Marco Palombi per il “Fatto quotidiano”
luigi di maio in imbarazzo davanti ad alessandro marescotti a taranto 2
In attesa del testo del "decreto Imprese", approvato martedì sera in Consiglio dei ministri, ci si deve accontentare del pudico accenno del comunicato di Palazzo Chigi: il governo, tra le altre, ha varato anche "disposizioni in materia di Ilva". Dietro queste cinque parole c'è il ritorno dell' immunità penale per i nuovi proprietari dell' acciaieria di Taranto, la multinazionale ArcelorMittal, che sarebbe rimasta senza "scudo" dal 6 settembre e minacciava di fermare la produzione.
Insomma Arcelor, che ha forti sponde leghiste nell' esecutivo, ha vinto sull' immunità e ha pensato bene di assestare anche un altro schiaffone ai 5 Stelle di governo: ha presentato ricorso contro il decreto del ministro dell' Ambiente Costa che ha avviato il riesame della Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alla luce di nuovi dati sul rischio sanitario.
Partiamo dalla cosiddetta "esimente penale".
Luigi Di Maio aveva cantato vittoria a maggio quando il decreto Crescita eliminò lo scudo penale "totale" fino al completamento del Piano ambientale (2023) concesso da Matteo Renzi a gestori e proprietari dell' Ilva: l' esimente, prevedeva il testo, sarebbe stata abrogata a partire dal 6 settembre per Arcelor e restava in vigore per i commissari governativi alle bonifiche e solo per l' attuazione dell' Aia.
Non sono passati neanche tre mesi e, viste anche le minacce di chiusura e causa miliardaria della multinazionale, lo stesso Di Maio è stato costretto alla marcia indietro: torna lo scudo, ma sarà meno vasto del precedente. È "l' immunità a scadenza" di cui Il Fatto ha già parlato tempo fa: in sostanza Arcelor avrà la stessa immunità dei commissari, cioè circoscritta all' attuazione delle prescrizioni dell' Aia e del relativo cronoprogramma. Se, per fare un esempio, il Piano ambientale prevede che i parchi minerari siano sistemati entro il 2020, lo scudo sarà valido solo fino a quella data e solo per le operazioni previste dall' Aia.
Di Maio, che in 90 giorni ha dovuto rimangiarsi un decreto, la mette così: "Abbiamo individuato una norma di equilibrio che rivede la precedente forma di immunità generalizzata in un sistema di tutele a scadenza vincolate al rispetto del piano ambientale". Niente più scudo, dice il vicepremier, su sicurezza del lavoro e salute. In realtà, essendo ambiti strettamente connessi, è difficile che lo scudo penale non influenzi anche eventuali procedimenti contro l' azienda per questi reati.
ArcelorMittal, come detto, ha vinto e ora vuole stravincere: alla multinazionale non basta l' immunità né la cassa integrazione di oltre mille operai non prevista dal piano industriale (il mercato è in ribasso, dicono), ma adesso punta a bloccare pure Sergio Costa. Qual è il problema? Il ministro dell' Ambiente, dopo aver ricevuto un esposto del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci (Pd), con un decreto ministeriale del 27 maggio ha avviato il riesame dell' Autorizzazione integrata ambientale.
È contro questo decreto che la società proprietaria dell' Ilva di Taranto ha fatto ricorso al Tar: "È lo schiaffo più grande - s' è indignato il sindaco Melucci - Evidentemente qualcuno ha pensato che a Ferragosto fosse possibile l' ennesimo saccheggio e l' ulteriore presa in giro della città".
Al ministero dell' Ambiente, invece, non sono sorpresi più di tanto. D' altra parte, per l' azienda, è una "grana" non da poco. Il Comune a fine maggio ha chiesto infatti al ministero di imporre alla fabbrica "condizioni di esercizio più severe per acclarati motivi sanitari": i dati a fine 2018 dimostrano infatti che a Taranto - pur con l'acciaieria quasi ferma - si continua a morire e ammalarsi di più che nel resto d' Italia.
Se i tecnici di governo confermeranno la pericolosità sanitaria dell' Ilva, Costa potrebbe chiedere ad ArcelorMittal di accelerare il Piano Ambientale e, soprattutto, porre nuovi tetti alla produzione rispetto ai 6 milioni di tonnellate annue attuali (ma l' impegno è portarle ad otto col tempo).
Acquisita la pericolosità dell' acciaieria per i tarantini, ora si può spiegare quella di Costa per la multinazionale. Lo stabilimento di Taranto, che perde un milione al giorno, tornerà redditizio solo ricominciando a produrre almeno 8 milioni di tonnellate l' anno (oggi è sotto le 5): con tetti più stringenti alla produzione tenere aperta l' acciaieria di Taranto semplicemente non converrebbe più. Un' opzione, quella della chiusura, che ad Arcelor dispiace fino a un certo punto: in Europa ci sono 30 milioni di tonnellate di sovracapacità produttiva e i clienti dell' Ilva se li è già presi.