1 - MELONI: PREMIERATO, NON ARRETRO E IL QUIRINALE MAI PIÙ SUPPLENTE
Estratto dell’articolo di Paola Di Caro per il “Corriere della Sera”
Quasi un’ora di discorso per esprimere una speranza ridotta in realtà al lumicino: che la riforma che introduce l’elezione diretta del premier, approdata ieri in prima lettura al Senato, venga votata «dai due terzi del Parlamento», sia insomma condivisa, con spirito di collaborazione e un dialogo «non dilatorio, ma sul merito».
Ma Giorgia Meloni, intervenuta ieri al convegno alla Camera «La Costituzione di tutti», sa bene che è molto più probabile che il testo presentato dalla ministra Elisabetta Casellati (decisa ad andare avanti per «riconsegnare valore al voto popolare»), finisca per essere giudicato dagli italiani in un referendum confermativo: «Se non ci sarà maggioranza qualificata, saranno loro a dirci se il sistema che abbiamo provato a disegnare sia migliore di quello attuale o no».
giorgia meloni luciano violante convegno sul premierato
[…] Lo ripete Meloni: il premierato varrà per i governi che verranno («non me») e per il capo dello Stato che ci sarà, che «dai calcoli non sarà Mattarella», è «sbagliato personalizzare». Tre, dice, sono gli obiettivi del premierato: il primo è che «i cittadini abbiano voce in capitolo» quando votano: non è possibile che nell’ultima legislatura ci siano stati «tre premier retti da alleanze non dichiarate ma anzi contrapposte in campagna elettorale».
Il secondo è la stabilità di un governo che ha bisogno di «tempo» per fare le scelte, guardando al lungo periodo e non all’immediato che porta a non programmare «gli investimenti ma a fare solo debito pubblico». Il terzo è «la credibilità internazionale», minata dai continui cambi di governo.
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[…] Perché nel merito, secondo la premier — che è pronta a anche a sostenere una legge elettorale con «la reintroduzione delle preferenze» —, non è vero che si toccano i poteri del capo dello Stato: «Resta figura terza di garanzia. È una scelta essere intervenuti in punta di piedi: abbiamo toccato solo 7 articoli, diamo centralità a governo e Parlamento sulla linea politica ma non togliamo poteri al presidente della Repubblica».
Semmai, insiste «questa riforma può meglio definire la cornice in maniera tale da non costringere il capo dello Stato a esercitare un ruolo non proprio che, essendo tirato in mezzo nel dibattito politico, ne può indebolire l’autorevolezza». Insomma, non dovrà più «fare il supplente» di una cattiva politica, magari attraverso governi tecnici, ma essere potere di controllo e garanzia, anche sull’operato di un premier che non avrà «un potere assoluto». […]
2 - MELONI SUL PREMIERATO GIÀ VEDE IL REFERENDUM “SÌ O NO COME NEL ’46” SCHLEIN: NOI IN PIAZZA
Estratto dell’articolo di E. La. per “la Repubblica”
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«La mia disponibilità al dialogo non è stata colta. Allora si esprima il Parlamento e, se non ci sarà condivisione, diamo la parola agli italiani». Il tempo, per Giorgia Meloni, è scaduto. E nel giorno in cui arriva all’apice lo scontro con la leader del Pd Elly Schlein, la prima ministra lascia intendere senza equivoci che sul premierato intende andare avanti a colpi di maggioranza.
Preparandosi, nel probabile mancato quorum dei due terzi degli inquilini delle Camere, a un referendum il cui valore è già enfatizzato oltre misura: «Sarà divisivo, come quello che nel 1946 vide vincere la Repubblica sulla monarchia».
[…] Le agenzie hanno da poco rilanciato le parole di Schlein durante l’assemblea dei senatori del Pd sulle modifiche costituzionali approdate nell’aula di Palazzo Madama: «C’è un’accelerazione sulla riforma che stiamo vedendo e che vi chiedo di fermare.
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Una accelerazione – dice Schlein - dettata da ragioni elettoralistiche. Usiamo i nostri corpi e le nostre voci per fare muro rispetto a questo tentativo». Frasi accompagnate dall’annuncio di una manifestazione di piazza contro la riforma indetta per il 2 giugno, data della festa della Repubblica.
Meloni non ha affatto gradito.
[…] guai a chi parla di una Costituzione stravolta: «Abbiamo fatto una riforma in punta di piedi dice Meloni – che darà stabilità e che eviterà al presidente della Repubblica il ruolo di supplente della politica, mettendo fine alle sovrapposizioni». E cerca di far passare la tesi per cui lei, in fondo, non ha nulla da perdere: «Per me anzi portare avanti il premierato rappresenta un rischio, perché ho un governo solido. E sia chiaro, visti i tempi necessari all’approvazione, non ne beneficeremo né io né Mattarella».
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Meloni non si sofferma sull’ipotesi di ballottaggio, vexata quaestio della riforma, e per quanto riguarda la legge elettorale si dice aperta alle preferenze. La sfida è lanciata, in diretta su Rainews e fra gli strali del Pd: «Che pena le mistificazioni di Meloni – dice Schlein – Inutile che attacchi, non mi spaventa».
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