Ugo Magri per “La Stampa”
A Sergio Mattarella le forzature non piacciono. Dettare la linea, imporre soluzioni, mettere questo o quello con le spalle al muro è quanto di più lontano ci sia dal suo modo di arbitrare. Ecco perché ha resistito alle pressioni di quanti, anzitutto nel Pd, ma anche tra i Cinque Stelle, gli chiedevano di dare direttamente l'incarico a Giuseppe Conte senza bisogno dell'«esploratore» Roberto Fico.
L'argomento di chi tirava la giacca al presidente era: i grillini non mettono più veti a Italia Viva e finalmente l'hanno detto chiaro; perché dunque sprecare altri 4 giorni in ulteriori approfondimenti con l'Italia in queste condizioni? La risposta del Colle è che questi giorni non sono affatto tempo perso, anzi guadagnato. E l'esploratore serve eccome perché i veti reciproci sono caduti, questo è già un indubbio risultato, però adesso c'è da percorrere l'ultimo miglio, come sempre il più difficile, con frotte di serpenti annidati sotto le foglie.
conte e casalino - Grande Fratello Chigi
C'è da definire un programma di governo, bisogna ancora capire quale struttura avrà il Conte-ter, chi lascerà la poltrona di ministro e chi invece riuscirà a occuparla; soprattutto c'è da superare un muro di incomunicabilità anche umana tra Matteo Renzi e l'Avvocato del popolo. A Palazzo Chigi mordono il freno, tradiscono impazienza, non vedono l'ora di tornare in pista; eppure dovrebbero ringraziare Mattarella che, mettendo in campo il presidente della Camera nella veste di paciere, ha evitato a Conte di bruciarsi prematuramente oppure, se l'immagine non piace, di andare a sbattere dopo la prima curva.
SERGIO MATTARELLA ROBERTO FICO
Si è sparsa voce che di qui a martedì mattina, quando tornerà sul Colle per riferire, Fico potrebbe cambiare berretto e, al posto del casco color kaki da esploratore, mettersi quello di presidente incaricato. Le malelingue insinuano che Renzi sarebbe pronto a sostenerlo come premier per il gusto di giocare l'ultimo scherzetto a Conte. Per quanto suggestiva, la diceria viene categoricamente smentita al Quirinale.
SERGIO MATTARELLA MEJO DI BERNIE SANDERS
Anzitutto perché Fico non intende minimamente prestarsi a operazioni del genere. E poi perché, nel caso in cui si venisse a confermare l'esistenza di una maggioranza coesa, solida nei numeri, coerente nei programmi, non esiste alcun dubbio su chi Mattarella incaricherebbe per guidarla: Conte e non altri. Dei cinque potenziali alleati sentiti al Quirinale, quattro (M5S, Pd, Leu ed Europeisti) hanno indicato esclusivamente quel nome.
Si tratta adesso di superare le riserve del quinto partito, Italia Viva, senza strattonarlo perché sarebbe controproducente, ma attraverso un confronto civile di programmi e di idee. L'ideale sarebbe (ma al Quirinale nessuno lo ammetterà mai) che Fico riuscisse nell'impresa di far sedere intorno a uno stesso tavolo i vari protagonisti, in modo da ricominciare stavolta con il piede giusto.
Altrimenti fra un mese ci ritroveremmo punto e daccapo. Mattarella ha scelto Fico proprio perché gli riconosce un profilo idoneo: ha un tratto di cordialità partenopea unita alle buone maniere, conosce perfettamente il terreno di gioco come si richiede a uno «scout» ed esercita un certo ascendente tra i Cinque stelle, dove divampa la rivolta contro l'ennesimo dietrofront su Renzi.
Il capo dello Stato non ha ritenuto opportuno puntare invece su Elisabetta Casellati, come gli ha chiesto insistentemente l'opposizione di centrodestra che si è presentata al Quirinale in formato unico. Non occorre essere Einstein per capirne il motivo: vista la sua origine berlusconiana, la presidente del Senato sarebbe stata inevitabilmente accusata di sabotare le possibilità d'intesa tra Conte e Renzi. Insomma, con tutto il rispetto per la seconda carica della Repubblica, Casellati non sarebbe stata la persona giusta al posto giusto.