Goffredo De Marchis per “la Repubblica”
RENZI E BERLUSCONI MATRIMONIO ALL ITALIANA
Renzi vorrebbe sgombrare il campo della riforma elettorale dalla corsa già scattata per la successione a Napolitano. Per farlo c’è un solo modo: convincere il presidente della Repubblica a rinviare di pochi mesi il momento delle dimissioni. Non gennaio dunque, ma qualche settimana più avanti.
Per convincerlo però si può usare un solo strumento, non le lusinghe, non gli attestati di stima, bensì atti politici concreti e la dimostrazione di una tenuta granitica dell’unico pilastro rimasto in Parlamento: il Partito democratico. «Ecco perché sull’Italicum dobbiamo andare ancora più veloci — spiega il premier —. Va assolutamente approvato al Senato entro Natale e non solo in commissione, ma in aula».
L’ultimatum a Forza Italia si sposta di 48 ore. Non cambia granché. Mercoledì è stata convocata d’urgenza la direzione del Pd per il via libera alle ultime modifiche. «Prima vedrò Berlusconi», annuncia Renzi al vertice di maggioranza. Ma non per rinviare semmai per correre più in fretta.
Secondo il presidente del Consiglio si può esercitare un pressing sul capo dello Stato perché rimanga al suo posto il più a lungo possibile. Senza grandi speranze di riuscirci, ma l’unica chance è portare a casa dei risultati e dimostrare una compattezza parlamentare. Insomma, far intravedere a Napolitano il premio al suo doppio mandato e al sacrificio del bis: firmare lui la nuova legge elettorale.
Non c’è in ballo solo quella, dicono a Palazzo Chigi. L’altro tassello fondamentale dell’opera di convincimento è il Jobs Act. Un provvedimento che spacca la sinistra e provoca il durissimo scontro con i sindacati. Renzi ora vuole ridurre i danni e sta cercando un’intesa con la minoranza del Pd.
Ma per arrivare al traguardo non si può cedere sui tempi e il premier non vuole certo farlo con Berlusconi. Per questo il vertice di maggioranza (il primo in otto mesi di governo) serve a dimostrare la forza autonoma della coalizione di governo. Per questo Renzi non molla sul premio alla lista, scoglio dei berlusconiani: «L’adesione alla lista unica è una rivoluzione storica per l’Italia. Farebbe di noi un Paese all’avanguardia».
Dunque questo paletto non di discute e se Forza Italia tira troppo la corda «il Patto del Nazareno lo seppellisco io. Offro ai partitini la soglia di sbarramento al 4 per cento se non addirittura al 3 e vado avanti. Perché un rinvio non è possibile», avverte il premier. L’annuncio di un nuovo vertice è il segnale della volontà di non rompere. Ma Silvio Berlusconi, dicono a Palazzo Chigi, «deve liberarsi in un attimo dei pasdaran come Giovanni Toti. Le regole del gioco si fanno insieme però bisogna farle. Non si può rimandare all’infinito».
Allora l’offerta ultimativa a Forza Italia si concretizza in un impegno formale. Avete paura del voto anticipato? «Bene, noi vogliamo arrivare al 2018 e lo mettiamo per iscritto nel documento finale del vertice di maggioranza - spiega Renzi -. Ma vogliamo fare il più veloce possibile, anche sul Jobs Act, la delega fiscale, la riforma costituzionale ». Il patto dunque sembra davvero in bilico, appeso alle scelte dell’ufficio di presidenza di Fi convocato oggi e della direzione Pd di domani. Ieri i contatti sono proseguiti.
Si sono sentiti il sottosegretario Luca Lotti e Denis Verdini, che deve convincere l’ex Cavaliere e il suo partito a non abbandonare la trattativa. Però a Renzi, chiaramente, non basta più la sponda di Berlusconi. Ha bisogno di compattare la maggioranza la necessità di tenere unito il suo partito. Con il quale però il fronte aperto non è solo quello dell’Italicum. C’è anche e pesa come un macigno la riforma del lavoro e le sue ricadute sui rapporti della sinistra con i sindacati e la piazza.
Bisogna prepararsi alla eventuale rottura con Berlusconi e trovare nuovi canali con i dissidenti del Pd. Gira voce di una riunione riservata tra maggioranza e minoranza dem sull’articolo 18. Se il partito di Largo del Nazareno non è unito, ovviamente diventa impossibile assorbire la possibile fine del patto con Berlusconi, che è stato a lungo usato anche per non farsi fermare dai ribelli interni.
LANDINI E CAMUSSO CONTRO RENZI
«La nostra tenuta sta per trasformarsi nel tema dei temi», dice il presidente Matteo Orfini. Anche e soprattutto nell’ottica di fornire a Giorgio Napolitano degli argomenti per ripensare l’addio o meglio i tempi dell’addio. La carta di un impegno scritto ad arrivare al 2018, ad escludere il voto anticipato fino al referendum sulle riforme costituzionali viene usata verso Forza Italia ma anche verso i dissidenti del Pd garantendo loro la sopravvivenza.
È una partita giocata sui nervi ma in cui non è contemplata l’ipotesi di un rinvio, magari solo mascherato, intorno alla legge elettorale. Nessuno crede davvero che il premier voglia smarcarsi dall’uomo di Arcore. E nessuno crede che Berlusconi possa rinunciare alla centralità che gli offre la discussione sulle riforme. Ma l’Italicun deve andare avanti. «Più velocemente del previsto».