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Le contraddizioni interne alla Lega sono esplose. L'immagine di partito sovietico e monolitico è svanita quando sono entrate in collisione le due anime del Carroccio: quella oltranzista (no green pass, nì vax, no a Draghi) che fa capo a Salvini-Borghi-Bagnai e quella governista di Giorgetti-Zaia-Fedriga. Come si uscirà dall'impasse? Qualcuno evoca la scissione o il disarcionamento di Matteo Salvini ma sono suggestioni di fine estate.
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Dalla leadership del "Capitone", per ora, non si schioda. Giorgetti l'ha fatto intendere chiaramente ai governatori leghisti: non esiste un'alternativa. Non c'è ancora un frontman carismatico, spendibile oltre i confini padani, per proporre un'alternativa a Salvini. Dunque, tutti sottocoperta: il genero di Denis Verdini resta in sella fino alle elezioni. Poi si vedrà…
LA LEGA VERSO LA RESA DEI CONTI, LA SPACCATURA È NETTA TRA SALVINIANI DOC E LA 'BANDA GIORGETTI'
Valeria Forgnone per www.repubblica.it
La butta sulla fede calcistica, Matteo Salvini. "Ci divide il tifo: io sono milanista e Giancarlo Giorgetti è juventino. La politica assolutamente no". Eppure gli ultimi avvenimenti sembrano raccontare un'altra storia all'interno del Carroccio. Una Lega ancora più di lotta e di governo. La spaccatura sembra sempre più netta: da una parte i Salviniani doc, come Marco Zanni, Alberto Bagnai, Claudio Borghi, la ormai ex Francesca Donato; dall'altra i pro-Giorgetti con schierati in prima linea i presidenti delle Regioni del Nord, Zaia, Fedriga e Fontana.
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Tutta colpa del Green Pass obbligatorio, si potrebbe dire. Ma i primi malumori sono cominciati già prima, dalla formazione a febbraio del nuovo governo guidato da Mario Draghi. La Lega sceglie di sostenerlo tra lo stupore di tutti, alleati del centrodestra e avversari del centrosinistra. Poi le prime tensioni, spesso legate alle decisioni prese dall'esecutivo soprattutto sulle riaperture e sui vaccini.
Ed è qui che il ministro leghista dello Sviluppo economico, Giorgetti, nonché numero due del partito di via Bellerio, inizia a prendere posizione e distanza sempre più spesso dal segretario, schierato a favore della totale ripresa delle attività commerciali, dalla parte di ristoratori e gestori di palestre. Questo mentre Draghi e il governo riflettono sui prossimi passi da fare per far ripartire l'economia con "aperture ragionate" e rischi minimi per la salute degli italiani.
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Ma è sui vaccini che la Lega comincia a vacillare. Salvini solleva dubbi giocando per mesi sul filo dell'ambiguità sul tema vaccinazioni, contro gli obblighi, le sanzioni e discriminazioni, mettendo in discussione la strada tracciata da Mario Draghi. Quindi: no ai vaccini ai giovani sconsigliando le dosi sotto i 40 anni ("Mettiamo in sicurezza dai 60 in su, da 40 a 59 scelgano, per i giovani non serve", aveva detto in un'intervista a Repubblica a luglio scorso, aggiungendo in un altro episodio: "Mi rifiuto di vedere qualcuno che insegue mio figlio che ha 18 anni con un tampone o con una siringa. Prudenti sì, terrorizzati no"), no all'obbligo del Green Pass nelle scuole, e poi nei ristoranti e a tutti i lavoratori. Era dovuto intervenire il premier Draghi per riportare ordine ma soprattutto per fare chiarezza: "L'appello a non vaccinarsi è un invito a morire". Una frase secca pronunciata in conferenza stampa rispondendo a una domanda di Repubblica sugli appelli no-vax di alcuni politici della maggioranza (vedi Salvini).
Nonostante l'intervento di Draghi, le due Leghe hanno continuato a restare distanti. Parlamentari leghisti sono scesi in piazza con i No Green Pass per protestare contro le decisioni del governo, di cui fanno parte. Dove in Cdm siedono ministri leghisti come Giorgetti. Ed eccola la 'banda' anti-Giorgetti: oltre a Claudio Borghi e Bagnai, c'è Simone Pillon (grande oppositore anche del ddl Zan), Alessandro Pagano, Guido Martini, l'eurodeputato della Lega, Antonio Maria Rinaldi. Tutti ad animare le proteste (spesse rivelatesi un flop in tutta Italia) contro l'obbligatorietà del certificato verde specificando che "nessuno di noi è no vax, siamo 'pro libera scelta'. Se sei sano puoi fare quello che vuoi", il commento di Borghi da piazza del Popolo a Roma con Armando Siri che aveva definito, invece, "false le parole di Draghi sul vaccino".
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Non è stata una estate semplice per Salvini. Oltre al dibattito accesso sui vaccini, in pieno agosto scoppia il caso Durigon e la sua richiesta a un comizio di trasformare il parco Falcone-Borsellino di Latina in "parco Mussolini", dedicato al fratello del Duce. Arrivano le dimissioni del sottosegretario all'Economia, che ha imbarazzato la Lega e tutto il centrodestra.
Ma è sull'ultima estensione dell'obbligo del Green Pass che la Lega si è spaccata. Il ministro dello Sviluppo economico aveva preceduto la posizione di Draghi e dell'esecutivo annunciando qualche giorno prima del Consiglio dei ministri che il Green Pass sarebbe diventato obbligatorio in tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati, dal 15 ottobre. Al suo fianco i governatori di Fruili, Veneto e Lombardia. Fedriga ha anche sempre preso le distanze dalle manifestazioni dei No Vax, "Quella non è la mia piazza", ha detto a Repubblica due mesi fa.
GIORGIA MELONI LUCA ZAIA MATTEO SALVINI
Con i suoi colleghi governatori non favorevoli alle barricate insieme a Salvini sui vaccini. "Sarebbe meglio convincere le persone ma non sono contrario all'obbligo - ragiona Attilio Fontana - la storia ci dice che le grandi malattie sociali sono state abbattute grazie alle vaccinazioni, da quando abbiamo vaccinato sono crollati i decessi e i ricoveri, quindi faccio fatica a capire la logica di chi si oppone".
Oppure Luca Zaia, che ha parlato chiaro evitando la polemica politica: "Grazie all'80 per cento dei veneti che si è vaccinato si è potuto ripartire e riaprire un Paese. Siamo di fronte ad una pandemia senza precedenti e siamo a favore dei vaccini".
matteo salvini e attilio fontana
Salvini sostiene che il suo partito non è diviso "ai giornali piacerebbe ma non è così". E ancora: "Io sorrido perché ho messo giù il telefono con il ministro Giorgetti venendo qua - ha detto ieri a margine di una iniziativa elettorale a Sesto Fiorentino - Comunque condividiamo tutto. Ieri ero con Zaia, oggi con Fedriga".
Intanto, però, continua a perdere pezzi. L'ultimo addio, quello della Lady No Vax, l'europarlamentare Francesca Donato perché "non mi trovo più a mio agio, qui ormai comanda Giorgetti". Liquidata con un breve saluto dal segretario: "Ringrazio e dico tanti auguri a chi va via". Gli ultimi Consigli dei ministri e le votazioni in Aula sul passaporto sanitario non hanno fatto altro che accentuare queste distanze e spaccature fra le due anime del partito.
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Tanto che lo spettro di una scissione interna non sembra così lontano, come testimoniano anche le chat di Whatsapp dei leghisti di cui Repubblica in esclusiva ne è venuta in possesso. Dice invece di non voler lasciare il partito, la senatrice Roberta Ferrero, finita al centro delle polemiche per il convegno organizzato in Senato sulle cure domiciliari contro il virus a base di liquirizia e antiparassitario.
"Donato ha lasciato la Lega, io non mi permetto di sindacare sulle scelte altrui", dice ma riconosce che c'è un dibattito interno, come è normale che sia e "come avviene negli altri partiti". Lei però resta al suo posto, "ho sempre votato Lega da quando avevo 18 anni. E poi dico una cosa: il nostro segretario è Salvini. Punto".
Ma sembra essere proprio il concetto di libertà ad essere interpretato in maniera diversa dalle due ali della Lega. Salvini, da una parte, contrario al Green Pass e poi costretto a fare retromarcia. Dall'altra, Giorgetti che ha elogiato la certificazione verde: "L'estensione aumenta la libertà" sottolineando che "quando siamo entrati nel governo sapevamo di assumerci un peso, una responsabilità, in una situazione complicata, difficile. Stare al governo significa assumersi responsabilità, prendere decisioni: magari c'è qualcuno che non è contento, ma fa parte delle regole del gioco". A buon intenditor poche parole.