Amedeo La Mattina per la Stampa
Un fine legislatura così infuocato dentro la maggioranza non si vedeva da tempo. Gli scissionisti di Mdp non votano la manovrina economica e la fiducia. E lo scontro tra Renzi e Alfano ha raggiunto livelli inimmaginabili. Con lo sbarramento al 5% previsto nella legge elettorale il leader del Pd mette seriamente a rischio la sopravvivenza di Alternativa Popolare che adesso cerca di allearsi con tutti gli altri cespugli.
Punta su Stefano Parisi come frontman, dopo che il ministro Calenda ha declinato l' offerta di leadership. Parisi però alza il prezzo dell' alleanza ed esclude le primarie proposte da Alfano e da Fitto, il quale prende le distanze («io parlo con tutto il centrodestra», dice sibillino).
Quindi per il momento Alfano naviga a vista e subisce gli attacchi di Renzi, che non gli risparmia cattiverie. «Sei stato cinque anni al governo, hai fatto il ministro di tutto e non prendi il 5%: non è che possiamo fermare tutto. Non è accettabile che nel 2017 ci siano ancora i piccoli partiti a porre veti». Anzi, Alfano dovrebbe ringraziarlo perché Berlusconi avrebbe proposto non il 5% ma il 6%: e lui, Matteo, ha detto di no. Una scudisciata dopo l' altra: «Io ho l' impressione che è più la paura di non entrare in Parlamento... Alfano parla di conto salato per l' Italia? Ma di che parliamo?».
Il conto salato di cui parla il ministro degli Esteri sarebbe l' esposizione dell' Italia alla speculazione se il Paese precipitasse alle urne senza avere fatto la manovra economica. Il leader di Ap si sente tradito da un «avventuriero, un serial killer», ma non sarà lui a staccare la spina al governo Gentiloni.
«Fin qui i governi li ha fatti cadere solo il Pd, peccato fossero i propri. Vedremo se indurrà anche Gentiloni alle dimissioni oppure lo sfiducerà». Renzi «insulta», dice Alfano: è nervoso, sfugge alla domanda se sarà ancora sua la mano che ucciderà un' altro premier del Pd. E quanto alla soglia del 5%, l' ex ministro dell' Interno avverte: «Con Matteo ne parleremo in Parlamento la prossima legislatura, perché ho l' impressione che ci rivedremo».
È una sfida aperta quella di Alternativa popolare che ricorda le prerogative del Capo dello Stato: solo Mattarella può sciogliere le Camere. Sarà però difficile fermare l' intesa tra Pd, Fi e 5 Stelle (Lega compresa) sulla legge elettorale. Intesa che implica la corsa alle urne. Anche l' ultima trincea del Senato difficilmente riuscirà fermare tutta l' operazione.
Alfano e gli altri oppositori alla grande armata non potranno contare sul presidente della commissione Affari costituzionali Salvatore Torrisi, nonostante sia di Alternativa popolare. «Io non freno e non accelero. Ho un ruolo istituzionale di garanzia. Il mio compito - spiega Torrisi - è quello di applicare il regolamento e le procedure parlamentari».
Renzi non fa marcia indietro, convinto che riuscirà ad ottenere le elezioni anticipate a settembre-ottobre. Ieri il clima al Senato era di resa, salvo imprevisti. Gaetano Quagliariello faceva il conto che a Palazzo Madama ci sono tra i 70 e gli 80 senatori che venderanno cara la pelle, che faranno di tutto per far slittare i lavori fino al punto di evitare le urne. E di far sbattere la grande armata dell' accordo sulla legge elettorale sugli scogli. «Ma le navi di questa armata - ha spiegato con ironia il capogruppo del Pd Zanda - sono capaci di navigare pure sui bassi fondali. Hanno la ciglia piatta».