umane. Per redimerle, piuttosto che giudicarle, perseguitarle e punirle.

Anima delicata, Silvio. Lottatore, come il padre, nelle palestre di periferia. E amico fraterno, inseparabile, del "suo" umanissimo e raffinato Luigi Manconi. Compagni di vita.

Eclettico e irregolare, Silvio. Ma alla fine così disciplinato e rispettoso nella vita del suo partito, il Pd.

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Non si ritraeva dalle responsabilità e dagli incarichi che gli venivano proposti. Comunque più modesti rispetto al suo talento.

 

Aveva sempre il dubbio di non essere all'altezza, come succede alle persone intelligenti e di valore. Chiedeva consiglio, ascoltava, lavorava con tenacia e sempre in modo collegiale. Parlava bene degli altri, non amava ferire. E le sue ferite le viveva in silenzio.

Dopo Gianni Borgna, indimenticabile e geniale assessore alla cultura di Roma, Veltroni, con notevole sensibilità e coraggio, propose a Silvio di sostituirlo. Era felicissimo e, come mi confessò più volte, impaurito. Fece bene. Affrontò quella prova (per nessuno semplice e scontata) con risultati e riscontri positivi.

La cultura l'aveva nel sangue, Silvio.

 

silvio di francia foto di bacco silvio di francia foto di bacco

L'aveva assorbita da autodidatta, in modo forse disordinato. Ma ne aveva tanta dentro di sé. La considerava il nutrimento più prelibato per l'animo umano. Tanto che, dopo Roma, sbarcò a Latina con la stessa responsabilità di assessore alla cultura. E anche lì riuscì a muovere le cose, a stabilire rapporti, a comprendere come quel territorio così attraversato dal fascismo, anche per questo, presentava caratteri straordinari, esperienze moderne e tradizioni più antiche. Divenne amico di Pennacchi, che nelle sue opere lavorava proprio su questo confine scabroso, ma ricco di contraddizioni feconde.

Non riusciva a intorbidare con il male i suoi pensieri e la sua vocazione ad una vita piena, Silvio.

 

Capiva tutto; conosceva gli sfregi. Ma andava loro incontro con il sorriso, l'ironia, l'innocenza di chi sa cogliere la gioia e il mistero di essere nel mondo. E gli basta. Come quegli indimenticabili personaggi di Pasolini. A divincolarsi dalle miserie sociali, dalla povertà e da un destino sfortunato, gioiosi e un po' surreali, fuoritempo perché contro il proprio tempo.

E così ha affrontato anche la malattia e poi la previsione della sua scomparsa, Silvio.

Con dignità immensa, sminuendo la sofferenza che è stata tanta e continuando fino all'ultimo a difendere il suo attaccamento al fazzoletto di vita che gli rimaneva.

Un abbraccio a tutti coloro che gli hanno voluto bene.

 

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