CINA A BIDEN, NESSUNO PUÒ FERMARE RIUNIFICAZIONE DI TAIWAN
(ANSA) - "Vorrei ricordare agli Usa che non c'è forza al mondo, compresi gli Usa, che possa fermare il popolo cinese dal raggiungimento della completa riunificazione nazionale. Non c'è forza al mondo, compresi gli Usa, che possa salvare il destino delle forze dell'indipendenza di Taiwan dal fallimento".
Lo ha detto commento del portavoce del ministero Esteri Wang Wenbin su quanto ha detto oggi il presidente Joe Biden secondo cui non ci sono cambi di politica su Taiwan. "Consigliamo agli Usa di ascoltare una famosa vecchia canzone cinese. Canta: quando arriva un amico, c'è del buon vino. Se arriva lo sciacallo, c'è un fucile per salutarlo".
2 - BIDEN SFIDA LA CINA SU TAIWAN
Francesco Semprini per “La Stampa”
Sostegno militare a Taiwan in caso di aggressione della Cina. Gli Stati Uniti sembrano pronti all'opzione bellica, ad ascoltare le parole di Joe Biden impegnato nella sua missione in Estremo oriente. Il presidente Usa spiazza tutti, compresa la Casa Bianca, e si lancia in una difesa preventiva di Taipei con cui mette in guardia Pechino. Col risultato di far infuriare la leadership del Dragone.
joe biden e fumio kishida a tokyo
A Tokyo, durante la conferenza stampa con il premier giapponese Fumio Kishida, alla domanda se sarebbe «disposto a farsi coinvolgere militarmente per difendere Taiwan», nel caso di escalation, risponde: «Sì, questo è l'impegno che abbiamo preso». Ricordando poi che gli Usa sono per il rispetto della «politica dell'Unica Cina, l'abbiamo firmata, ma questo non vuol dire che Pechino può prendere Taiwan con la forza».
Un avvertimento che sembra scostarsi dalla deliberata ambiguità dietro la quale si è sempre mossa Washington su Taipei, e che ha spinto la Casa Bianca a minimizzare, dicendo che le sue parole non riflettono un «cambiamento» nella politica Usa. Il fatto però è che secondo quanto dichiarato da fonti del 1600 di Pennsylvania Avenue alla Cnn, i consiglieri più vicini a Biden sono stati «colti di sorpresa» dalle parole del Comandante in capo.
joe biden e fumio kishida a tokyo
Pechino, intanto, si è già detta pronta a difendere i suoi interessi nazionali su Taiwan: «Nessuno dovrebbe sottovalutare la decisa determinazione, la ferma volontà e la forte capacità del popolo cinese di difendere la sovranità nazionale e l'integrità territoriale», ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin. L'apparente discrasia tra Biden e Casa Bianca potrebbe tuttavia essere mirata, come spiega il professor Arije Antinori, esperto di comunicazione strategica per l'Ue.
L'amministrazione potrebbe aver scelto questo approccio perché concede il tempo di raccogliere le reazioni della comunità internazionale e dell'elettorato su entrambe le posizioni, di lavorarci e calibrare il tiro nella postura finale».
L'affermazione di Biden deve, in ogni caso, essere messa a sistema con l'altra iniziativa varata dal presidente nel viaggio asiatico (prima tappa era stata la Corea), il lancio dell'Indo-Pacific Economic Framework, il piano di investimenti e di rafforzamento dei rapporti commerciali che farà aumentare la presenza di Washington nell'area.
«La nuova piattaforma economica sarà introdotta per ostacolare l'espansionismo della Cina, e porterà numerosi vantaggi per l'intera regione», ha detto Biden, annunciando che al patto hanno aderito 13 Paesi (che valgono circa il 40% del Pil mondiale), ossia Usa, Giappone, India, Corea del Sud, Australia, Indonesia, Thailandia, Singapore, Malesia, Filippine, Vietnam, Nuova Zelanda e Brunei.
«Ci saranno benefici economici concreti per gli Stati che vorranno partecipare alla nuova alleanza economica», ha poi ribadito dopo l'incontro con Kishida, assicurando che Washington è determinata a difendere il Giappone, con il quale c'è un'alleanza che considera la «pietra miliare» della pace e della stabilità nella regione.
La strategia Indo-Pacifica degli Usa ha il solo scopo di contenere la Cina ed è destinata a fallire, è stato il commento del ministro degli Esteri Wang Yi, aggiungendo che se il patto «diventa uno strumento politico per gli americani per salvaguardare la propria egemonia economica regionale ed escludere deliberatamente Paesi specifici, sarebbe su una strada sbagliata».
«Biden sta tentando di imporre al mondo l'immagine degli Usa quali leader di una nuova sicurezza globale sul doppio binario del nuovo bipolarismo (Occidente vs Russia) e della competizione più importante (Usa vs Cina), soprattutto in termini di sviluppo tecnologico - prosegue il professor Antinori -.
Sin dagli inizi del secolo in corso, la preoccupazione di un'asse sinorusso o di una certa convergenza di interessi in funzione anti-Usa, costituisce una delle principali minacce per Washington che vede ormai da tempo l'Indo-Pacifico come la regione di proiezione primaria dell'interesse Usa».
Se il contenimento del Dragone in Asia rappresenta il fulcro della missione del presidente Usa nella regione, Biden non ha mancato di assestare affondi anche alla Russia che deve pagare «un prezzo di lungo termine» per la «barbarie in Ucraina».
Questo - chiosa - «è il costo di chi vuole cambiare gli assetti con l'uso della forza». Il presidente Usa afferma che sostenere le sanzioni nei confronti di Mosca è il segnale giusto con cui avvertire la Cina di quanto le costerebbe prendere Taiwan con la forza.
Affermazioni che arrivano nel giorno in cui è emerso come il Pentagono e il dipartimento di Stato stanno valutando la possibilità di inviare forze speciali a protezione dell'ambasciata Usa a Kiev. «Stiamo esaminando le condizioni di sicurezza» della sede diplomatica in Ucraina «ma non è stata presa nessuna decisione».
La presenza di truppe a stelle e strisce in Ucraina segnerebbe un'escalation, agli occhi di Putin una violazione dell'impegno iniziale di Biden che nessun soldato Usa avrebbe messo piede in Ucraina. Un atto «ostile» meritevole di rappresaglia.