Estratto dell’articolo di Valentina Conte per “la Repubblica”
Si vive di più, nascono sempre meno bambini e bisogna «contenere la spesa pubblica». Ecco perché l’esecutivo di destra ha deciso di fare la riforma delle pensioni. Riaprire cioè la legge Fornero non per abolirla, come prometteva la Lega di lotta e governo. Ma per modificare i «criteri di accesso al pensionamento ». Nel breve termine si punta solo sulla volontarietà per trattenere al lavoro «le risorse ad alto know-how» della pubblica amministrazione. E quelle del privato «con incentivi alla permanenza». Ma nel medio periodo la musica cambia.
Lo scrive il governo stesso nel Psb, il Piano strutturale di bilancio inviato alle Camere venerdì notte. Il prossimo anno sarà di passaggio, con la conferma del pacchetto “flessibile” in vigore e già fortemente penalizzato con tetti, finestre e ricalcoli: Quota 103, Ape sociale, Opzione donna. Di Quota 41 non si parla più. Neanche di alzare le pensioni minime. L’obbligo di versare il 25% del Tfr ai fondi complementari (idea leghista) pare declassato a «promozione su base volontaria» dell’adesione ai fondi.
L’indicizzazione all’inflazione delle pensioni tornerà favorevole da gennaio, con i tre scaglioni Prodi-Draghi al 100-90-75%: «Non ci saranno altri tagli», ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ai sindacati. Aggiungendo però che il Parlamento è sovrano. In buona sostanza: se vogliono le minime, potranno tagliare loro. Il gioco delle tre carte.
Nel frattempo, per capire cosa ha in testa questo governo sulle pensioni, vale la pena leggere il Psb. […] altro che pensioni anticipate, bisogna lavorare di più visto che la vita si allunga e l’offerta di lavoro si riduce (la popolazione in età attiva tra 15 e 64 anni, si legge nel Piano, si è ridotta di 1,8 milioni di unità tra 2013 e 2023). E dunque, in attesa della riscossa nelle culle, bisognerà ripiegare su sanità e previdenza integrative.
La bozza del Psb lo esplicitava ancora meglio: «Si provvederà a introdurre modifiche per la spesa pensionistica con l’adeguamento dei requisiti anagrafici di accesso al pensionamento». Diventato poi un meno forte «il governo si impegna» a modificare i «criteri di accesso», che coinvolgono però anche il numero di contributi versati, oltre che l’età.
FINESTRE PENSIONI - VIGNETTA BY ROLLI - IL GIORNALONE - LA STAMPA
Nel testo finito in Parlamento scompare l’obiettivo del «contenimento della spesa pubblica», mascherato dal più neutro «sostenibilità». Sparisce anche l’intento di operare per «le lavoratrici madri», salvate dall’aumento dei requisiti in quanto donne con figli. Finisce nel cestino pure l’intenzione di rivedere «il meccanismo di perequazione per i titolari di trattamenti pensionistici all’estero», probabile taglio dell’indicizzazione all’inflazione. Tentazione per ora accantonata.
[…] il Rapporto annuale dell’Inps, presentato qualche giorno fa, sottolinei la bassa età media reale di uscita dal lavoro (64,2 anni) rispetto all’età legale (67 anni). […] quella media è dovuta pure alle tante Quote leghiste. E che prima della riforma Fornero si viaggiava sotto i 60 anni. Alzare l’età, questo il nuovo pallino del governo. Fa bene ai conti. E anche alle statistiche dell’occupazione che si gonfiano con i lavoratori over 50. Anche questo scritto nero su bianco nel Psb.
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