Erica Manna per “la Repubblica” - Estratti
Doveva essere la prima regione ad andare al voto, a fine ottobre, a tre mesi dalle dimissioni di Giovanni Toti: in questo modo — questo, almeno, l’auspicio delle opposizioni — la Liguria avrebbe potuto scatenare un effetto valanga e trainare la vittoria anche di Emilia- Romagna e Umbria. «Un segnale al Paese contro un certo modello di regione e di Italia», ripetono nel campo del centrosinistra.
E invece, il decreto non c’è ancora, ma il Viminale ha dato via libera all’election day: una tornata unica per le regionali in Liguria, Emilia-Romagna e Umbria che dovrebbe convergere verso il 17-18 novembre. Quindici giorni di tempo in più, dunque: che al campo largo intento a comporre faticosamente il suo puzzle fanno temere l’impasse. E infatti, l’appello di tutte le anime della coalizione che ha ritrovato unità proprio nella piazza di Genova del 18 luglio, con gli abbracci di Elly Schlein, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni a chiedere le dimissioni di Toti, è di fare presto.
«Non possiamo permetterci questa melina, bisogna accelerare », ripetono i dem. Un confronto a Roma è atteso già oggi, per provare a sbrogliare la matassa. Perché di fronte a un centrodestra ancora alla ricerca di un nome, la paura che serpeggia nel campo largo ancora da perimetrare è quella di farsi, per l’ennesima volta, del male da soli.
Nella Liguria travolta dalla maxi inchiesta che ha portato all’arresto dell’ormai ex governatore Giovanni Toti, indagato per corruzione e falso e tornato dopo 86 giorni ai domiciliari in libertà (e a una intensa e aggressiva attività social da campagna elettorale), i candidati di entrambi gli schieramenti restano al momento congelati.
Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia e del Lavoro, nome forte del centrosinistra designato dal Pd e sostenuto da Elly Schlein, non ha infatti ancora ricevuto l’investitura ufficiale. Ma se Orlando è già di fatto in campo (ieri era nel ponente ligure a incontrare i sindaci di Sanremo, San Lorenzo al Mare e Rezzo, «una giornata di ascolto con gli amministratori e le amministratrici in Liguria, come sto facendo ormai da diverso tempo», spiegava sui social), a sparigliare ora è la proposta Cinque Stelle di un proprio nome. Ovvero Luca Pirondini: 43 anni, senatore M5S, genovese (a differenza dello spezzino Orlando), maestro di viola.
«Non poniamo alcun veto su Orlando, la nostra non è una proposta prendere o lasciare — spiega a Repubblica Roberto Traversi, deputato e coordinatore ligure del Movimento 5 Stelle — ma vogliamo avere la nostra dignità al tavolo. Non vogliamo bloccare il processo, ma sostenevamo da tempo che avremmo fatto un nome nostro: abbiamo il nostro radicamento territoriale. Orlando è un politico esperto. Pirondini non è mai stato ministro, ma è un nome di serie A, un volto nuovo».
Non più dunque un potenziale candidato sindaco per le comunali del 2025 considerate troppo lontane, ma il nome forte da schierare subito. E poi, c’è un altro nodo ancora più intricato da sciogliere: quanto deve essere largo questo campo? A livello nazionale, l’abbraccio di Schlein e Renzi ha riaperto la discussione con Italia Viva.
Ma in Liguria la partita è più intricata, perché Iv sostiene la giunta di centrodestra del sindaco Marco Bucci. «Se si vuole fare una coalizione bisogna essere coerenti — è la riflessione di Luca Garibaldi, capogruppo Pd in Regione — e offrire un’alternativa comprensibile al modello di Bucci e Toti». Ai tavoli per decidere un nome da schierare alle elezioni, fanno sapere i Cinque Stelle, i renziani non sono stati invitati.
Quanto al fronte del centrodestra, ogni giorno porta con sé nuovi nomi, forse anche per vedere l’effetto che fa: salgono le quotazioni di Ilaria Cavo, deputata di Noi Moderati ed ex assessora regionale.
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