Gianluca Di Feo per “la Repubblica”
Sotto l' albero di Natale Donald Trump ha lasciato un dono che forse Palazzo Chigi avrebbe preferito evitare. La grazia a George Papadopoulos rischia di riaprire una questione che Giuseppe Conte probabilmente vorrebbe lasciare alle spalle. E che riguarda un nervo scoperto della presidenza del Consiglio: il controllo sui servizi segreti.
Ma Trump ha un conto che non intende lasciare in sospeso e fino all' ultimo giorno alla Casa Bianca farà di tutto per dimostrare di essere stato vittima di un complotto chiamato Russiagate. La clemenza verso il giovane manager d' origine greca è un passaggio chiave in questa partita, giocata in America con probabili strascichi italiani.
simona mangiante george papadopoulos
Papadopoulos infatti è il protagonista del ramo romano del Russiagate. Mentre era nello staff elettorale di Trump, incontra alla Link University capitolina il misterioso professore maltese Joseph Mifsud. Ne nasce una frequentazione, facilitata dalla compagnia di una fascinosa studentessa russa presentata come "nipote di Putin". Finché Mifsud, di rientro da un convegno a Mosca, non prospetta a Papadopoulos la possibilità di mettere le mani sulle mail hackerate dai russi a Hillary Clinton, la sfidante democratica alla Casa Bianca.
Quando esplode l' indagine del procuratore speciale Robert Mueller sui rapporti sotterranei tra Trump e il Cremlino, l' Fbi si concentra subito su Papadopoulos.
Che mente sui rapporti con Mifsud e poi si trova costretto a riconoscere le false dichiarazioni: viene condannato a 14 giorni di cella e un anno di libertà vigilata. Nel 2019 la presidenza repubblicana apre una controinchiesta - affidata dal ministro della Giustizia William Barr al procuratore John Durham - per dimostrare che i federali avevano costruito un complotto. E Papadopoulos ne diventa il cardine, sostenendo che Mifsud era un agente provocatore, manovrato dai servizi segreti inglesi e italiani.
Di Mifsud però non c' è traccia.
Le ultime notizie risalgono all' estate 2018, quando avrebbe confidato al suo avvocato Stephan Roh che l' intelligence italiana gli avrebbe consigliato di sparire. Mifsud è strettamente legato alla Link Campus University, creatura dell' ex ministro Vincenzo Scotti, laboratorio della classe dirigente M5S ma frequentata da esponenti di tutti i partiti e dai vertici dei nostri segreti.
Lo stesso Roh, legale con attività russe, è azionista dell' ateneo. Ovvio che gli emissari di Trump cerchino di fare luce sull' intreccio romano. Nell' estate 2019 Barr parla con Conte. E il premier autorizza il direttore del Dis Gennaro Vecchione, il suo uomo più fidato negli apparati di sicurezza, a incontrare Durham e Barr. Dopo il primo colloquio, dalla Casa Bianca trapela soddisfazione. Ne segue un secondo summit, a cui partecipano anche i direttori di Aise e Aisi, che negano qualsiasi relazione con Mifsud.
Cosa sia stato detto o fornito agli Usa resta top secret. Il Copasir, il Comitato parlamentare che controlla i servizi segreti, si è occupato della vicenda, ritenendo anomala la collaborazione. Per Conte invece si è trattato di "normali scambi informativi con gli alleati".
Da noi è stato tutto dimenticato.
Alla Casa Bianca no. Anche pochi giorni prima delle ultime elezioni, il presidente cerca di ottenere il via libera a diffondere i documenti della contro-inchiesta: istanza respinta nel timore che la divulgazione "danneggi i rapporti con gli alleati". E pure dopo la vittoria di Joe Biden, Trump insiste per divulgare la sua verità sul Russiagate. Con Papadopoulos che su twitter annuncia imminenti rivelazioni. Ora è arrivata la grazia. Che potrebbe essere solo la prima mossa di una partita finale, senza esclusione di colpi.
simona mangiante george papadopoulos George Papadopoulos e Simona Mangiante