Claudio Tito per repubblica.it - Estratti
Sterilizzare la presidenza ungherese. Renderla innocua e ininfluente. Un filo invisibile legava ieri Washington a Bruxelles. A margine del vertice Nato, infatti, i leader europei hanno concordato di evitare lo scontro diretto con il premier di Budapest, Viktor Orbán. Ma nello stesso tempo di rendere inutili le sue iniziative propagandistiche. In particolare i viaggi a Mosca e a Pechino. Per poi fargliela pagare sulle cose più concrete: soldi e poltrone.
Così dall’altra parte dell’oceano, il Coreper (il Comitato degli ambasciatori dei 27 Paesi Ue) si è limitato a esprimere una lamentela formale nei confronti del governo magiaro che si è difeso ribadendo che le missioni di Orbán sono state organizzate a titolo nazionale e non a nome dell’Ue. Non poteva essere altrimenti. Una decisione politica non poteva essere assunta da un organismo composto da diplomatici.
Le conseguenze di questo ultimo scontro tra Ungheria e Ue, però, non si limitano alla reprimenda del Coreper. Intorno a Budapest si sta stendendo un ulteriore “cordone sanitario” che la renderà irrilevante nelle decisioni europee. Come era previsto l’idea di revocare il semestre di presidenza non era realizzabile. La procedura sarebbe stata troppo lunga e complicata (ci sarebbe stato bisogno di un voto in Consiglio europeo) e avrebbe costituito un precedente pericoloso. La protesta di 25 Stati su 27 è destinata semmai a condizionare soprattutto il prossimo futuro, a boicottare il semestre ungherese e le iniziative di Orbán.
Sostanzialmente tutti i consigli europei informali verranno disertati e dequalificati. I ministri saranno presenti in un numero limitato di occasioni. Al premier ungherese non verrà assegnato nessun incarico politico se non lo svolgimento delle pratiche formali legate al semestre di presidenza. Mai come questa volta la funzione sarà solo formale. L’obiettivo è in primo luogo quello di ridimensionare la sua attività propagandistica nella consapevolezza che al momento del voto su decisioni e documenti, alla fine il premier ungherese rilascia sempre la corda. Come sta accadendo proprio al summit dell’Alleanza Atlantica dove non ha contestato un solo passaggio del documento finale.
Ma la vicinanza ungherese alla Russia e alla Cina resta comunque un nodo da sciogliere.
Non solo. La vendetta si consumerà plasticamente in autunno, quando il Parlamento dovrà esaminare le candidature dei Commissari. Il nome che sarà avanzato dal governo ungherese sarà inevitabilmente sottoposto ad un fuoco di fila e difficilmente supererà la cosiddetta “graticola”.
viktor orban e volodymyr zelensky
Come minimo Orbán sarà obbligato a presentare una seconda candidatura. «Gli faremo ballare la tarantella», è il commento più diffuso
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