Estratto dell’articolo di Massimo Gramellini per il “Corriere della Sera”
Due anni fa il professor Luciano Canfora, illustre collaboratore del nostro giornale, definì Giorgia Meloni «neonazista nell’anima» […]. Non condivido il giudizio del professore, ma questo non mi impedisce di pensare che Meloni abbia commesso due errori: uno nel querelare Canfora e l’altro, ancora più grave, nel non aver ritirato la querela dopo essere diventata presidente del Consiglio.
[…] Da sempre i politici hanno la querela facile: nascondono l’insofferenza sotto la maschera del vittimismo. E quando ricoprono un incarico istituzionale tendono a comportarsi come se non l’avessero […]. Io invece li preferirei compresi nel ruolo, con tutti i privilegi e gli impedimenti che ne derivano. Tra quest’ultimi rientra l’inopportunità di portare in tribunale un privato cittadino, soprattutto per un presunto reato di opinione.
«Io sono Giorgia» non è più Giorgia: non fino a quando sarà la presidente del Consiglio. E da una presidente del Consiglio ci si aspetta che rinunci a trascinarsi dietro le vecchie querele, così come a farne di nuove. Non certo per magnanimità, e non solo per intelligenza politica, ma per senso dello Stato. […]
giorgia meloni con i soldati italiani in libano 2