Giovanna Vitale per “la Repubblica”
Altro che ago della bilancia. È durata lo spazio di un mattino l' illusione, a lungo coltivata dalla Lega, di risultare decisiva per l' elezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Ue.
Nella convinzione che il tormentato iter per individuare la candidata alla presidenza avrebbe aumentato il potere contrattuale dei sovranisti italiani, il neo-ministro agli Affari europei, Lorenzo Fontana, era volato a Strasburgo per intensificare il pressing sulla delfina di Angela Merkel e proporre uno scambio: i 28 voti del Carroccio per una poltrona pesante nel governo di Bruxelles.
Ma dopo aver annullato l' incontro in agenda, quando ha capito di avere comunque la maggioranza, la tedesca ha interrotto ogni contatto con la delegazione padana. Certificando una volta di più l' esistenza di un cordone sanitario intorno a Salvini e alla Lega.
È solo in quel momento, a poche ore dalla votazione, che i leghisti virano sul no che finisce per spaccare la maggioranza gialloverde e irritare il premier Conte. Il quale negli ultimi due giorni si era molto speso, interloquendo anche con von der Leyn, affinché venisse riconosciuta all' Italia una posizione di rilievo con l' attribuzione della delega alla Concorrenza. Un lavoro faticoso e paziente che il principale partito italiano - con la sua decisione - rischia adesso di mettere in discussione:
«Ognuno è libero di declinare il concetto di "interesse nazionale" secondo la sua peculiare visione», spiegano a Palazzo Chigi, «ma ovviamente dovrà assumersi la responsabilità delle conseguenze». L' ennesima crepa, che la ribalta internazionale rende ancora più evidente.
Il M5S, confluito nel gruppo misto, si è infatti espresso a favore: «Nel suo discorso von der Leyen ha confermato che il salario minimo europeo, una nostra battaglia, sarà presto realtà», avevano anticipato in mattinata gli eurodeputati grillini.
Sì anche da Pd (S&D) e Forza Italia (Ppe), mentre FdI aveva notificato il suo no, rimarcando «lo scambio di amorosi sensi tra il Pd e il M5S: sarà l' antipasto, in salsa europea, di futuri scenari di governo nazionali?» la provocazione di Giorgia Meloni.
Fatto sta che lunedì il capogruppo di Identità e Democrazia, il lumbàrd Marco Zanni si era detto possibilista: «In linea di massima siamo aperti all' appoggio». Determinati a strappare una delega di peso per Giancarlo Giorgetti, nonostante il sottosegretario di Palazzo Chigi abbia poca voglia di traslocare a Bruxelles.
«La Lega ha chiesto un portafoglio economico: Concorrenza, Commercio o un' Industria un po' riempita di 'ciccia', di possibilità di spesa», spiegava nel pomeriggio Zanni, «dipenderà poi dalla presidente e dalla squadra». Ma quando l' istanza è arrivata alle orecchie dell' ex ministra della Difesa tedesca, lei non ha dato nessuna assicurazione. Da qui la retromarcia.
Il sigillo sulla disfatta arriva alle otto di sera: il Carroccio vota no, von der Leyen è la prima donna alla guida della Commissione europea. Salvini è una furia. «È passata grazie all' asse Merkel, Macron, Renzi e 5S, una cosa gravissima» sancisce una nota del partito. Ma Di Maio esulta e i suoi eurodeputati rivendicano: «Determinanti i nostri voti». Sono stati loro l' ago della bilancia: alleati in Italia, avversari a Strasburgo.
LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI matteo salvini luigi di maio URSULA VON DER LEYEN