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1. ZELENSKY, TREGUA SERVE SOLO A PREPARARE NUOVI ATTACCHI
(ANSA) - "Le autorità russe vogliono usare il Natale come copertura per fermare l'avanzata dei nostri ragazzi nel Donbass, anche solo per un po', e portare attrezzature, munizioni e mobilitarsi più vicino alle nostre posizioni". Lo ha detto Volodymyr Zelensky nel messaggio serale, commentando la tregua di 36 ore per il Natale ortodosso chiesta da Vladimir Putin. "Questo porterà solo un altro aumento del numero delle vittime. Tutti nel mondo sanno come il Cremlino usa le pause della guerra per continuare la guerra con rinnovato vigore", ha aggiunto, assicurando che la "guerra finirà quando i soldati" russi "se ne andranno o li cacceremo”.
2. USA, TREGUA RUSSA È 'CINICA', MOSCA CERCA SOLO 'OSSIGENO'
(ANSA) - La proposta di Mosca di una tregua di 36 ore in Ucraina per il Natale ortodosso è "cinica" ed è solo un tentativo di Putin di "guadagnare una boccata di ossigeno": a dichiararlo è il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Ned Price in un briefing con la stampa, riportato dal Guardian. "Non c'è parola che possa descrivere meglio (la proposta di tregua) che 'cinica'. La nostra preoccupazione (...) è che i russi cerchino di sfruttare ogni pausa temporanea nei combattimenti per riposarsi, riprendersi, riorganizzarsi e, alla fine, ri-attaccare", ha detto Price. La tregua proposta dovrebbe scattare a mezzogiorno (le 10 in Italia) di oggi e cessare alla mezzanotte (le 22 italiane) di domani, giorno del Natale ortodosso secondo il Calendario giuliano.
3. CESSATE IL FUOCO
Estratto dell’articolo di Micol Flammini per “il Foglio”
Da un lato, Vladimir Putin non avrebbe potuto farla passare come una sua idea, sarebbe stato segno di debolezza. Dall'altro non avrebbe potuto mostrare di essere pronto a dar retta a chiunque, avrebbe mostrato docilità. Il presidente russo ieri ha ordinato per la prima volta dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina un cessate il fuoco per il Natale ortodosso.
L'annuncio del presidente russo è stato preceduto dalla richiesta del patriarca di Mosca Kirill pubblicata dall'agenzia Tass e diretta a "tutte le parti coinvolte nel conflitto" per "stabilire una tregua natalizia".
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[…] Il legame tra il presidente e il patriarca è forte, Kirill ha contribuito a rafforzare il potere di Putin e il patriarca ha anche benedetto la guerra, iniziata contro i suoi stessi fedeli. In Ucraina sono numerosi gli ortodossi che fanno riferimento al patriarcato di Mosca e che hanno chiesto a Putin di porre fine alla guerra e a Kirill di smettere di appoggiarla. Il fastidio nei confronti del patriarcato di Mosca è in crescita in Ucraina e la Chiesa ortodossa russa si ritroverebbe molto più povera qualora i fedeli di Kyiv decidessero di sfilarsi.
L'annuncio di Putin è rivolto anche a loro e nasce dalla volontà di legittimare la sua guerra come una questione di valori, come una lotta giusta della Russia contro "l'ideologia nazista" dell'Ucraina: per questo ha fatto in modo che il consiglio gli giungesse dall'autorità spirituale di Mosca.
La notte di Capodanno, inoltre, mentre il presidente rivolgeva ai russi il suo discorso di fine anno, l'esercito russo ha subìto a Makiivka uno degli attacchi più pesanti dall'inizio della guerra, quando durante un bombardamento ucraino sono morti centinaia di uomini arrivati da poco al fronte. Ricevere un colpo così anche durante le celebrazioni del Natale sarebbe ancora più eclatante.
Il gesto del presidente russo è teatrale e la staffetta di annunci con Kirill sembra una messa in scena, che gli ucraini temono possa nascondere una trappola: Putin potrebbe non rispettare il cessate il fuoco oppure usarlo a suo favore. […]
4. VLADIMIR PACIFISTA NON INGANNA PIÙ NESSUNO
Anna Zafesova per “La Stampa”
«Non si può nemmeno parlare di una tregua!». È forse la prima volta che i soldati di Putin gli disobbediscono così apertamente, e il fatto che a esplicitare il disaccordo con la proposta di un cessate il fuoco sia proprio un uomo totalmente dipendente dal Cremlino come il governatore dei territori occupati della regione di Donetsk Denis Pushilin è sintomo di qualcosa che si sta incrinando nella piramide del potere russo.
attacco ucraino alla base militare russa di makiivka.
Il presidente diventa improvvisamente "pacifista", e perfino il suo portavoce Dmitry Peskov sceglie di dare un'altra chance alla tregua rifiutata dai funzionari di Kyiv, mettendo in dubbio che «sia una decisione di Zelensky». Ma a rispondere, ancora prima del presidente, è il popolo dei fedelissimi putiniani, gli "inviati di guerra", i blogger nazionalisti, i troll manovrati nelle chat delle "vedove dei soldati" e delle "madri del Donbass", che urlano tutti al «tradimento», al pericolo di «un nuovo accordo di Minsk», parlano di «follia» e si permettono addirittura di considerare l'ordine del presidente di far tacere i cannoni per 36 ore una "fake news".
Se l'obiettivo di Vladimir Putin era mostrarsi un comandante supremo moderato e dialogante, oltre che un credente che fa un gesto di buona volontà prestando ascolto all'appello di pace del capo della chiesa russa, è proprio la sua base di fedelissimi "dio, patria e famiglia" ad affondare l'idea ancora prima della controparte ucraina, e mentre il patriarca Kirill propone una tregua di Natale in un «conflitto interno al nostro popolo», Pushilin non ha dubbi: «I leader dell'Ucraina non possono essere considerati ortodossi».
IL PATRIARCA KIRILL CON VLADIMIR PUTIN ALLA VEGLIA PASQUALE
I russi considerano dunque la guerra ora anche religiosa, dopo che il governo di Kyiv ha tolto alla chiesa di Mosca l'usufrutto della cattedrale dell'Assunzione, il santuario centrale del leggendario monastero delle Grotte, dove la liturgia del Natale ortodosso verrà officiata oggi dal capo della chiesa ortodossa nazionale ucraina. Resta da capire se Putin abbia lanciato la proposta di tregua come una provocazione, per poi addossare agli ucraini la colpa della sua violazione, o se veramente sognava le 36 ore di cessate il fuoco come una "boccata di ossigeno", come crede Joe Biden.
attacco ucraino alla base militare russa di makiivka.
L'esordio dell'anno sul fronte è stato tumultuoso per i russi: al massacro di centinaia neocoscritti a Makiivka, nei primi secondi dell'anno nuovo, si sono aggiunti già altri due attacchi mirati alle caserme russe nei territori occupati, con altre decine di soldati morti ancora prima di prendere in mano il fucile.
La rabbia per la clamorosa incompetenza dei militari ha fatto ripartire la girandola di voci moscovite su un imminente cambio al vertice del ministero della Difesa e dello Stato Maggiore, e non è escluso che la proposta di tregua sia anche un tentativo degli esperti di immagine del Cremlino di evitare di aggiungere a una «carneficina di Capodanno» anche una «carneficina di Natale».
leonid pasechnik e denis pushilin con vladimir putin
Inoltre, sempre più commentatori russi insistevano per una apparizione del presidente al fronte, e la goffa smentita del solito Peskov - «non siamo a conoscenza dei presunti piani di Putin di visitare Donetsk a Natale» - fa pensare che la tregua poteva essere funzionale a creare una finestra di sicurezza per una photo opportunity di Putin in stile Zelensky.
Che la Russia abbia bisogno di una "boccata di ossigeno" è evidente, ed è curioso che la proposta di tregua unilaterale sia venuta fuori nella telefonata di Recep Tayyip Erdogan con Putin, mentre a quanto pare, non se ne è fatta menzione nella successiva conversazione del leader turco con il presidente ucraino, al quale Ankara ha invece promesso una cinquantina di nuovi blindati.
Quasi contemporaneamente anche gli Usa e la Germania hanno annunciato l'invio di altri mezzi militari e missili antiaerei, e la reazione della diplomazia internazionale all'apertura di Putin è stata molto tiepida. È possibile che sia stato proprio Erdogan a insistere con il collega russo per un gesto di buona volontà, dopo che le ripetute ondate di missili e droni russi su Kyiv e altre città ucraine avevano semmai mostrato una totale indifferenza di Mosca verso gli aspetti umanitari e umani della guerra.
attacco ucraino alla base militare russa di makiivka
Anche l'ennesimo post minaccioso dell'ex presidente Dmitry Medvedev, che ieri ha definito la fregata russa con i missili Zirkon partita verso gli Usa come «il miglior regalo di Capodanno alla Nato» (e promesso di «usare solo il linguaggio della forza e delle armi»), sembra in netto contrasto con l'improvviso "pacifismo" putiniano. Ma anche se Putin avesse deciso veramente per una svolta, scopre ora che aver scommesso, consapevolmente e ripetutamente, sulle correnti più estreme e le retoriche più irriducibili, gli toglie spazio di manovra. Per essere convincente, un cambio di rotta a questo punto deve essere anche un cambio di sostanza del regime. -