1.RESTITUITI SOLO 4 MILIARDI SU 19
Alberto d’Argenio per “la Repubblica”
Nel giorno in cui la sentenza della Consulta sulle pensioni viene pubblicata in Gazzetta Ufficiale, il governo ha trovato il modo per disinnescare la mina che farebbe saltare il bilancio dello Stato. Al momento il piano elaborato da Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan rimane custodito nelle stanze del Tesoro e Palazzo Chigi, ma qualcuno ne è a conoscenza anche a Bruxelles e informalmente lo avrebbe già promosso. Perché il piano diventi operativo, e pubblico, sarà però necessario pazientare ancora qualche settimana, fino ai primi di giugno.
Il dato di partenza fa tremare i polsi. L’altro ieri sulle scrivanie di Via XX Settembre sono arrivati i calcoli definitivi della Ragioneria generale sul costo della sentenza che ha bocciato lo stop all’indicizzazione delle pensioni superiori ai 1.490 euro dal 2012: 19 miliardi lordi. Una botta che farebbe crollare l’impianto di finanza pubblica in un solo colpo visto che la posta non può essere spalmata sugli anni scorsi, almeno per i rimborsi dal 2012 come inizialmente sperava il governo, ma impatterebbe tutta sui conti 2015. Con 19 miliardi di aggravio quest’anno il deficit schizzerebbe al 3,9% del Pil. Un dato che porterebbe l’Italia dritta al commissariamento europeo tramite procedura per deficit eccessivo e capace di mandare in tilt i mercati.
matteo renzi pier carlo padoan
Per questo il governo ha ormai deciso che non pagherà il 100% del dovuto. E lo farà con decreto. Ma non subito. Bruxelles inizialmente pretendeva che Roma trovasse una soluzione prima di mercoledì prossimo, giorno nel quale la Ue pubblicherà le raccomandazioni sull’Italia. Nei negoziati informali condotti dal Tesoro nei giorni scorsi è emerso il compromesso: la soluzione l’Italia la presenta subito, tramite canali riservati, ma verrà attuata più avanti. Il perché ha una ragione politica che Bruxelles sembra avere compreso: il governo vuole evitare che la campagna elettorale per le regionali del 31 maggio viri tutta sulle pensioni.
Ecco perché il provvedimento arriverà nella prima settimana di giugno. Al momento si pensa a un Consiglio dei ministri mercoledì tre. Intanto il ministro il governo vuole evitare che la campagna elettorale per le regionali del 31 maggio viri tutta sulle pensioni. Quindi, per rassicurare ulteriormente Bruxelles e mercati, prima di mercoledì, giorno delle raccomandazioni, il governo con una dichiarazione ufficiale (probabilmente contenuta in una lettera alla Commissione) si impegnerà a risolvere la grana pensioni restando sotto il tetto del 3%.
matteo renzi pier carlo padoan
Non a caso nelle sette raccomandazioni sull’Italia di mercoledì prossimo non ci dovrebbero essere bordate sui conti, con la Commissione che oltre a promuovere le riforme dirà che il bilancio regge limitandosi a emettere un warning sulle pensioni e annunciando che monitorerà la situazione. Il minimo sindacale in una situazione del genere. Oltretutto dovrebbe concedere all’Italia una flessibilità per il 2015 di 5 miliardi rispetto agli obiettivi di bilancio iniziali. Una cifra tutt’altro che casuale.
Il governo infatti dei 19 miliardi intende pagarne solo 4. Saranno tutti caricati sul deficit 2015 (ecco il perché della flessibilità accordata da Bruxelles). La parte dei pagamenti relativi al futuro sarà di 2,5 miliardi e farà salire il deficit nominale dal 2,6 al 2,8%. Dunque al disotto del 3%. La parte dei rimborsi per il passato sarà di 1,5 miliardi ed essendo considerata una tantum si scaricherà sul deficit strutturale, che salirebbe dallo 0,5 allo 0,6%. Una deviazione dagli obiettivi di bilancio tutto sommato lieve che Bruxelles sarebbe pronta a tollerare.
Come il governo intenda saldare solo 4 miliardi è presto detto: ieri la Consulta ha precisato che la sentenza è esecutiva, ma che l’esecutivo può intervenire per legge. E la stessa sentenza della Corte si richiama alla progressività, suggerendo la via all’esecutivo. A titolo esemplificativo cita una misura della finanziaria 2014 del governo Letta: sarebbe corretto pagare «il 95% (del dovuto, ndr) per i trattamenti superiori a tre volte quello minimo, il 75% oltre le quattro volte, il 50% per quelli oltre cinque volte e pari o inferiori a sei volte il minimo». Il governo intende questo passaggio un suggerimento sul metodo, la progressività, e un esempio sulle quote, che non ritiene vincolanti. Per questo l’idea che prevale al momento è prendere le percentuali citate dalla Corte e dimezzarle, o giù di lì. E così si arriverebbe a contenere la spesa a 4 miliardi.
Significa che chi prende una pensione sotto ai 1.500 euro continuerà a prendere l’indicizzazione piena, dai 1.500 ai 2.000 prenderebbe intorno al 50%, dai 2.000 ai 2.500 poco più del 35%, dai 2.500 ai 3.000 intorno al 25%. Dal tetto dei tremila euro invece l’indicizzazione non verrà né rimborsata per il passato né concessa in futuro. Il governo è convinto che la soluzione possa reggere, ma nessuno può escludere nuovi ricorsi alla Corte. Ma da questo punto di vista confortano il testo della sentenza e la spaccatura registrata in seno alla Consulta lo scorso 30 aprile, con il testo che è passato con un solo voto di scarto. La convinzione è che in un eventuale futuro giudizio le proporzioni, quanto meno, si invertiranno.
2. ALTA PENSIONE
Massimo Gramellini per “la Stampa”
Trovo ingiusto additare come privilegiati coloro che percepiscono una pensione da tremila euro lordi al mese. Ingiusto e emblematico del clima di invidia sociale che si respira in giro. Pensionati d’oro, li hanno chiamati. Ora, è comprensibile che tremila euro (lordi) sembrino molti a chi percepisce certi stipendi di latta, oggi assai in voga tra chi ha meno di quarant’anni e deve già ringraziare di stringere tra le mani un lavoro. Ma proviamo a metterci nei panni di un settantenne ex lavoratore dipendente (il bersaglio perfetto delle spremiture fiscali), che per tutta la vita ha accantonato una parte della retribuzione con l’idea di poterne godere negli anni del meritato riposo. Un lavoratore onesto, magari con dei figli ancora a carico, ai quali di solito la pensione del genitore finisce per essere girata quasi per intero. Perché dovrebbe essere considerato un parassita? Perché dovrebbe sentirsi in colpa e vergognarsi di pretendere ciò che gli spetta? Ha stipulato un patto con lo Stato. E ora che lo Stato lo vanifica, minacciando di restituirgli meno del dovuto, gli si toglie persino il diritto di lamentarsi, in nome di un generico appello alla solidarietà verso i più poveri che viene disatteso ogni giorno dai privilegiati veri.
MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN
Se il «pensionato d’oro» da tremila lordi al mese ha un privilegio (di cui però non ha alcuna colpa) è di appartenere all’ultima generazione che può ancora esigere un trattamento onorevole, perché finanziato dagli stipendi dei cinquantenni. Ma questo è un discorso troppo triste e lo faremo un’altra volta.
3. SE NOI FACESSIMO COME IL GOVERNO SAREMMO IN GALERA
Mario Giordano per “Libero Quotidiano”
Vi devo dei soldi? Davvero? Va beh, Ve li do tra un po’. Magari a rate. Solo una parte. Solo ad alcuni. Comunque dopo le elezioni perché adesso non posso. Magari anche dopo il 21 giugno perché l’equinozio va rispettato. Poi si potrà mica pagare a luglio, con il bene chi ti voglio? Agosto, amore mio non ti conosco. Poi, comunque, li restituisco un po’ sì e un po’ no. A macchia di leopardo. Come mi va.
Però non vi restituisco veri soldi. No: magari i Bot. O Cct. O Ctz. O fogli di carta assorbente. Carta igienica. Scottex. Magari vi pago con i tappi di bottiglia. O con la collezione storica di figurine Panini. Siete d’accordo? No? E perché? Se qualcuno di noi ragionasse così avrebbe già una bella camicia bianca con le maniche lunghe lunghe e un posto all’ospedale psichiatrico. Invece a ragionare così è lo Stato. Da quando è arrivata la sentenza della Corte Costituzionale che obbliga le casse pubbliche a restituire i quattrini rubati (sottolineo: rubati) ai pensionati in base alla folle legge Fornero, è tutto un arrampicarsi sugli specchi per trovare il modo di non adempiere il pagamento previsto. Ma al governo non ci sono quelli che dicevano che le sentenze non si discutono? Qui non solo le discutono. Ma le modificano pure, le strattonano, le irridono. In una parola: le calpestano.
E pensare che dev’essere il medesimo Stato che, se uno tarda un giorno nel pagamento di una tassa, fa partire gli effetti della mora. Dev’essere il medesimo Stato inflessibile di Equitalia, quello che non tollera dilazioni, non accetta rinvii, massacra senza pietà chi non rispetta le scadenze. Che chiude i bar per un debito di 95 centesimi (novantacinque).
Com’è possibile che quando questo Stato smette la casacca dell’esattore e veste quella del debitore, diventa invece così accomodante con se stesso? È intollerabile. Anche perché quello che deve restituire, si ribadisce, non sono i denari faticosamente guadagnati con il frutto del proprio lavoro, come quelli del barista. Ma, al contrario, sono il frutto di uno scippo. Un semplice e banale scippo, seppur gabellato per legge.
L’autrice della legge-scippo ha un nome e un cognome, purtroppo anche un passato da ministro. Si chiama Elsa Fornero, detta Sigh Sigh, la donna in lacrime, quella che taglieggiava i pensionati fingendo di soffrire molto. Ce l’avevano presentata come la grande esperta di previdenza, ha commesso più errori lei in pochi mesi che Paperino in tutta la collezione di Walt Disney. Se si possono chiamare errori: il colpo agli esodati, infatti, è stata una truffa e il blocco delle indicizzazioni sulle pensioni oltre 1.400 euro è stato definito illegale dalla Consulta. E lei, l’ex ministro piangens, come giustifica quest’ultima scivolata? Dice: «Non l’ho decisa io, è stata una scelta del governo». Quando si dice il coraggio delle proprie azioni.
Di coraggio, invece, ne ha molto l’attuale sottosegretario all’Economia, tal Enrico Zanetti, mesto epigono del montismo, e degno erede della professoressa lacrima. Lui va in giro dicendo che è «irrealistico e ingiusto soddisfare ogni pensionato». Ovvio che per «soddisfare ogni pensionato» s’intende restituire il maltolto, cioè ridargli ciò che gli spetta di diritto ed è stato tolto ingiustamente per due anni. Ora, caro sottosegretario, provi a rispondere a questa semplice domanda: se è «irrealistico e ingiusto» restituire ai pensionati i loro soldi, quanto è «irrealistico e ingiusto» versare allo Stato le abnormi tasse che ci impone?
PENSIONATI RITIRANO ALLA POSTA
Perché i casi sono due: o le regole le rispetta anche chi governa o al prossimo diktat dell’erario ci sentiamo autorizzati a rispondere come fate voi. Con una pernacchia. Perché, se proprio dobbiamo dirla tutta, di «irrealistico e indegno» ci sono i privilegi di cui ancora, nonostante tutto, godono i ministri e i sottosegretari, gli aerei blu di Renzi, gli elicotteri, d’indegno c’è che il Cnel ha avuto l’altro giorno i vertici indagati per consulenze d’oro (ma non dovevano averlo abolito?), che le Province continuano a chiederci addizionali (ma non dovevano averle abolite?), che la spesa pubblica nonostante le varie promesse continue a tracimare tra enti inutili che si moltiplicano e poltronifici che aumentano.
Di «irrealistico e indegno» c’è che, pur avendo detto una stupidata come questa, Enrico Zanetti faccia ancora il sottosegretario. Non vorrei infierire su di lui, che per altro è pure di Sciolta Civica, l’ex circolo montiano ormai così deserto che il prossimo congresso di partito pare l’abbiano convocato in un ascensore e se vogliono fare una partita a scopone non ci riescono perché il quarto iscritto non si trova. Ma mi pare evidente che l’economia italiana non potrà mai riprendersi finché sarà in mano a soggetti che vengono da questa esperienza disastrosa che è il governo Monti, per cui i valori del bilancio (e i dettami dell’Europa) vengono prima dei diritti (e della vita) dei cittadini.
Gente che, di fronte all’evidenza di un furto perpetrato ai danni dei pensionati, non chiede scusa, ma si chiede: come posso fotterli ancora? Per carità: si capisce che la sentenza della Consulta apre un buco nei conti pubblici, ma l'errore chi l'ha fatto? I pensionati o la Fornero? E dunque non sarebbe giusto cominciare a fare pagare qualcosa a lei? Magari pignorarle la casa, così per cominciare. Proprio come fa Equitalia con chi sbaglia non una legge ma anche solo una virgola.