1 - L'AMACA
Michele Serra per “la Repubblica”
Dopo avere detto - ed è giusto dirlo - che la sinistra sbaglia tutto; che la signora Clinton odora di vecchio establishment lontano un miglio; che il politically correct ha rotto; che se non indichi uno sbocco giusto alla crisi, la crisi troverà da sola uno sbocco purchessia; che bisogna governare l'immigrazione se si vuole evitare che le paure della ordinary people si trasformino in panico, e il panico generi mostri; che i lavoratori bianchi hanno ottime ragioni per essere incazzati, magari non perché sono bianchi ma perché sono sottoccupati; che gli editorialisti dei quotidiani delle grandi città sono dei fichetti con la Volvo che non capiscono niente della vita e dei problemi di quelli che guidano il pick-up in Arkansas o in Arizona…
Insomma, dopo avere snocciolato l'intero rosario dell' inadeguatezza, della colpevole inettitudine e dei "signora mia come siamo ridotti, noi di sinistra", mi sento in diritto di aggiungere che considero Trump una persona dalla biografia ripugnante, dai modi ripugnanti e dalle idee ripugnanti; la sua vittoria sintomo solo in parte di nuovi disagi, e in parte molto cospicua della revanche anti-Obama del peggior vecchiume reazionario di una tragica, deprimente America bigotta, ignorante e maniaca delle armi; e che l' esultanza simultanea, in tutto il mondo, dei fascisti di ogni ordine e grado, dice, dell' accaduto, se non tutto, moltissimo.
2 - L'IGNORANZA AL POTERE
Massimo Gramellini per “la Stampa”
L'ignoranza è una brutta bestia, diceva mio nonno tranviere, che si spezzava la schiena con gli straordinari per consentire al figlio di prendere il diploma e al nipote, un giorno, di imbroccare qualche congiuntivo sulle pagine di un giornale. Oggi mio nonno, come tanti elettori di Trump, non si vergognerebbe affatto di avere studiato poco.
Anzi, trasformerebbe il suo complesso di inferiorità in una forma di orgoglio, non considerando più la cultura uno strumento di crescita economica e sociale, ma il segnale distintivo di una camarilla arrogante di privilegiati. E userebbe l'unica arma a sua disposizione, il voto, per fargliela pagare, «a quei signori». Già, ma per fargli pagare cosa? Semplice: di avere raggiunto un traguardo che alla sua famiglia è precluso.
L'ignorante detesta chi ha studiato perché detesta una società che non consente più a suo figlio di farlo, obbligandolo a contrarre debiti spaventosi per strappare un «foglio di carta» che nella maggiore parte dei casi non garantisce il miglioramento delle sue condizioni, ma si traduce in una mortificazione ulteriore di stipendi bassi e lavori precari.
Ogni conservatore diventa rivoluzionario solo quando non ha più nulla da perdere. Allora viene invaso dal rancore e va in cerca di un capro espiatorio e di un vendicatore. Quasi sempre sbagliando mira. Perché è stata la finanza, non la politica e tantomeno la cultura, a costruire questo mondo di sperequazioni odiose. E non sarà un dilettante allo sbaraglio a trovare la formula magica per restituire agli esclusi il progresso perduto.