Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per il "Corriere della Sera"
IL POLLICE VERSO DI ROBERTO FORMIGONINon un «mediatore», ma un «uomo-portafoglio». Più va avanti l'inchiesta e più si rivela sfocata la sbrigativa definizione di «consulente» appiccicata all'amico del presidente lombardo Roberto Formigoni per rendere conto di come, benché egli stesso si dichiari «non un esperto di sanità» e «non un tecnico», negli anni abbia potuto ricevere dalla Fondazione Maugeri 70 milioni di euro per trattare nella Regione Lombardia di Formigoni questioni tecnico-amministrative per le quali questo colosso della sanità privata, al pari di altri analoghi istituti, disponeva di squadroni di avvocati e legioni di lobbisti veri.
ROBERTO FORMIGONIUNA VITA IN CONTANTI
L'idea di un Daccò-portafoglio si era affacciata già all'inizio, visto che 70 milioni (l'equivalente dell'intera maxitangente Enimont per tutto il pentapartito negli anni di Mani pulite) sono una cifra spropositata, incompatibile solo con una tangente, e superiore persino alle parcelle che neppure i più quotati avvocati d'affari strappano alle multinazionali per business da capogiro.
Ora l'impressione di un Daccò non tanto terminale di una singola tangente, quanto «borsellino della spesa» per persone o per movimenti che vogliano distanziare da sé la pattuizione e il godimento di accordi corruttivi e di illecite fonti di finanziamento, si rafforza adesso che l'esame delle sue movimentazioni finanziarie rivela che Daccò negli anni Duemila ha maneggiato in contanti qualcosa come 10 milioni di euro, che dunque per definizione non si può sapere a chi siano andati e per le esigenze di chi siano stati spesi.
FORMIGONI SULLO YACHT DI PIERO DACCODALLA MAUGERI ALLO YACHT
Certo, il denaro è di per sé fungibile. Ma in altri casi, quando non è in contanti, qualche filo è possibile riannodarlo. Così appare significativa la traiettoria che talvolta porta i soldi della Maugeri (periodicamente stanziati dalla Fondazione per retribuire il proprio consulente Daccò) in conti-rubrica all'estero che poi però risultano aver alimentato esclusivamente le società che possedevano gli yacht usati da Daccò per le proprie pubbliche relazioni, e costatigli soltanto per la gestione ordinaria circa 4 milioni di euro.
Questo avrebbe un significato se trovassero riscontro i ricordi dei marinai che attribuiscono a Formigoni e al suo coinquilino Alberto Perego (nella comunità laicale dei Memores Domini legati al voto di povertà) almeno l'80% dell'utilizzo di uno di questi yacht dell'amico Daccò: sarebbe infatti come dire che la «barca di fatto» di Formigoni gli sia stata pagata (tramite il «portafoglio-Daccò») proprio dai soldi di quella Fondazione Maugeri che intanto nell'assessorato regionale alla Sanità accedeva ai pagamenti delle discrezionali «prestazioni aggiuntive» ai normali rimborsi delle prestazioni erogate ai pazienti.
LOGO FONDAZIONE MAUGERITRA CRESTE E MAZZETTE
Non può tuttavia escludersi che la matrioska di un «Daccò-portafoglio» (di Formigoni? Di partiti? Di quei settori di Cl sempre meno tollerati dalle maggioritarie componenti del movimento religioso più attente alla genuinità delle ragioni fondative?) possa contenere anche altre due varianti.
La prima è che Daccò abbia funzionato anche come «borsellino» di manager infedeli della stessa Maugeri, che si sarebbero visti retrocedere in nero e all'estero da Daccò parte delle ingentissime somme lucrose che facevano pagare a Daccò dalla Fondazione a titolo di consulenze.
IL PIRELLONELa seconda è che Daccò sia stato anche il «portafoglio» di se stesso, perché nel 1992 l'esperienza di Mani pulite ha tante volte insegnato che nel mercato illegale della corruzione non è affatto raro che gli intermediari, sicuri di non essere certo denunciati ai magistrati, facciano la cresta sulle tangenti e trattengano per sé consistenti somme di quelle affidategli. Fino al caso estremo di vere e proprie truffe sotto il velo di millanterie: un po' il caso che l'entourage formigoniano ad esempio accredita riguardo al mezzo milione abbondante di euro che la Fondazione Maugeri accettò di dare nel 2010 a Daccò nel presupposto che fosse richiesto per la campagna elettorale pdl in vista della quarta vittoria di Formigoni alle elezioni regionali.
ROBERTO FORMIGONILA DIFESA DI FORMIGONI
Intanto il presidente indagato per corruzione e illecito finanziamento elettorale insiste: «Ribadisco per il secondo giorno che non ho ricevuto alcun avviso di garanzia» (cosa peraltro mai scritta). E attaccando giornali e singoli cronisti ritiene di aggiungere: «Li esorto a prendere atto che non sono la bocca della verità e che non possono essere creduti solo perché lo dicono loro».