Alessandro Di Matteo per “la Stampa”
L' autonomia regionale va avanti piano, anche se Matteo Salvini già parla di «passaggio storico». La bozza di intesa tra governo e regioni arriva in consiglio dei ministri entro il termine indicato dal premier Giuseppe Conte, ma di fatto viene tutto rinviato perché M5S fa muro e il leader della Lega preferisce non forzare, a patto che l' intesa finale arrivi comunque entro pochi giorni. Salvini ha preteso un vertice con Conte e Di Maio già la prossima settimana.
Ma probabilmente nemmeno questo sarà risolutivo. Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, le regioni che hanno chiesto l' autonomia rafforzata su una serie di competenze, dovranno trattare ancora e convincere soprattutto il Movimento di Luigi Di Maio, che ieri ha presentato addirittura un dossier sull' argomento, pronunciando un altolà: «Guai alla creazione di un contesto in cui ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B».
Per i 5 stelle il rischio è che «le Regioni più ricche abbiano maggiori trasferimenti a scapito di quelle più povere. L' esito finale non potrebbe che essere anticostituzionale». Soprattutto, un' operazione inaccettabile per un partito che ha ottenuto i migliori risultati proprio al Sud e che rischia di lasciare spazio alla concorrenza.
Non è certo un caso che il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e il presidente della Campania Vincenzo De Luca abbiano già cominciato a incalzare M5S su questo punto: «Vogliono dissolvere l' unità nazionale - dice De Magistris manifestando davanti alla Camera - spiace vedere il M5S che ha preso così tanti voti anche al Sud, approvare una manovra che nei confronti del Mezzogiorno è davvero assai penalizzante».
Troppo, per un partito che ha appena subito una pesante sconfitta in Abruzzo.
Non bastano le rassicurazioni della Lega. La ministra Erika Stefani, che ha tenuto la regia di tutta la fase «tecnica» della trattativa, assicura che non ci saranno «penalizzazioni» per le regioni del Sud. Salvini, al termine del consiglio dei ministri, lascia trasparire una certa irritazione: «Non ci saranno cittadini di serie A e di serie B. Chi dice queste cose non l' ha letto».
Ma il dato di fatto è che l' accordo ancora non c' è, perché M5S chiede garanzie, non intende cedere tutte le competenze che chiedono soprattutto Veneto e Lombardia. Non solo, M5S addirittura «esige» (così c' è scritto nel dossier) che il Parlamento possa a sua volta modificare le intese, prima di approvarle, e che non sia costretto a dire semplicemente sì o no ai testi che arriveranno. «Il Movimento 5 Stelle - si legge nel dossier dei gruppi parlamentari grillini - esige che il Parlamento mantenga un ruolo centrale nella valutazione delle legge che recepisce le intese, con la possibilità di correggerle se necessario».
LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI GIUSEPPE CONTE
Su questo la tensione è stata alta in consiglio dei ministri, Salvini e la Stefani si sono detti disponibili a concedere un passaggio parlamentare prima della firma delle intese, ma non accettano che poi Camera e Senato possano rimettere mano a degli accordi ormai siglati da governo e Regioni. «Stiamo valutando come coinvolgere il Parlamento», spiega il leader della Lega dopo la riunione del governo. La Stefani aggiunge: «È difficile che ci sia un ddl che possa essere emendabile, ma ci sarà un confronto parlamentare prima di firmare l' intesa».
Ma la Lega, appunto, non vuole far saltare tutto proprio ora. Salvini da giorni invita i suoi alla cautela perché sa bene che l' alleato M5S va trattato con prudenza, dopo la sconfitta in Abruzzo: meglio accettare qualche compromesso e ritardare un po'.
Linea che sposano anche i presidenti di Lombardia e Veneto. Attilio Fontana dice: «Quella di oggi forse non è la giornata epocale che ci aspettavamo, ma è sicuramente un passo avanti significativo verso l' autonomia». A frenare, dice, sono «alcuni ministri Cinque stelle, ma non solo. È un sentimento trasversale di gente che ha paura del cambiamento».
STRADE, SANITÀ E CULTURA I NODI DA RISOLVERE PER TROVARE UN ACCORDO
Paolo Baroni per “la Stampa”
SALVINI CON IL PUPAZZO DI DI MAIO
La questione economica è stata risolta mercoledì nel corso dell' ennesimo vertice che si è tenuto al ministero dell' Economia. Alle Regioni andrà una quota delle entrate fiscali corrispondenti alle funzioni trasferite usando come base di calcolo il costo storico dei vari servizi erogati in maniera da evitare scossoni. Poi entro tre anni si dovrebbe passare ai fabbisogni e a costi standard. Il tutto, oggi come eventualmente nel 2022, a patto che l' operazione sia a saldo zero.
In questo modo, assieme alla definizione dl quadro generale delle nuove regole, l' intesa tra governo e regioni sull' autonomia differenziata fa certamente un passo avanti, ma su tante questioni (molte delle quali di grande rilievo) le distanze sono e restano ancora siderali. Tant' è che ieri sera in Consiglio dei ministri la responsabile degli Affari regionali Erika Stefani non è riuscita a portare un testo finale condiviso. I nodi da sciogliere, soprattutto con Veneto e Lombardia (ma anche con l' Emilia Romagna) sono tanti.
Sia Zaia che Fontana rivendicano competenze su tutte e 23 le materie in gioco anche se poi gli ostacoli veri li stanno incontrando entrambi su quattro temi ben precisi: ambiente, sanità, infrastrutture e beni culturali. Argomenti e capitoli di bilancio pesanti su cui il governo non intende mollare tanto facilmente. Per primo il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, che non ne vuole sapere di perdere il controllo su porti, aeroporti, autostrade, strade statali e ferrovie.
IL DITO MEDIO DI VINCENZO DE LUCA AI GRILLINI
Lo scontro su trasporti e reti Sia Veneto che Lombardia pretendono di subentrare allo Stato nel ruolo di concedenti su tutte le principali infrastrutture di trasporto. Il Veneto vuole che le vengano trasferite ben 18 linee ferroviarie mentre la Lombardia ne rivendica 25. E poi ovviamente tutte le autostrade e le strade nazionali che attraversano i rispettivi territori, in modo da poterne gestire in autonomia investimenti e ricavi. Le due giunte vorrebbero poi allargare la loro influenza anche agli aeroporti e sulla rete di distribuzione dell' energia, con Zaia che punta anche alle accise applicate alla produzione di gas naturale attraverso impianti di rigassificazione.
Rifiuti e ambiente Anche in campo ambientale l' asse lombardo-veneto punta a soppiantare lo Stato nella gestione dei rifiuti, compresa la localizzazione dei nuovi impianti di incenerimento, nelle bonifiche e nella valutazione di impatto ambientale di tutte le infrastrutture che ricadono nei rispettivi territori. Un pacchetto corposissimo a cui il Veneto aggiunge anche la valutazione del danno ambientale. Nella sanità il doppio «no» del governo riguarda materie e aspetti altrettanto delicati come la farmaceutica, i limiti di spesa, la gestione del personale sanitario (compresa la possibilità di erogare stipendi più ricchi) , il sistema tariffario (compresa la possibilità di manovrare o ticket) e di rimborso. In pratica, come notano diversi osservatori, se passassero queste richieste sarebbe la fine del sistema sanitario nazionale come l' abbiamo conosciuto sino ad adesso.
luigi di maio giuseppe conte matteo salvini giovanni tria
Brera, Leonardo e il Fus
Altro punto del contendere i beni culturali e le risorse attribuite al Fondo unico dello spettacolo, ovvero la cassaforte gestita a livello nazionale dal Ministero. Nel primo caso la Lombardia arriva a rivendicare la possibilità di gestire in autonomia ben 25 tra i principali gioielli regionali, dalla Pinacoteca di Brera al Cenacolo Vinciano, da Palazzo Litta a Milano alle Grotte di Catullo a Sirmione al Museo della preistoria della Val Camonica, proseguendo poi con biblioteche, siti e parchi archeologici e ville romane. Il Veneto rivendica a sua volta la piena competenza sulla tutela e valorizzazione dell' intero patrimonio dei beni culturali. Ed entrambe le regioni vogliono poi gestire ognuna per proprio conto le loro quote del Fus.
Emilia Romagna light Il confronto-scontro tra Roma e l' Emilia Romagna, che a dire il vero ha presentato un pacchetto molto più light di richieste, riguarda essenzialmente tre filoni: ambiente, scuola e infrastrutture. In quest' ultimo caso la giunta bolognese non aspira alla proprietà di strade e ferrovie ma punta ad ottenere poteri di governo e di indirizzo e la regionalizzazione dei fondi destinati al trasporto pubblico locale.
In campo ambientale punta sulla difesa del suolo (programmazione e risorse certe) e sulla montagna, rivendica la possibilità di varare in autonomia misure di sostegno, dalla fiscalità di vantaggio come può essere ad esempio la riduzione dell' Irap alla possibilità di istituire nuove Zes (zone economiche speciali). E come le altre due regioni del Nord anche l' Emilia Romagna vuole poter incidere sulle Valutazioni di impatto ambientale relative alle infrastrutture statali che ricadono sul suo territorio. Anche sul capitolo scuola la richiesta riguarda programmazione risorse certe in materia di edilizia scolastica e diritto allo studio. Adesso inizia l' ultimo miglio della trattativa: vedremo di qui a una settimana cosa resterà ancora in piedi.